assassinato il 15 luglio scorso in Colombia dove lavorava a un progetto umanitario per la pacificazione interna tra governo locale ed ex ribelli delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc).
Era dal 2018 che Paciolla lavorava alla missione ONU per il reinserimento dei guerriglieri Farc nel tessuto sociale colombiano.
Sia il distretto, dove lavorava il giovane operatore umanitario, che la città venivano considerati dalle autorità colombiane e italiane ad alto rischio.
E questo rischio, pochi giorni prima della sua morte, Mario lo aveva compreso tutto.
Accanto a pericoli che ormai sapeva di correre, c’era qualcosa in più che lo turbava e lo metteva in uno stato di grande sofferenza e agitazione.
Ne è sicura la madre, che racconta l’angoscia di suo figlio avvertita nelle ultime telefonate.
“Mamma devo tornare a Napoli, devo assolutamente venire a bagnarmi nelle acque di Napoli, a casa”, dopo il desiderio di ritorno al proprio tetto,
alle proprie radici, Mario comunica finalmente a sua madre, nel giro di pochissimi giorni, che ha trovato un biglietto aereo per tornare.
Sarà a casa il 20 luglio. Ma in Italia, nella sua amata Napoli, dalla sua famiglia non tornerà più.
La famiglia Paciolla alle ore 18 del 15 luglio riceverà soltanto una telefonata da una avvocatessa del Sud America la quale comunicherà che il figlio si è impiccato nella sua casa a 650 km circa da Bogotà.
Ovviamente l’ipotesi di suicidio, avanzata in un primo momento, non convince le autorità italiane.
Troppi elementi non tornano. A cominciare dal biglietto aereo prenotato per il ritorno in patria così tanto atteso.
Il ragazzo aveva inoltre comunicato a diversi amici di sentirsi in pericolo.
Era certamente piena di insidie la sua attività lavorativa finalizzata alla riqualificazione di aree utilizzate dal narcotraffico.
In quei giorni, aveva inoltre accompagnato il sindaco di San Vincente e il governatore della regione di Caquetà in alcuni villaggi del luogo per incontrare ex guerriglieri pronti ad aderire al programma di pacificazione dell’ONU.
Ma sono soprattutto le condizioni in cui è stato trovato il suo corpo a destare i maggiori sospetti e a far emergere tutte le incongruenze di questa morte misteriosa già diventata un caso internazionale:
i numerosi tagli sono incompatibili con l’ipotesi del suicidio.
Solo i risultati dell’autopsia, che tra pochi giorni arriveranno, potranno far luce su questa orribile storia piena di ombre,
dove si salva solo il sogno di un giovane sostenitore e collaboratore dell’ONU “totalmente votato alla legalità”, come afferma con dolore e orgoglio sua madre.
Al CNDDU sta a cuore far conoscere la storia bella, poi diventata dramma, di un ragazzo perbene,
di un nostro connazionale partito con uno zaino sulle spalle pieno solo di quel che per lui veramente contava:
una laurea in Scienze Politiche con indirizzo in Relazioni internazionali per operare con le giuste competenze,
la sua sincera vocazione di cancellare le ingiustizie in un Paese bisognoso di stabilità civile e politica, e soprattutto l’attaccamento viscerale all’Onu, ai suoi valori, ai suoi progetti di Pace.
Ed era per le Nazioni Unite che Mario si trovava nel paese sudamericano in qualità di osservatore per la verifica dei risultati dei progetti.
Mario era un ragazzo semplice ed estroverso, che aveva giocato a basket nel Rione Alto, nella Napoli bene dove era cresciuto, e che aveva viaggiato da sempre per missioni umanitarie.
Aveva vissuto per parecchi anni tra Francia, Giordania, India e Argentina. Dal 2018 era in Colombia, dove era rimasto nonostante l’avvento della pandemia di Coronavirus.
Era cauto, Mario. Era esperto, Mario. Addolora tutti sapere che è stato trovato senza vita in un poverissimo quartiere colombiano, ricoperto di strani tagli e lesioni che fanno pensare alle peggiori torture.
Per tale ragione l’Ambasciata italiana e l’ONU sono in costante contatto con la famiglia che addolorata attende, insieme alle notizie del figlio, un volo per poter raggiungere la Colombia.
La Farnesina vuol vederci chiaro, e per questo insieme all’ambasciatore italiano Gherardo Amaduzzi, ha chiesto l’intervento dello Scip,
il Servizio di cooperazione internazionale della Polizia che già in passato ha collaborato con le autorità colombiane.
Sempre la Farnesina ha predisposto un volo per Bogotà con il quale i familiari del volontario potranno rivedere il corpo del giovane prima del rimpatrio in Italia.
Intanto, associazioni umanitarie, parenti ed amici hanno lanciato una petizione su Change.org, insieme all’Hashtag #IOSTOCONMARIOPACIOLLA, per chiedere verità sulla morte di Mario.
Anche la Rete Accademica Europea per la Pace in Colombia chiede verità e giustizia invitando ad aderire all’iniziativa.
Il CNDDU si unisce al coro di chi è impegnato a debellare la sistematica violazione dei Diritti Umani in molti paesi,
per tale ragione attende di conoscere la verità sulla morte del giovane volontario impegnato per la libertà e per i diritti degli oppressi, e auspica, quindi, un intervento efficace da parte delle autorità italiane,
in collaborazione con quelle colombiane, affinché venga fatta chiarezza sull’accaduto, svolgendo le opportune indagini e battendosi in favore dei diritti della persona per conoscere la causa della morte di un giovane,
impegnato nel sociale come pochi, che rappresenta davvero l’orgoglio della gioventù italiana e non solo.