«Entro i primi giorni di luglio, permessi ad autorizzazioni permettendo, i colleghi impegnati contro il Covid-19 nelle regioni più colpite si stanno dando appuntamento nelle strade di Milano. E’ arrivato il momento di mostrare alle istituzioni, una per una, le facce degli infermieri che hanno guidato la gente fuori dal guado nei giorni peggiori.
Se qualcuno pensava che con i recenti flash mob fosse finita qui si sbagliava di grosso. Quello che è successo in queste giornate esemplari non lo dimenticheremo mai, ed è solo l’inizio della nostra battaglia». Esordisce così Antonio De Palma, Presidente del Sindacato Nursing Up, nell’annunciare un evento che coinvolgerà tra pochi giorni tutti gli infermieri delle regioni più colpite dall’emergenza pandemia.
Lo vogliono fare tutti quei colleghi accorsi nelle piazze in questi giorni, e che hanno urlato a gran voce lo slogan “Maipiucomeprima”. Lo chiedono quelli che a Genova, a Torino o a Milano hanno voltato le spalle verso i palazzi del potere sollevando cartelli con sopra scritto “vogliamo rispetto”.
«I flash mob lasceranno un solco indelebile nelle menti di chiunque vi abbia partecipato: la signora anziana che ci porge un mazzo di fiori commossa e affettuosa come una nonna, il pensionato che ci applaude da lontano e ci guarda con occhi di ammirazione. Vorrebbe avvicinarsi e abbracciarci, ma non può. E poi la giovane mamma che si propone di offrire il caffè a cinquanta infermieri o anche più e che lo fa insistendo, come fosse la nostra migliore amica, la compagna di banco che non vediamo da anni. Tutto questo è accaduto a Genova, Roma, a Rimini, a Torino e poi ancora in Campania, Trentino Alto Adige e Lombardia, dove il Covid-19 ha lasciato il maggior numero di vittime, anche tra gli infermieri.
Durante i nostri flash mob, durante le nostre pacifiche ma coraggiose proteste, abbiamo compreso, ancora una volta, che la società civile è schierata dalla parte degli infermieri. E’ vero, c’è chi ci ha voltato le spalle, c’è chi ha calpestato le sue stesse promesse e continua a farlo, senza remore, in tal modo offendendo anche la nostra dignità. I cittadini però non osano mancarci di rispetto, loro no! Se potessero ci inviterebbero nelle loro case a mangiare con le loro famiglie, come fossimo figli, fratelli, nipoti, continua De Palma.
Perché le persone hanno visto nei nostri occhi il dolore, la lealtà, la dignità di chi ha combattuto e continuerà a combattere per loro: mentre gli italiani erano isolati in casa, noi abbiamo affrontato il mostro, lo abbiamo fronteggiato senza paura. Noi siamo quelli che si sono ammalati e hanno anche perso la vita per gli italiani. Forse qualcuno “nelle stanze del potere” ha commesso l’errore di sottovalutare il valore, il significato dei flash mob in un momento particolare come questo, sbotta De Palma. Ai signori della politica abbiamo dimostrato che un messaggio, anche solo da parte di cento di noi, con la nostra voce, può arrivare a migliaia e migliaia di chilometri di distanza. E lasciare il segno. Può unire migliaia e migliaia di anime.
Le nostre legittime rivendicazioni contrattuali, la richiesta di un trattamento economico consono all’impegno profuso sul campo ben prima del Covid (i nostri sono tra gli stipendi più bassi d’Europa), e poi ancora il riconoscimento della malattia professionale, l’adeguamento degli organici, l’aggiornamento e la formazione, senza dimenticare i ruoli chiave per l’immediato futuro come quello dell’infermiere di famiglia e ancora l’impegno per fermare sul nascere la violenza e le aggressioni negli ospedali ai nostri danni: queste sono solo alcune delle ragioni che spingono gli infermieri a scendere in strada. Peraltro, le nostre richieste coincidono in maniera speculare con l’elenco di richieste che la FNOPI (Federazione Ordini Professioni Infermieristiche) ha indirizzato al Governo pochi giorni fa: quindi siamo convinti di poter contare anche sul loro sostegno.
E se le cose continueranno così la situazione non potrà che peggiorare, perchè siamo consapevoli che stiamo portando avanti una battaglia di civiltà che non ha confini.
“Armati” di megafoni e striscioni abbiamo fatto parlare il cuore.
Non dimenticherò il volto di quella signora a Genova, il suo sguardo dolce ed accogliente mentre ci porgeva i suoi fiori rossi e il senso di profonda fiducia che le si leggeva negli occhi. Così come sarà bello ricordare la voce della nonna di Ravenna, che ha voluto a tutti i costi prendere il megafono per rivolgersi direttamente al Prefetto, chiedendo rispetto per gli infermieri. Ecco, sono loro che danno un senso alla nostra vita professionale ed è anche per loro che noi infermieri non smetteremo mai di lottare. I cartelloni tra le mani dei colleghi durante i flash mob lo dicono chiaramente: “Vogliamo rispetto e lo vogliamo adesso”, chiosa De Palma.