Una tragedia immane, qualcosa di apocalittico che fa ripiombare la città nella devastazione della guerra civile o dei bombardamenti israeliani del 2006 che provocarono oltre mille morti.
Tutto questo accade in un momento particolarmente delicato per il paese dei Cedri, che attraversa la peggiore crisi economica e sociale degli ultimi decenni: il coinvolgimento diretto nella guerra in Siria e l’ondata di profughi, in aggiunta a quelli palestinesi già presenti, ha portato il paese a una situazione di continua fibrillazione sociale e politica, con costi che il già indebitato stato libanese (il terzo al mondo) non poteva sostenere. Poi è arrivato il default finanziario e la svalutazione della moneta nazionale, la lira, che ha letteralmente affamato quella che un tempo era la classe media: una svalutazione impressionante, di quasi il 1.000%, che ha portato la maggioranza della popolazione vicina o sotto la soglia di povertà, con l’emergere di impressionanti casi di malnutrizione, simili a quelli che si vedono soltanto in guerra.
L’esplosione, che ha causato un grande numero tra morti e feriti, è avvenuta in una città spettrale, nei giorni in cui Beirut è quasi completamente al buio, senza corrente elettrica a causa delle sempre più frequenti interruzioni del funzionamento delle centrali elettriche, rimaste a secco di combustibile. Da giorni le principali piazze e le vie della capitale libanese non erano più illuminate negli orari serali e notturni. Interruzioni nelle case, in aggiunta anche al razionamento dell’acqua. La città è al collasso, con proteste popolari e scontri tra manifestanti e forze dell’ordine che oramai si ripetono in tutto il paese ogni giorno e su larga scala. La svalutazione moneta rispetto al dollaro statunitense, assieme alla penuria di riserve in valuta pesante nelle banche e nella Banca centrale, rendono difficile per il governo l’acquisto del combustibile per alimentare le centrali elettriche del paese. La situazione può solo peggiorare.
L’esplosione è soltanto la goccia che può far traboccare il vaso: dall’emergenza economica e sociale ora siamo di fonte a un’emergenza sanitaria di vaste proporzioni, con depositi di medicine spazzati via e tre ospedali cittadini distrutti, mentre altri due sono gravemente danneggiati. Il rischio di una guerra civile con pericolose ingerenze esterne è dietro l’angolo. Per il Libano questo scenario sarebbe drammatico. Soprattutto ora che patisce, più di altri, gli effetti disastrosi del coronavirus.
Chiediamo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Premier Giuseppe Conte di attivarsi affinché l’Italia sia la nazione guida di una grande coalizione internazionale che possa aiutare un paese di grande ricchezza storica e culturale, un paese strategico per la pace in Medio Oriente. Il popolo libanese ama l’Italia e ne sa apprezzare, anche grazie alla presenza dei nostri militari nel sud del Libano, la grande generosità e il grande equilibrio. Siamo sempre stati amici e oggi possiamo rafforzare un legame che dura da millenni. Sforziamoci di fare quello che gli altri Paesi non possono fare. Aiutiamo il popolo libanese con uomini, mezzi, cibo, medicinali e risorse economiche. Il Libano ha davvero bisogno dell’Italia.