Sbarcano sulla penisola che chiude il Golfo degli Angeli, presso l’antica “città sommersa” sulla costa sud-occidentale dell’Isola, i Teatridimare della compagnia çàjka – originale progetto di “navigazione teatrale a vela” con la direzione artistica di Francesco Origo, giunto alla ventesima edizione – per condividere le fantasmagoriche avventure di una maschera, tra travolgenti monologhi e antichi e nuovi “lazzi”.
“Arlecchin dell’onda” nasce con l’intento di rinnovare il ricco repertorio di “canovacci” su cui le attrici e gli attori costruivano le loro “commedie all’improvviso” rielaborando trame e situazioni per affascinare e divertire il pubblico con le loro performances tra azioni mimiche e virtuosismi acrobatici, parti canore e recitate, dando prova del loro talento e della loro arte.
Seguendo l’esempio del veneziano Carlo Gozzi, fiero avversario della riforma goldoniana e dell’invenzione dei caratteri, il quale nelle sue “Fiabe Teatrali” mise in scena le più famose maschere italiane trasportandole in luoghi esotici e terre lontane, in Oriente o in Africa, tra atmosfere fantastiche e oniriche, in un susseguirsi di inganni e tradimenti, metamorfosi e incantesimi Enrico Bonavera crea per il “suo” Arlecchino nuove avventure che hanno come sfondo il Mar Mediterraneo – crocevia di popoli e culture.
Il tema ricorrente (e immancabile) della fame trova qui inedite e moderne declinazioni – ed è proprio quella fame antica e insaziabile, che spinge l’intraprendente bergamasco (in cui si fondono i tratti popolari e grotteschi dello Zanni e elementi più inquietanti, bestiali o diabolici, della tradizione francese) a cercare nuove fonti di sostentamento, a condurre Arlecchino fino al porto di Genova.
Da qui partono le nuove rotte dell’immaginario, che porteranno il protagonista in mezzo a nuovi guai e pericoli, in gran parte derivanti da vizi e debolezze umane, come l’avidità che contraddistingue da sempre il “nobile” Pantalone, uomo avaro e lussurioso (oltre alle varie intemperanze “amorose”) tanto che questi non esita a farsi mercante di schiavi, in nome del profitto e pure il Capitan Matamoros – noto fanfarone e millantatore di imprese mai compiute, che stavolta decide di dedicarsi alla pirateria.
Tra i personaggi dell’inedito “canovaccio” anche gli innamorati Carolina e Pulcinella, in una storia di migrazioni e separazioni in cui si fondono la favola antica e l’attualità così come nelle metafore della ricchezza e della povertà – specchio delle ingiustizie e delle disuguaglianze che dividono il mondo.
«E’da questa libertà di reinvenzione e di ricollocazione del mondo delle maschere – suggerita dall’opera di Carlo Gozzi, come sottolinea Enrico Bonavera (all’attivo una solida formazione e un’intensa carriera, con interessanti percorsi nel teatro di ricerca, come la collaborazione con l’Odin Teatret di Eugenio Barba) – che nasce l’idea di portare quei personaggi in nuove vicende e creare per loro nuovi lazzi e monologhi, più attinenti al nostro mondo contemporaneo.
In particolare, se esiste una strada aperta al contatto tra diverse popolazioni è proprio il mare Mediterraneo, culla perenne di culture diverse che nel tempo si sono incontrate, scontrate, contaminate e trasformate.
Ecco così che in “Arlecchin dell’onda” troviamo un Pantalone mercante di nuovi schiavi, profittatore dei flussi migratori, un Capitan Matamoros che abbandonato il suo cavallo si è imbarcato, credendosi novello pirata, su un peschereccio, o un Arlecchino che, spinto dalla fame a cercare fortuna a Genova, lavora come scaricatore nel porto e altri ancora.
Ma troviamo soprattutto Carolina e Pulcinella, separati dagli eventi ma ricongiunti da un tragico comune destino.
Tra racconti veri, veritieri o immaginari, musiche antiche e lazzi delle maschere, “Arlecchin dell’onda” si propone come uno spettacolo comico e al tempo stesso commovente, una divertita e amara riflessione sulle radici contraddittorie e le storie della nostra cultura mediterranea».
Focus su un’umanità inquieta e tormentata, attraversata da potenti passioni, con la pièce originale in cui tecniche e lazzi della “commedia dell’arte” illuminano una realtà nota e riconoscibile, seppure trasfigurata attraverso la fantasia, in bilico tra passato e futuro, tra interrogativi fondamentali sul significato dell’esistenza e sulle tracce di donne e uomini “perduti” (o ritrovati) all’inseguimento dei propri sogni e desideri.
STASERA IN SCENA – sabato 22 agosto alle 20 a Nora
Un rito teatrale tra musica e poesia – STASERA (sabato 22 agosto) alle 20 nell’area archeologica di Nora per il XXXVIII Festival “La Notte dei Poeti” – con i “Piccoli Funerali” di e con Maurizio Rippa:
un atto d’amore, un ultimo addio tra la malinconia del rimpianto e l’emozione del ricordo per una partitura fatta di parole e musica, dove la voce dell’attore e cantante dialoga con la chitarra di Amedeo Monda per costruire i piccoli (auto)ritratti di personaggi reali e inventati.
Un’antologia di storie, una galleria di volti, per riannodare il filo del destino o forse meglio per provare a lasciar andare coloro che sono stati verso il loro ultimo viaggio, con un piccolo dono, una dedica personale, simbolo d’amicizia per offrire o offrirsi una catarsi, lenire il dolore e curare una ferita.
«Questo è un lavoro su due sentimenti, uno d’amore, l’altro di odio – spiega Maurizio Rippa – Quello che amo: la passione e l’amore per il teatro sono arrivati subito.
Provare mi piaceva da impazzire, ma esibirmi in pubblico mi provocava ansia e non poco spavento. Non ho mai smesso di “fare” teatro, ma ho escogitato un metodo per eliminare la paura: dedicare quello che faccio a qualcuno. Amo dedicare! – Quello che odio: Odio i funerali».
I PROSSIMI APPUNTAMENTI
S’intitola “Tracce nella città sommersa” il percorso teatrale nel sito archeologico di Nora scritto, diretto e interpretato da Rossella Dassu – in programma martedì 25 e mercoledì 26 agosto alle 19 (fuori abbonamento) – per un’indagine sulla storia e sui miti dell’Isola.
«Si racconta che sotto la città di Nora anticamente sorgesse un Nuraghe. A destra la torre.
A sinistra le terme»: lo spettacolo che intreccia le parole di Sergio Atzeni, Giulio Angioni, Michela Murgia, Maria Teresa Petrini e Marco Tullio Cicerone ripercorre a ritroso il cammino dei secoli, dalla modernità alla preistoria, per ritrovare le radici e l’identità.
«Seguiamo le tracce e ritroviamo brandelli, sassi, cocci, schegge impazzite di ieri che con tenacia sono arrivate fino a noi per dirci che siamo il risultato di coloro che ci hanno preceduti, la premessa di coloro che saranno» ricorda Rossella Dassu.
Le antiche civiltà e poi il susseguirsi delle dominazioni hanno impresso un segno che le “custodi del tempo” conservano «rivivendo come in un eterno ritorno la storia della notte dei tempi, quando ancora i Nuraghes erano fortezze e il popolo dei sardi combatteva la sua guerra senza fine contro gli invasori, con i quali inevitabilmente finiva col confondersi, mutuandone usi, costumi e divinità».
Isabella Ragonese è la protagonista di “Spiagge” – in cartellone giovedì 27 agosto alle 20 – un’antologia di pagine “a tema” da cui emerge un affresco del Belpaese tra l’incanto delle coste, in un susseguirsi di litorali e scogliere, dove lo sguardo si perde tra le distese di sabbia e le acque cristalline, nel susseguirsi di paesaggi mutevoli e di vertiginosa bellezza.
Una fotografia dell’Italia alle soglie del terzo millennio dove i confini delimitati dal mare e le antiche vie d’acqua assumono nuovi e talvolta inquietanti significati. Il mare è «una condizione ed un luogo che caratterizza la vita e la società, il pensiero e le azioni degli abitanti.
La scrittura ha spesso collocato in riva al mare spaccati di esistenze ispirati dalla divisione fra accessibile ed inaccessibile».
“Spiagge” – con la voce di Isabella Ragonese (vincitrice del Nastro d’Argento per “La nostra vita” e “Due vite per caso”, nel cast di “Mio fratello rincorre i dinosauri”) – «è un viaggio emozionale guidato dalle parole sapienti e dalle visioni di alcuni fra i maggiori esponenti della letteratura, del cinema e del teatro del nostro paese, che attraverso le loro suggestioni memorabili ci restituiranno un ritratto della cangiante società dell’Italia contemporanea».
Si ispira a “Il Mercante di Venezia” di William Shakespeare il “Processo a Shylock” interpretato da Francesco Montanari – venerdì 28 agosto alle 20 – che si confronta con la complessità del dramma elisabettiano dove «una libbra di carne umana è l’immagine che segna la vicenda e disegna un ponte tra la carne e il suo simbolo, l’oro».
Il personaggio shakespeariano è di per sé un enigma, carnefice e vittima allo stesso tempo, incarnazione di una passione per il denaro e bersaglio di scherno e d’odio, deciso a una crudele quanto assurda vendetta su colui che considera suo nemico – tanto da infrangere tutte le regole del vivere civile.
Sulla note del clarinetto di Nico Gori (che ha curato la scelta delle musiche) e del basso di Massimo Moriconi, Francesco Montanari darà voce ai pensieri e ai sentimenti umanissimi come ai conflitti che affiorano dal testo nella riscrittura di Tommaso Mattei (da un’idea di Elena Marazzita).
La trama si svolge su piani paralleli: «II mondo concreto di Venezia si contrappone al mondo mitico di Belmonte, ma i problemi degli uomini a delle donne che li abitano sono gli stessi:
la malinconia d’amore, il valore del denaro, la scelta del proprio destino, la ricerca disperante di un equilibrio impossibile e di un’indefinibile felicità».
“Il Commissario Collura va in crociera” – ovvero “Storie note (e meno note) di Andrea Camilleri” per il reading di Donatella Finocchiaro con incursioni musicali di Andrea Gattico – in cartellone sabato 29 agosto alle 20 – per un omaggio al grande intellettuale e scrittore siciliano.
«Nella prolifica produzione letteraria di Andrea Camilleri, dalle storie di Montalbano ai romanzi storici – si legge nelle note – brillano alcune perle meno note: tra queste, una piccola serie di racconti dedicata al Commissario Collura, collega non meno affascinante del celebre commissario di Vigata anche se dalla ben diversa popolarità»
Il commissario Vincenzo Collura, detto Cecé, non è «omo d’acqua ma di terraferma» eppure dopo esser stato ferito in un’azione di polizia, sceglie di trascorrere la convalescenza su una lussuosa nave da crociera.
Qui svolgerà funzioni di commissario di bordo con l’aiuto del triestino Scipio Premuda.
«Con lo stile lucido, tagliente e umanissimo cui Camilleri ci ha abituato, il nostro eroe sarà protagonista di una serie di brevi, godibilissimi e fulminanti racconti gialli, in cui la nave diventa teatro del mondo, e i suoi passeggeri si trasformano in” tragicomici personaggi della nostra assurda contemporaneità».
Suggellerà il cartellone del XXXVIII Festival La Notte dei Poeti – domenica 30 agosto alle 20 – l’intrigante “Solo Show” della cantante spagnola Silvia Pérez Cruz, che proporrà un’antologia di brani nati dalla collaborazione con altri artisti e dalla contaminazione tra differenti linguaggi, dove la musica si intreccia con teatro, cinema, danza, pittura, fotografia, poesia.
La cantante e compositrice spagnola – ospite sul palco del Festival di Sanremo 2020, dove ha interpretato “Piazza Grande” di Lucio Dalla insieme a Tosca (dal duetto è stato tratto l’omonimo videoclip) – compare nella colonna sonora di film come “La noche de 12 años”, “Intemperie” e “JOSEP”, ha scritto le musiche di “Grito Pelao” di Rocío Molina e alcuni pezzi per il “Cyrano” con Lluís Homar.
L’artista – vincitrice del Premio Goya nel 2012 e nel 2017 rispettivamente con “No Te Puedo Encontrar” e “Ai,ai,ai cerca de tu casa” – ha da poco pubblicato il nuovo album “MA. Live In Tokyo” con Marco Mezquida, a tre anni dal successo di “Vestida de nit”.
Nel suo “Solo Show” Silvia Pérez Cruz canterà le sue canzoni più famose, oltre a raffinate cover – da “Hymne a l’Amour” di Edith Piaf a “Estranha Forma de Vida” di Amália Rodrigues, alla celebre “Cucurrucucú Paloma” e a “Pequeño Vals”.