A darne notizia è il Consorzio di Bonifica della Gallura guidato dal presidente Marco Marrone e dal direttore generale Giosuè Brundu,
che si è costituito in giudizio attraverso lo studio legale Pilia insieme ad altri cinque Consorzi di Bonifica (Ogliastra, Nurra, Nord Sardegna, Sardegna Centrale e Sardegna Meridionale).
A dicembre 2018 con una delibera n.60/30 dell’11.12.2018, la Regione aveva imposto ai Consorzi di Bonifica, modificandone lo Statuto,
di approvare i propri bilanci per il triennio 2019-2021, con modalità proprie degli Enti strumentali.
Il Tar invece accogliendo i ricorsi, ha stabilito l’infondatezza di questa delibera e chiarito che i Consorzi non sono “enti strumentali” ma enti pubblici vigilati dalla Regione Sardegna,
condannando inoltre la Regione al pagamento delle spese processuali.
Questi ultimi (e la sentenza l‘ha chiarito ancora una volta), a differenza degli strumentali godono di propria normativa speciale sia legislativa che statutaria,
che li caratterizza come Enti pubblici del tutto particolari.
La stessa legge quadro in materia (L.R. 6/2008) li definisce quali “enti di diritto pubblico vigilato dalla Regione Autonoma della Sardegna”,
come tale dotati della necessaria autonomia nello svolgimento delle attività istituzionali”.
Autonomia, altro punto della sentenza, che si estende anche alla materia contabile come stabilito dalla Legge Regionale n. 31/2017.
“Se nel tempo, a partire dal 1985, le competenze e gli ambiti di intervento dei Consorzi di Bonifica si sono via via ridotti a causa dell’intervento legislativo regionale –
spiega Marco Marrone, presidente del Consorzio di Bonifica della Gallura -,
con questo nuovo atto (ritenuto poi infondato dal Tar) la Regione stava attuando un ulteriore indebolimento di Enti che, al contrario,
hanno necessità, appartenendo al territorio ed essendo dei consorziati, di quell’autonomia che parte proprio dai fondamenti giuridici su cui è stato impostata la loro esistenza”.
Ad essere contestato dal Tar anche l’iter di approvazione della delibera che non ha rispettato i passaggi necessari per quella che è una modifica dello statuto.
Sarebbe stato necessario infatti richiedere i pareri della “Commissione consiliare” competente e della “Consulta regionale per la bonifica e il riordino fondiario”.
E ciò invece non è stato fatto.
“Anche sotto il profilo della “tempistica” la Regione ha agito in modo illegittimo e non conforme – spiega invece l’avvocato Franco Pilia –
poiché la delibera dell’11 dicembre 2018 è stata comunicata ai Consorzi di Bonifica solo nel gennaio 2019,
quando i bilanci di previsione dei Consorzi (per il 2019) erano stati già redatti, tanto è vero che la questione è insorta in sede di controllo regionale sull’approvazione del Bilancio da parte dell’Ente consortile”.
“Insomma siamo di fronte a un’ulteriore contraddizione della Regione stessa, che prima definisce l’autonomia contabile dei Consorzi
e dopo invece dice che devono approvare il bilancio con le modalità degli enti
strumentali – commenta invece il direttore generale Giosuè Brundu. –
Queste azioni, non fanno che sottrarre energia e risorse alla già difficile gestione dei nostri enti: energie che possono essere impiegate bin maniera più fruttuosa a favore dei territori.
E invece ci ritroviamo a dover stare perennemente in guardia per proteggerci dalle azioni di buna Regione matrigna”.
La sentenza del 10 agosto del Tar, segue infatti di qualche settimana l’ultimo atto della vicenda legata alla centrale idroelettrica sul Liscia,
la cui realizzazione (già finanziata al 100% con soldi statali), è continuamente ostacolata dalla Regione Sardegna con continue impugnazioni:
dopo i rigetti al Tribunale Supremo Acque Pubbliche e Cassazione a sezioni unite, ora si è rivolta alla corte di Giustizia Europea e nuovamente alla Cassazione