L’emicrania è caratterizzata da attacchi che durano dalle 4 alle 72 ore, migranti ma di solito localizzati in un solo lato della testa con un dolore pulsante aggravato dalle attività fisiche e spesso associato a nausea, vomito, fastidio ai rumori e alle luci. Colpisce il 14% della popolazione mondiale con punte che superano il 20% in alcuni studi. In Italia ne soffre il 9% degli uomini e il 18% delle donne nelle quali gli attacchi sono più severi, più lunghi e più disabilitanti e con più sintomi associati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica l’emicrania sulla base del Global Burden Disease (GBD 2017) al secondo posto tra tutte le malattie che causano disabilità e prima causa di disabilità sotto i 50 anni.
«In Europa è stato calcolato che l’emicrania costa 111 miliardi all’anno tra costi diretti, indiretti e intangibili– dichiara Gioacchino Tedeschi, Presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN) –Il primo impatto è sulla produttività, con 5 giorni di lavoro persi l’anno, ma ci sono aspetti che impattano la qualità della vita dei pazienti emicranici che vanno ben al di là del lavoro perso.
Bisogna diffondere la cultura dell’emicrania, che è molto carente a livello sociale;inoltre la presa in carico del paziente emicranico dovrebbe prevedere un percorso diagnostico-terapeutico che contempli la figura del centro cefalee, con uno specialista che imposti la terapia più adatta al singolo paziente. Fino ad oggi le terapie di prevenzione sono state condotte utilizzando farmaci nati ed impiegati per patologie diverse dall’emicrania, gravati da importanti effetti collaterali: l’introduzione degli anticorpi monoclonali anti-CGRP rappresenta in questo senso un’opzione terapeutica molto interessante».
Gli anticorpi monoclonali anti-CGRP sono perfettamente disegnati sul modello sperimentale dell’emicrania, lo dimostra il fatto che hanno una tollerabilità assoluta; mentre le cure fino ad oggi in commercio presentano un tasso di interruzione che arriva al 40% dopo 4 mesi di cura, i nuovi farmaci hanno un tasso di interruzione sensibilmente inferiore al 5%.