“Sono passati sette mesi da quando sono stati segnalati i primi casi di Covid-19 ed è sempre più chiaro che le ripercussioni della pandemia stanno causando più danni ai bambini che la malattia stessa”. Queste parole non sono state pronunciate da un pericoloso negazionista che spinge per le riaperture ad ogni costo ma dal direttore generale dell’UNICEF Henrietta Fore, che ha rilanciato un’analisi pubblicata su The Lancet, in cui emerge che ulteriori 6,7 milioni di bambini sotto i cinque anni potrebbero soffrire di malnutrizione acuta nel 2020 a causa dell’impatto socio-economico della pandemia del Coronavirus. Il capo del programma nutrizionale dell’agenzia dell’infanzia dell’ONU, Victor Aguayo, ha spiegato che il danno è causato: “Dalla chiusura delle scuole, dall’interruzione dei servizi di assistenza sanitaria di base, dalla disfunzione dei programmi nutrizionali”. Della stessa opinione sono il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) Tedros Adhanom Ghebreyesus, il capo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), Qu Dongyu, e il direttore del Programma alimentare mondiale David M Beasley, che hanno firmato un invito all’azione in cui viene ribadito che le strategie di risposta al Covid-19 come “l’allontanamento fisico, la chiusura delle scuole, le restrizioni commerciali e il blocco dei Paesi” contribuiscono alla malnutrizione infantile a livello globale. Francesco Samengo, presidente di Unicef Italia, aggiunge: “La malnutrizione acuta è una forma di malnutrizione pericolosa per la vita dei bambini, in quanto li rende troppo magri e deboli, a maggior rischio di morire, o di crescere, svilupparsi e apprendere in modo inadeguato. Secondo l’Unicef, anche prima della pandemia da Covid-19, erano 47 milioni i bambini che soffrivano di malnutrizione acuta nel 2019. Senza un’azione urgente, il numero globale di questi bambini potrebbe raggiungere la cifra di quasi 54 milioni nel corso dell’anno. Sono livelli mai visti in questo millennio”. Secondo lo studio di The Lancet, un tale aumento della malnutrizione si tradurrebbe in oltre 10mila morti di bambini in più al mese, con oltre il 50% di questi decessi nell’Africa subsahariana. Ma l’aumento stimato della malnutrizione acuta tra i bambini è solo la punta dell’iceberg, avvertono le agenzie delle Nazioni Unite, le quali stimano che il Covid-19 aumenterà altre forme di malnutrizione nei bambini e nelle donne, tra cui arresto della crescita, carenze di micronutrienti, sovrappeso e obesità come risultato di diete più povere e dell’interruzione dei servizi nutrizionali. I rapporti dell’UNICEF dei primi mesi della pandemia indicano una riduzione complessiva del 30% della copertura dei servizi nutrizionali essenziali, spesso salvavita. In alcuni Paesi, queste interruzioni hanno raggiunto il 75-100% durante le misure di lockdown. Ad esempio, in Afghanistan e ad Haiti, la paura di infezioni e la mancanza di dispositivi protettivi per gli operatori sanitari hanno portato a un calo stimato rispettivamente del 40% e del 73% dei ricoveri per il trattamento di malnutrizione acuta grave nei bambini. In Kenya, i ricoveri sono diminuiti del 40%. Oltre 250 milioni di bambini in tutto il mondo non godono di tutti i benefici dell’integrazione di vitamina A, a causa del COVID-19. In questo contesto appare dunque evidente l’importanza della scuola nel monitorare la salute dei bambini e il loro accesso ad un’alimentazione sicura e completa. Non è sempre possibile, infatti, mantenere la fornitura di pasti scolastici nutrienti, raggiungendo tutti i bambini vulnerabili, attraverso la consegna a domicilio con razioni da asporto. Già a fine aprile l’Unicef aveva messo l’accento sulle conseguenze dell’interruzione dei servizi scolastici: “Per milioni di bambini in tutto il mondo, quello a scuola è l’unico pasto che ricevono giornalmente. Senza di esso, i bambini hanno fame, rischiano di ammalarsi, di abbandonare la scuola e di perdere la migliore opportunità che hanno per sfuggire alla povertà”. Sempre l’Unicef sottolinea che i pasti a scuola sono particolarmente importanti per le bambine. In molti paesi poveri, la promessa di un pasto può bastare a fare in modo che genitori in difficoltà mandino le figlie a scuola, evitando così loro pesanti lavori domestici o matrimoni precoci. La proroga della chiusura delle scuole rischia fra le altre cose di allargare il divario tra ricchi e poveri in tutti il mondo, privando i giovani delle classi meno abbienti delle competenze per uscire dall’indigenza. Oltre all’esperienza del danno psicologico, i ragazzi devono fare i conti con il divario digitale. Le famiglie più povere pagano lo scotto per la mancanza di dispositivi digitali e connessioni veloci che permettono un corretto svolgimento della didattica a distanza. Per tutti questi motivi è auspicabile che sulla scuola si eviti il braccio di ferro che è in atto in molti Paesi tra i governi, che accelerano per la ripresa delle lezioni in presenza, e i sindacati degli insegnanti, che chiedono di prorogare le chiusure, e si trovino al più presto soluzioni per una riapertura in sicurezza.Agire contro la malnutrizione
La punta dell’iceberg
Il ruolo della scuola
Riaprire in sicurezza
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