Nel lungo testo, scrive «Questo territorio fu sfruttato già nell’antichità, dai Fenici ma anche dai Romani. L’origine dell’attività estrattiva in questo luogo, per come la conosciamo oggi, non fu grazie ai Geologi, bensì a un prete di nome Giovanni Antonio Pischedda, il quale, durante la ricerca di finanziatori, incontrò un capitalista. Il suo nome era Giovanni Antonio Sanna. Questo giovane sardo fondò la “Società per la coltivazione della miniera di Piombo Argentifero” detta di “Montevecchio”, alla quale nel 1848 fu data la concessione di estrazione mineraria, da parte del re Carlo Alberto di Savoia. Vent’anni dopo, nel 1865, la miniera garantiva 1100 lavoratori, e il successo non arrivò per caso. A garantire tutto questo ci fu un enorme quantità di risorse investite che la portarono a essere la miniera più all’avanguardia, grazie all’impiego di modernissimi macchinari.Nel 1877, lo stesso Principe Tommaso investì nel progetto “Miniera Montevecchio”, così da riuscire ad ottenere un’estrazione giornaliera pari a 1200 tonnellate di materiale. L’innovazione continuò incessantemente con la creazione di una centrale elettrica ma soprattutto la nuova tecnica di perforazione “ad acqua” che permetteva una minore produzione di polveri».
Continua il giornalista «Oggi i visitatori possono godere a pieno di quella che fu “Miniera Montevecchio”. Grazie alle diverse parti visitabili si ha uno sguardo a 360° sulla vita in miniera. Dal funzionamento di un pozzo estrattivo, alle gabbie usate per il trasporto sia di materiale sia dei minatori, al trenino, così come il sistema delle pompe e il compressore per il funzionamento di tutto ciò che si trovava nel sottosuolo. Vari macchinari usati per la creazione di pezzi di ricambio, per le manutenzioni e le riparazioni, le fasi del processo di estrazione fino a ottenere il prodotto finito, e per terminare uno scorcio di quella che era la vita dei lavoratori grazie ad una visita nelle case da loro abitate»