Canoni estetici del Settecento
A dettare i canoni estetici del Settecento erano le corti, soprattutto quella di Francia: i ritratti della regina Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena rappresentano lo stereotipo femminile dell’epoca, che ricorda le bambole di porcellana per la pelle chiarissima e priva di imperfezioni.
Questo perché il concetto settecentesco di bellezza della pelle femminile era totalmente opposto al nostro, in fissa con la tintarella: nel XVIII secolo l’epidermide doveva essere chiara, diafana, luminosa e senza la minima traccia di abbronzatura.
Come curavano la pelle le dame del ‘700?
Osservando un dipinto o un disegno del ‘700 si nota, riguardo all’abbigliamento da passeggio delle dame, un accessorio immancabile, ovvero l’ombrello parasole, un oggettino generalmente lezioso, impreziosito da ricami, rouches e volants, che evitava l’esposizione al sole del viso anche per un minuto.
Il suddetto colorito si otteneva, inoltre, con creme ed intrugli a base di biacca, un composto tossico in quanto contenente un’alta percentuale di piombo, ma allora non si sapeva, che conferiva al viso un aspetto liscio e levigato, e nascondeva alla perfezione gli antiestetici segni lasciati dal vaiolo, una patologia in quel periodo diffusissima.
Le donne utilizzavano prodotti esfolianti, lucidavano le unghie e le limavano a forma di mandorla. Era molto diffuso l’utilizzo di nei posticci di varie forme (cuore, stella, etc.) considerati simboli di bellezza. Applicati sul volto e spalle, assumevano dei significati specifici in base alla posizione.
È in quest’epoca, infatti, che nacque la fisiognomica: la disciplina, secondo cui è possibile stabilire carattere e personalità, mediante lo studio delle caratteristiche morfologiche del volto.
Vitino da vespa
L’attributo femminile per eccellenza, simbolo di seduzione e femminilità, era il vitino da vespa che, per essere perfetto, non avrebbe dovuto superare i 40 centimetri, in modo da poter essere circondato con due mani da un uomo.
Per questo, accorrevano in aiuto busti e corsetti, veri e propri strumenti di tortura usati per mantenere eretta la colonna vertebrale e conferire al busto la classica forma a 8, che esaltava seno e fianchi.
Le scollature erano sempre ampie per evidenziare il seno prosperoso, spinto in alto dal corsetto, mentre la parte inferiore del corpo era rigorosamente nascosta da gonne molto larghe, sorrette da ampie intelaiature con cerchi rigidi concentrici che, nella parte più bassa, potevano arrivare ad una circonferenza di 5-6 metri.
Per aumentare la loro sensualità, le donne del ‘700 giocano con finti nei, considerati imprescindibili attributi di bellezza e fascino; le acconciature erano elaborate e vistose, adornate con veli, fiori, fiocchi e perfino gabbie di uccelli.
Le parrucche, acconciate con boccoli, erano usate sia dalle donne che dagli uomini.
Il make up settecentesco
Oltre alla pelle chiarissima, le donne settecentesche amavano le guance colorate di rosso: applicavano il belletto con un pennello e lo abbinavano al colore delle labbra, spesso rimpicciolite rispetto alla loro forma naturale. L’intensità del colore sulle guance indicava la classe sociale d’appartenenza.
Venivano truccati anche gli occhi con ombretti i cui colori più in voga andavano a tutta la gamma dei rosa, fino al violetto.
Le donne che avevano la possibilità di dimorare a Versailles trascorrevano ore e ore davanti allo specchio ogni giorno per essere alla moda e presentarsi al cospetto degli altri nel migliore dei modi.
Alessandra Leo