La Strage commessa il 12 agosto 1944 dai soldati nazisti del Battaglione “Galler”,
ovvero il battaglione del 35° reggimento della 16° Panzer-Grenadier-Division “Reichsfuhrer-SS”,
comandata dal generale Max Simon e dagli austriaci con l’ausilio di bande di collaborazionisti fascisti,
non fu una rappresaglia, ma un vero e proprio atto terroristico premeditato contro la popolazione inerme di un borgo della montagna Toscana simbolo limpido della Resistenza.
Qui la bestialità nazista, alle prime luci dell’alba del 12 agosto, si manifestò in modo terrificante.
Dopo aver programmato l’operazione letale, i soldati arrivarono nel paese divisi in tre squadre spietate.
Gli uomini si rifugiarono nei boschi per non essere deportati, mentre bambini, donne e anziani restarono nelle loro case.
I carnefici circondarono il paese, poi presero gli abitanti di Sant’Anna dai loro letti e li trascinarono nelle stalle e nelle cucine,
per ucciderli a colpi di fucile e di bombe a mano.
Dopodiché, incendiarono e distrussero le loro abitazioni per eliminare qualsiasi traccia della loro esistenza.
Infine, trascinarono le rimanenti persone nella piazza della chiesa e, dopo aver puntato addosso alle vittime le canne dei mitragliatori, iniziarono la carneficina che era stata studiata a tavolino.
Nessuna pietà per quei corpi di donne, bambini e anziani che cadevano sotto i loro colpi senza avere neppure il tempo di affidare le loro paure al cielo.
Neppure il tempo di gridare ebbero le vittime innocenti.
L’ordine impartito dai gerarchi nazisti che gli uomini della morte stavano eseguendo era chiaro:
distruggere qualsiasi forma di vita umana nel borgo toscano per impedire ogni collegamento fra i civili e le formazioni partigiane, molto attive, presenti nella zona.
Fu così. Ai nazisti, come sempre, non bastò la catasta di corpi morti che riempì in poco tempo la piazza della chiesa,
non bastò la puzza di carne bruciata che annerì l’aria e impediva di respirare.
Il rituale macabro della morte in atto doveva raggiungere livelli di brutalità che l’uomo mai dovrebbe toccare.
E così, il rogo a pochi passi dalla casa di un Dio impotente fu il punto più alto dell’anti-umanità.
Panche della chiesa, legno di ogni genere, stracci, materassi presi dalle case, tutto faceva comodo per far divampare fiamme e odio.
E infine, il solito macabro suono di organetti, le stesse canzoni esaltate e nuovi rumori di spari vicini e lontani.
Sant’Anna di Stazzema smise di vivere alle 11. Si salvarono pochi bambini nascosti in posti di fortuna.
Sono passati 60 anni prima del processo. Il 20 aprile 2004, nel Tribunale Militare di La Spezia fu celebrato un processo per i responsabili di questo crimine.
Dieci anni prima, invece, nel 1994 fu trovato un armadio a Palazzo Cesi, protetto da un cancello,
chiuso a chiave, con le ante rivolte verso il muro, negli archivi della procura generale militare di Roma,
dentro l’armadio furono trovati 695 fascicoli sui crimini di guerra commessi dai nazifascisti dopo l’8 settembre del 1943 e 415 nomi dei colpevoli.
Erano nell’ “Armadio della vergogna”.
Finalmente al processo del 2005 scattarono 10 ergastoli per 10 ex appartenenti alle SS., ma alcuni condannati data la loro età e il loro stato di salute, hanno potuto invecchiare liberi senza scontare in carcere la pena.
Tra i massacratori della Strage c’erano anche degli italiani, lo dimostra una targhetta, che ora è nel Museo di Stazzema,
con la scritta “Stalag IB-NR 749 I” (è la matricola di un soldato italiano), ma l’hanno confermato anche Alda e Ada Battistini, allora adolescenti,
che bloccate da un gruppo di miliziani non solo sentirono parlare perfettamente la lingua italiana, ma riconobbero anche la parlata locale.
Questo perché entrò in azione un discreto numero di collaborazionisti, almeno una quindicina.
E guidarono i nazisti per le impervie mulattiere che portavano a Sant’Anna.
Per ricordare tanta barbarie si è realizzato il Parco della Pace, con un imponente memoriale ed ossario delle vittime,
assieme ad un magnifico Museo, con amplissima documentazione storica e materiale filmico che viene proiettato ad ogni visita.
Inoltre, all’ombra dei platani che circondano la chiesa è stato collocato il cippo commemorativo con i nomi delle innocenti vittime
dove lo scorso febbraio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella,
in una solenne cerimonia, ha deposto una corona di alloro contornata dal tricolore italiano.
Il CNDDU, impegnato nella giusta battaglia della conservazione della memoria storica, invita tutti a conservare il ricordo di tale strage,
perché dall’oblio possono farsi strada pericolosamente revisionismi e ignoranza.
È giusto invece rendere omaggio, anche solo con la forza del ricordo, alle 560 vittime innocenti sterminate quella mattina di agosto.
Per tale ragione, invitiamo i colleghi docenti della scuola italiana Secondaria di I e II grado
a inserire nelle programmazioni scolastiche relative alle uscite didattiche e ai viaggi d’istruzione una visita di pellegrinaggio a Sant’Anna di Stazzema.
Sono sempre più numerose le scuole provenienti da tutta Europa, e non solo,
che ogni anno si recano nel luogo della strage per meditare sulle tragedie ed auspicare un futuro di pace per tutti.
È importante per i nostri studenti cogliere e interpretare il messaggio che dopo 76 anni è ancora scolpito in ogni pietra del borgo dell’Eccidio,
messaggio che grazie al nostro impegno rimarrà imperituro per sempre.
È importante fare in modo che mai s’interrompa il dialogo con il nostro passato e quel ponte fondamentale tra la storia di ieri e la storia di oggi
perché ci permette di tenere viva la memoria anche per fermare le derive xenofobe e razziste che attualmente, purtroppo, ancora riemergono.