Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani vuole commemorare le vittime della Strage di Reggio Emilia (7 luglio 1960) in cui persero la vita cinque operai reggiani (Lauro Farioli, 22 anni; Ovidio Franchi, 19 anni; Marino Serri, 41 anni; Afro Tondelli, 36 anni; Emilio Reverberi, 39 anni).
Gli operai partecipavano a una manifestazione pacifica per rivendicazioni salariali, statuto dei lavoratori, tutela della sicurezza, quando il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, seguendo gli ordini, sparò sulla folla.
Tanti gli articoli, i libri scritti sugli eventi e le manifestazioni di protesta di quei giorni; Gianmarco Calore, sul sito Polizianellastoria, nel suo articolo “La rivolta di Genova, gli scontri di Porta San Paolo, la strage di Reggio Emilia (1960)”, ci fornisce un’analisi dettagliata degli avvenimenti e degli umori che contraddistinsero i tragici eventi. Nessuno ha pagato per la strage.
L’art. 20 della DUDU afferma che “Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica” condividendo quanto previsto dall’art. 17 della Cost. “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi”.
Perché è importante ricordare la Strage di Reggio Emilia?
Certo gli anni Sessanta-Settanta furono difficili, ricordiamo le rivolte dei giovani nel ’68, l’autunno caldo per la nostra Repubblica, ma proprio da tale complessità sono nate tante iniziative che portarono al miglioramento dei diritti dei lavoratori, come la legge 20 maggio 1970, n. 300, nota come Statuto dei lavoratori.
Oggi abbiamo il compito di tramandare agli studenti, nelle aule scolastiche, le conquiste acquisite grazie al sangue versato da chi reclamava pacificamente diritti che dovrebbero essere inalienabili.
Il CNDDU ritiene fondamentale in tale giornata riflettere sulla condizione della forza lavoro nel nostro Paese e nel mondo; purtroppo si assiste sempre più a un’erosione silenziosa ma inesorabile delle prerogative raggiunte con tanta tenacia nel corso del tempo sfruttamento, caporalato, lavoro nero e minorile sono ferite tuttora aperte nella società civile.
Attraverso l’insegnamento dell’Educazione civica la scuola si prefigge di insegnare ai giovani un concetto molto semplice eppure ambizioso, ma determinante per il loro futuro da cittadini: non sfruttare e non essere sfruttati.
Prof. Romano Pesavento, Presidente CNDDU