Al primo brano “La cosa giusta”, titolo del Tour 2020, la regia illumina con potenti luci tutti i componenti della band, anche loro con mascherina sul viso, annunciando, prima del brano, che hanno fortemente voluto questi concerti in giro per l’Italia , perché ritenevano importante tornare a cantare e rientrare nella normalità, dopo questo periodo così difficile, facendo così “la cosa giusta”.
Il pubblico li sostiene, li applaude, e il cantante continua con “Caro Architetto”, “Le cose in comune”, “Sornione”.
Ora la platea può ascoltare “La mia casa”. “Ancora casa nostra per una sera e tutta la Sardegna – vedete – rivolgendosi al pubblico – quella serie di tasti bianchi e neri infinita? Li suona Gianluca Misti, da sempre con me”.
Prosegue con “Quali alibi”, “Precario è il mondo”, la canzone di protesta “Io non mi sento Italiano” e “Mi persi”.
Ora invita a scendere dal palco i musicisti che lo accompagnano, tenendo solo Marco Santoro per eseguire la prima canzone che scrisse in italiano, dato che all’inizio della sua carriera, da adolescente, scriveva solo testi in Inglese, e tanto tempo dopo averla scritta comunica che si rese conto che parlava di suo padre. Si tratta del brano “L’uomo intero”, una canzone delicata e personale che cattura gli ascoltatori – c’era un uomo che aveva due mani -e le usava nei modi più strani – per esempio sapeva descrivere – la vita di luoghi lontani – era un uomo di forza sicura – molto alto per la sua statura – soprattutto sapeva sorridere – ogni volta che avevo paura -e io di paura ne avevo davvero .
Segue “Banalità” che provava dagli anni 90, quando eseguiva molti brani rock, e successivamente un pezzo che non suonavano da un sacco di tempo “Il dado”.
Ancora “Strade di Francia”, e al ritmo delle mani “Sogno B” – chiaro, non è che adesso voglio all’improvviso dimostrare che la cacca è un’entità fondamentale, un neoplatonico motore di chissà quale universo, è ben diverso il mio ragionamento.
Procede nella scaletta con “Ma che discorsi”, mentre i riflettori illuminano la platea, fasci di luce rossa, colorano il cielo, cerchi bianchi scoprono la piazza e svelano molti visi seduti sulle poltrone, visi contenti, sorridenti, con le mani al cielo, sereni per aver potuto partecipare ad un grande evento come questo, dopo mesi di reclusione forzata, per via delle restrizioni sul Covid-19.
Adesso l’artista esegue “Desaparecido”, dove molte persone si alzano in piedi a ballare , continua con “Il mio nemico”, “Monetine” e “Acqua stagnante”.
Dopo questo lungo repertorio gli artisti abbandonano il palco, ma il pubblico con ancora pago, li acclama con “fuori, fuori”, fischi di incoraggiamento, urla e Bis.
L’immancabile rientro, con il palco ancora spento, accoglie i musicisti con un lunghissimo applauso, mentre un grosso spot illumina solamente Silvestri seduto sulle scalinate che canta “Gino e l’Alfetta” – vado di fretta, vado di fretta, non ho più il tempo, datemi retta.
Prosegue con “Salirò” e al termine riabbandona il palco, mentre sento le urla delle persone a me vicine richiedere a gran voce “Cohiba”.
Qualcuno si lamenta perché ormai gli schemi sono saltati e molte persone si son posizionate in piedi davanti alle poltronissime, costringendo chi non voleva alzarsi, a farlo, partecipando attivamente all’evento.
Ora Silvestri rientra concedendo un ultimo Bis. Uno spot lo illumina mentre alle prime note del brano “Acrobati” – dovremmo resistere, dovremmo insistere, e starcene ancora su, se fosse possibile, toccando le nuvole, o vivere altissimi, come due acrobati, sospesi, non guardare giù, non so se c’è la rete – si arrampica sulla torre del palco e scruta il pubblico che lo intravede in controluce. L’effetto è stupendo, le persone davanti son tutte per lui, alzano le braccia nella sua direzione, cercando di raggiungerlo.
“Ti prego, fai Cohiba”, sento ancora da molte persone vicino a me, è un pezzo che non posso più fare -risponde – però ho 2 giorni di pausa ed esegue “Domani mi sposo”.
Il concerto ormai dura oltre 2 ore e il pubblico mai sazio; così come la magnifica band che sembra non voglia concludere mai, nonostante la stanchezza, Silvestri canta ad un ritmo travolgente “La paranza”, con il consenso fisico del pubblico che si scatena davanti alle transenne.
L’artista insiste ancora con la canzone in romano “So’ testardo”, invitando il pubblico a cantare con lui, che intona il ritornello “E li mortacci tua” – “e son soddisfazioni”- ribatte lui, chiudendo con queste parole: “son lieto di dirvi che questa serata si conclude qui, è stata una meravigliosa serata e speriamo che sia una ripartenza vera” – presentando tutti i componenti della band che lo hanno sostenuto: Gabriele Lazzarotti al basso, Piero Monterisi alla batteria, Gianluca Misiti alle tastiere, Daniele Fiaschi alle chitarre, Marco Santoro alla tromba, Jose Ramon Caraballo alla tromba e percussioni, infine Duilio Galioto alle tastiere.
Le luci del palco si spengono definitivamente, si ode la musica di sottofondo che accompagna i presenti verso l’uscita.
Michele Vacca