L’operazione, strutturata attraverso l’esecuzione di lunghi periodi di osservazione e
appostamenti, grazie anche alla preziosa collaborazione della Compagnia Guardia di
Finanza Alghero, di verifiche ed ispezioni condotte in mare, ai punti di sbarco, nonché presso i centri di certificazione e distribuzione del prodotto, ha permesso di accertare un’articolata rete asservita al traffico illegale di echinoidei causando, nel tempo, un rilevante danno alla risorsa ittica che, soprattutto negli ultimi anni, è al centro di accesi dibattiti tra i diversi operatori del settore e le Autorità locali.
Si calcola che, per ogni stagione, il mercato nero dei ricci di mare, esteso a livello nazionale, può aver prodotto un giro d’affari di diverse centinaia di migliaia di euro. In un solo mese di attività investigativa, per esempio, peraltro un periodo in cui notoriamente la resa dei ricci è minima, un pescatore professionale aveva la capacità di commercializzare oltre 270 Kg. di polpa (circa 75.000 ricci), per un ricavo che si aggirava intorno ai 40.000 euro. Nel mese di maggio 2019, secondo le indagini degli investigatori, sono stati lavorati illegalmente circa 600 Kg. di polpa (circa 200.000 ricci), che hanno fruttato ingenti guadagni e procurato danni incalcolabili all’ecosistema marino.
Nella rete degli uomini delle Fiamme Gialle e della Guardia Costiera sono finiti sei pescatori
professionali ed altrettanti abusivi della zona algherese, oltre ai titolari di sei ristoranti della
città del corallo nonché molteplici acquirenti provenienti anche da fuori Regione.
Durante le indagini è stato accertato che due Centri di certificazione e spedizione, autorizzati e riconosciuti dal Dipartimento di Prevenzione della ASL e dal Servizio Prevenzione dell’Assessorato Regionale Igiene e Sanità e dall’Assistenza Sociale della Regione Autonoma della Sardegna, rilasciavano l’etichettatura comunitaria, per certificare la tracciabilità e l’idoneità al consumo umano di ricci di mare e polpa di riccio, senza ricevere i prodotti per i controlli previsti (rifinitura, lavaggio, pulitura, calibratura, trasformazione, confezionamento ed imballaggio).
La condotta era ancora più grave quando lo stesso Centro certificava, come legalmente prodotta presso il proprio stabilimento, la polpa di riccio che, nella gran parte dei casi, era invece ricavata da lavorazioni effettuate presso le abitazioni private o presso i casolari in aperta campagna, ovviamente con procedure non conformi alle più elementari norme igienico sanitarie.
Per rilasciare le certificazioni i Centri preposti ricevevano in cambio, previ accordi con la
parte, un compenso pattuito per ogni cesta di 500 esemplari di riccio. Insomma, una vera e
propria associazione a delinquere.
Solo per fare un esempio, in un arco temporale di circa 30 giorni, nel corso del quale i militari hanno ascoltato ore di intercettazioni e registrato video ed audio provenienti da uno dei due Centri di spedizione, non è transitato al suo interno nessun esemplare di riccio di mare, a fronte invece della cospicua quantità di prodotto destinato alla vendita, ad acquirenti consapevoli e non, con etichette riportanti informazioni diverse da quelle reali.
Gli investigatori sono riusciti ad accertare che il disonesto modus operandi coinvolgeva
sistematicamente anche diversi ristoranti locali che, consci della procedura non conforme e
dell’impalcatura criminosa, utilizzavano all’interno delle proprie cucine la polpa di riccio
lavorata da soggetti non autorizzati e, come scoperto, certificata solo fittiziamente dallo
stabilimento, contrariamente a quanto dichiarato nei documenti fiscali, nei quali veniva
dichiarato l’acquisto degli esemplari integri.
Nel corso delle indagini sono stati anche intercettati e sequestrati oltre 70 kg. di polpa di
riccio prodotta indebitamente e in dubbie condizioni igenico sanitarie. Tale intervento,
fortunatamente, ne ha evitato la somministrazione al consumatore finale ignaro del fatto che, come accertato successivamente dai medici specialisti dell’A.T.S. di Sassari, il prodotto non era idoneo per il consumo umano.
Il filone dell’indagine, nel complesso, ha permesso di appurare come il mercato illegale del
riccio di mare, in tutte le sue forme, interessasse molteplici ambienti, anche talvolta
impensabili, ove il prodotto illegale giungeva comunque completo di etichettatura
comunitaria a garanzia della tracciabilità e dell’idoneità al consumo umano.
Dalle oltre duecento pagine del fascicolo depositato dalla Guardia di Finanza e dal Comando
marittimo algheresi, riassunto in più di cinquemila documenti analizzati, nonché dalle fonti di prova acquisite a seguito delle numerose perquisizioni personali e locali, l’Autorità
Giudiziaria ha tratto elementi essenziali tali da concludere le indagini nei confronti dei 25
soggetti indagati a vario titolo perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso ed in tempi diversi, in concorso fra loro e previo accordo, si sono associati allo
scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di corruzione e di frode nell’esercizio
del commercio.
Sei i ristoranti coinvolti nella vicenda e ritenuti responsabili, anche amministrativamente, per aver omesso di attuare una corretta gestione dell’attività nonché di prevenire le anzidette forme di reato alimentare traendo, dalla condotta delittuosa dei titolari, un ingiusto profitto per il solo fine legato al risparmio economico derivante dalla mancata esecuzione delle onerose operazioni di trasformazione del prodotto, previste dalle normativa vigente.
La condotta criminosa ha oggettivamente alterato negli anni gli equilibri del mercato a
discapito di tutta filiera della pesca del riccio di mare.
L’attività smascherata è il frutto del quotidiano impegno delle Forze dell’Ordine, che sovente
operano in forma congiunta, a tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori onesti nonché
per la salvaguardia del delicato ecosistema ambientale marino della Regione Sardegna.