Bruno Arpaia ospite di Mintuà, il 22 agosto, a Tempio
Ospite atteso della terza giornata di “Mintuà” sarà Bruno Arpaia, lo scrittore napoletano che nel suo elenco di presentazioni sarde dell’ultimo romanzo non poteva non inserire la rassegna letteraria di Tempio Pausania.
In compagnia di Tore Corveddu e accompagnato dalle musiche di Roberto Acciaro e Daniele Ricciu, nella ormai classica location del sagrato della cattedrale (piazza San Pietro, ore 21), dove Diego De Silva e gli autori di “Giallo sardo” (Eleonora Carta, Ilenia Zedda, Gavino Zucca) hanno già incontrato i lettori di “Mintuà”, Arpaia introdurrà il pubblico nell’intrico di vicende de “Il fantasma dei fatti”, il romanzo dato alle stampe per Guanda che ancora una volta dà un saggio magistrale di come i buchi della storia ufficiale possano venire colmati con il lavoro di ricerca dello scrittore.
“Un’opera di immaginazione alla Sciascia”, l’ha definita l’autore, spiegando le parole del titolo.
Chi è Bruno Arpaia?
Sessantatreenne, scrittore, giornalista per alcune delle principali testate nazionali (“Il Mattino”, “Repubblica”), esperto di storia americana, Arpaia è anche un impeccabile traduttore. Sue sono molte delle traduzioni in italiano delle opere di Zafón, Ortega y Gasset, Cela, Taibo II e García Márquez.
A ottobre sarà presente in libreria con un nuovo libro: un ricordo dell’amico Luis Sepúlveda, recentemente scomparso, e verso il quale sente come un senso di colpa per non avere avuto modo di salutarlo e congedarsi come conviene a due veri amici.
Finalista nel 2001 al Premio Strega, ha ottenuto molteplici riconoscimenti e dato alle stampe tanti romanzi che si ingegnano a colmare le falle di cronache incomplete. Mai con un puro esercizio di fantasia, ma sempre sulla base di documenti e studi che fungono da base per ricostruzioni per così dire alternative di verità monche o lacunose.
Proprio come nell’ultimo romanzo, “Il fantasma dei fatti”, che ha per protagonista Thomas Karamessines, un antieroe, se così lo si può definire, in carne e ossa.
“Tom il Greco” (come veniva chiamato Karamessines) è stato nei primi anni ’60 il punto di riferimento della Cia in Italia. E lo è stato negli anni in cui si consumavano sotto gli occhi del mondo quattro eventi eccezionali che non avrebbero non potuto modificare il corso della storia: la morte di Mario Tchou, l’attentato a Enrico Mattei, l’assassinio di JFK e le condanne di Felice Ippolito e Domenico Marotta.
“È stato in quegli anni – ha dichiarato Arpaia in un’intervista per Mintuà – che la nostra storia nazionale ha preso un indirizzo preciso, prediligendo un modello di sviluppo di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze”. Una dichiarazione forte e netta, più che sufficiente per capire che “Il fantasma dei fatti” è uno di quei romanzi che hanno tanto da dire.