“Spogliarello” – conserva nell’inedita versione lussurgese la dimensione intima e raccolta, “segreta” quasi, suggerita da una scenografia che evoca una camera da letto o di un salottino per signore, o forse un elegante boudoir, teatro di conversazioni private e “scandalosi” incontri. La pièce racconta l’amara discesa agli inferi di Velia, una donna bella ma fragile, desiderosa di conquistare un posto in società o almeno una certa tranquillità economica che la metta al riparo dagli imprevisti e dai rovesci di fortuna. La giovinezza e l’avvenenza son le carte vincenti che si gioca sul piatto del destino, ma la sorte beffarda le porta via all’ultimo istante il dono promesso facendola riprecipitare nella miseria e di nuovo prestiti, investimenti, affari dubbi se non peggio la fanno scivolare sempre più in basso, fino a farle toccare il fondo, trasformandola da mantenuta di lusso in bella di notte, con tutti gli inconvenienti del mestiere più antico del mondo.
La naturale aspirazione alla felicità si confonde per lei con il raggiungimento dell’agognato benessere, con la possibilità di godersi serenamente la vita senza più preoccupazioni di carattere finanziario, ma ogni tentativo in tal senso viene invariabilmente frustrato per l’ingenuità o incapacità di lei o per circostanze esterne, così che ogni volta le tocca ricominciare daccapo, un gradino più in basso. Una certa istintiva astuzia le permette di ottenere fiducia e appoggio sia pure momentaneamente e non rinuncia certo a far valere le sue doti pur di ottenere quel che brama, ma ogni volta qualcosa sembra andare storto, l’amante scompare, l’attività non rende o l’offerta è troppo ingiuriosa e rivoltante perché possa sottomettervisi, costringendola a difendersi con un ultimo scatto d’orgoglio.
Storia di una caduta – in senso materiale e morale – “Spogliarello” racconta, attraverso lo sguardo di Velia, lo squallore e l’ipocrisia della società che la circonda tra mariti fedifraghi e mogli indignate, più per lo scandalo che per il tradimento, avvocati e usurai, benpensanti e perbenisti e onesti mascalzoni, il ruolo fondamentale della chiesa nell’alleviare le coscienze e l’importanza di salvaguardare le apparenze. Un gioco di maschere in cui la giovane con i suoi amori “interessati” e i suoi traffici pericolosi, per cui paga il prezzo dell’emarginazione e dell’oblio, appare più che altro una vittima, non del tutto ignara, anzi spesso consapevole ma incapace di difendersi dalle insidie e dai tranelli di avversari ben più agguerriti.
Un mettersi a nudo – metaforicamente – in uno “Spogliarello” dell’anima in cui la donna rivela i suoi veri sentimenti, la rabbia e lo sconforto, la delusione e la voglia di rivalsa, e si abbandona al piacere di ipotetiche vendette e al gusto per l’insulto con una cattiveria che quasi stona con la sua immagine di creatura dolce e remissiva, sensuale e piacevole, quasi un giocattolo, una bella bambola con cui trastullarsi ma che venuta a noia verrà gettata via. I suoi sorrisi maliziosi e le sue moine celano una volontà di ferro, la determinazione a raggiungere quel solo e fondamentale obiettivo, mentre il denaro (che non possiede) pare diventato la sua ossessione, più si avvicina e più le sfugge eppure nel massimo del degrado trova ancora la forza di sperare di redimersi, se non agli occhi dei suoi simili almeno davanti a Dio.
Velia incarna un modello femminile mai passato di moda, una donna che punta in alto ma identifica necessariamente in un uomo – padre, marito o amante – il mezzo per sfuggire alla miseria e conquistare uno status sociale più elevato, invece di fare affidamento sulla propria intelligenza e abilità. Specchio di una società dichiaratamente maschilista per cui le donne, tranne rare e probabilmente criticate eccezioni, son viste come angeli del focolare o in alternativa dispensatrici di piaceri a pagamento, sante o puttane, le cui eventuali ambizioni professionali appaiono più come velleità che come mezzi di sussistenza e affermazione di sé. Quella bellezza prorompente su cui si fonda il suo potere sugli uomini è anche un’arma a doppio taglio, perché quando non può più scegliere o difendersi, la protagonista è fatta oggetto di profferte non gradite e la sua vita dissoluta, più per necessità che per scelta, la condurrà verso un rapido e irreversibile declino, non senza qualche accenno di tardivo pentimento.
Marco Nateri ricostruisce l’ambiente in cui l’eroina sui generis vive o rivive i momenti cruciali della sua esistenza: «Un grande tappeto bianco a forma circolare per definire la stanza della nostra protagonista, un piccolo boudoir. Tante sedie e un inginocchiatoio per raccontare la storia di Velia, bella e affascinante donna, una donna alla ricerca disperata di quella sicurezza che la faccia vivere senza preoccupazioni. Il racconto si dipana attraverso le “stazioni” che dopo la morte improvvisa dell’ingegnere si trova ad affrontare la protagonista. La Via Crucis di una donna disperata che ha perduto tutto!».
Tra le righe di una tragedia che assume i toni grotteschi della farsa nel crescendo quasi comico delle catastrofi che colpiscono la protagonista fin dal primo quadro, Nateri legge «Il racconto di una solitudine (tema affrontato nei precedenti lavori, come “La parrucca” di Natalia Ginzburg e il “Bell’indifferente” di Jean Cocteau) che ogni essere umano deve affrontare, raccontato in modo crudo e ironico e contrappuntato dalle musiche e dalla voce della cantante in scena».
Un nuovo “Spogliarello” per il costumista e scenografo di fama internazionale, che si cimenta ancora una volta con la regia: «Dopo tredici anni ritorno in scena con questo meraviglioso testo in una versione registica ed estetica diversa dalla precedente, ma sempre con un grande amore verso Velia ed il suo mondo e soprattutto verso il mondo di Dino Buzzati che verrà restituito in maniera rispettosa senza tagli o adattamenti». E per la “prima” lussurgese la scrittura scenica cambia ancora, nel rispetto delle regole e delle distanze di sicurezza, in cui la circolarità del racconto per quadri si trasforma in funzione di una visione frontale, più “classica” ma non meno sorprendente e coinvolgente, per condurre gli spettatori nel vortice dei pensieri di quest’eroina in negativo.
“Spogliarello” (nuova produzione del Teatro del Segno) dopo il debutto nell’Isola proseguirà la tournée sulla penisola – pur nell’attuale incertezza per quel che concerne luoghi e date – portando con sé la cifra inconfondibile, limpida e graffiante, ironica e surreale dell’autore, che preferiva definirsi un pittore dedito anche, quasi casualmente, al giornalismo e alla letteratura, le cui opere appaiono ancora oggi di una sconcertante e quasi profetica modernità nel definire inquietudini, desideri e paure dell’uomo contemporaneo, sradicato e lontano dalla natura, travolto dai ritmi frenetici e alienanti delle città
OGGI IN SCENA
Nel segno della fantasia – OGGI – lunedì 3 agosto alle 11.30 con “Una Favola al giorno” per i più piccoli al Parco della Biblioteca e STASERA – lunedì 3 agosto alle 22 – nel Cortile dell’ex Asilo la fiaba moderna di “Sorichitta” con Monica Corimbi e Monica Farina per la regia di Giovanni Carroni – per riscoprire gli antichi sapori (e saperi) dell’Isola tra rispetto dell’ambiente e solidarietà.
Il XII Festival “Percorsi Teatrali” / “…le tracce dell’unicorno” organizzato dal Teatro del Segno – con il patrocinio e il sostegno del Comune di Santu Lussurgiu –proseguirà fino a venerdì 7 agosto nel paese del Montiferru tra spettacoli e concerti nel Cortile dell’ex Asilo e letture di fiabe en plein air per bambini.
Viaggio tra le fiabe di diversi paesi del mondo con la rassegna “Una Favola al giorno” pensata per più piccoli e affidata alle voci degli attori e delle attrici del Teatro del Segno con una “partitura sonora” evocativa a sottolineare i momenti più significativi della narrazione: ogni mattina si sfoglieranno insieme libri pieni di meravigliose avventure di giovani principi e principesse ma anche di bambine e bambini alle prese con animali parlanti, fate e streghe, orchi e draghi, per una narrazione animata con un “prologo” a sorpresa. “Una Favola al giorno” proseguirà tutti i giorni fino a venerdì 7 agosto – per un excursus quotidiano nel regno della fantasia.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI
Parole, suoni e visioni fino al 7 agosto nel Cortile dell’ex Asilo er i “Percorsi Teatrali 2020”:
“Como un pájaro libre” – ovvero “Libero come un uccello” è il concerto-spettacolo di OfficinAcustica dedicato alla cantante argentina Mercedes Sosa – a Santu Lussurgiu mercoledì 5 agosto alle 22: la voce di Anna Lisa Mameli e il pianoforte di Corrado Aragoni per un’antologia di melodie indimenticabili. Note storiche e biografiche si alternano alle canzoni più famose e emblematiche dell’artista, icona della musica argentina e della lotta per la pace e per i diritti civili durante la dittatura: «“La madre d’America” – definita anche “la voce della terra”, o semplicemente “La Negra”, è stata un’artista “scomoda”, perché pretendeva di cantare canzoni di pace in tempo di guerra e canzoni di libertà in tempo di prigionia». “Como un pájaro libre” – dal titolo di una sua canzone, «è il ritratto di una grande artista e di una grande donna, dove vita e arte si intrecciano, con la riscoperta di un repertorio legato alla tradizione musicale sudamericana, che esce dai canoni delle sonorità folkloriche per assumere una veste nuova, inedita e affascinante».
Il XII Festival “Percorsi Teatrali” si chiude in bellezza venerdì 7 agosto alle 22 con il coinvolgente “Yes Land” di Onarts, nel segno del nouveau cirque: il clown Giulio, “eterno viaggiatore”, cerca di mettere ordine nel caos. Un’impresa non facile, per questo «personaggio semplice e complesso al tempo stesso, che trasforma tutto ciò che è ordinario in comico ed immaginifico, obbligandoci a fare i conti con il sentimento di inadeguatezza che ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita». L’arte della clownerie e varie tecniche circensi – acrobatica e giocoleria, equilibrismo, manipolazione di oggetti – compongono la movimentata “drammaturgia” dello spettacolo dove «il gesto, il movimento e l’interazione con il pubblico si rivelano sempre come esplorazione di sentimenti, permettendo al virtuosismo della tecnica di rimanere al servizio della storia». Il protagonista è «un vagabondo alla continua ricerca di una dimensione esistenziale, in lotta tra l’insieme e la solitudine, due dimensioni che si configurano tra il pubblico e la scena, creando così un continuo gioco onirico tra due mondi».
Il XII Festival “Percorsi Teatrali” a Santu Lussurgiu si inserisce nel progetto Intersezioni / rete di festival senza rete a cura di Fed.It.Art Sardegna, che riunisce sei compagnie isolane – oltre al Teatro del Segno di Cagliari, Abaco Teatro (Monserrato), Bocheteatro (Nuoro), L’Effimero Meraviglioso (Sinnai), Teatro d’Inverno (Alghero) e Teatro Tragodia (Mogoro) – e i rispettivi festivals con spirito di solidarietà sul modello de “s’agiudu torrau” – sotto l’egida della rete nazionale di Fed.It.Art. (Federazione Italiana Artisti). Intersezioni traccia i suoi itinerari culturali legando in un unico ordito le “trame” originali di “Libertà d’Espressione” a Mogoro e “Giardini Aperti” tra Sanluri, Donori, Quartucciu, Monserrato e Torre delle Stelle (Maracalagonis), “NUR” ad Alghero e “Il colore rosa” a Sinnai, “Palcoscenici d’Estate” ad Allai e “Percorsi Teatrali” a Santu Lussurgiu e Cagliari, “Note a Margine” e “Patapum Festival” a Nuoro.
Il XII Festival “Percorsi Teatrali” a Santu Lussurgiu (OR) è organizzato dal Teatro del Segno con il patrocinio e il sostegno del Comune di Santu Lussurgiu e della Regione Autonoma della Sardegna (e con il contributo del MiBACT) e inserito nella “rete” di “Intersezioni” 2020 a cura di Fed.It.Art. Sardegna.