“Rinchiusi in gabbie in mare o stipati in vasche a terra, questi animali vivono in condizioni tali da non poter esprimere i loro comportamenti naturali. La loro è una vita di privazioni, trascorsa in ambienti insalubri con altissime densità dove spesso vengono alimentati con mangimi medicati per contenere l’inevitabile diffusione di virus e batteri”, afferma Brenda Ferretti, Outreach Manager di Essere Animali. “Inoltre, rispetto agli animali terrestri, i pesci allevati a scopo alimentare passano molto più tempo in allevamento, e al momento dell’uccisione sono vittime di sofferenze atroci. Ma anche i pesci sono essere senzienti, in grado di provare paura e dolore, e perciò degni di essere difesi e protetti”.
L’organizzazione animalista sottolinea l’urgenza di intervenire sulle condizioni critiche in cui versano i pesci nell’industria dell’acquacoltura, il settore alimentare con il più alto tasso di crescita degli ultimi decenni. Secondo il nuovo rapporto FAO “Lo Stato Mondiale della Pesca e dell’Acquacoltura” (SOFIA), la produzione di acquacoltura oramai rappresenta il 52% del pesce destinato al consumo umano. Questo significa che metà del pesce che arriva sulle tavole dei consumatori proviene dagli allevamenti ittici, dove il modello di produzione predominante è quello industriale e intensivo.
Con un consumo pro capite che si attesta intorno ai 30 kg, l’Italia è tra i maggiori paesi consumatori di prodotti ittici nell’UE, superando di ben 6 kg la media europea di 24 kg (fonte Eumofa, Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura). Branzino e orata sono tra le specie più consumate e, dopo la trota, anche tra quelle allevate in maggior numero nel nostro Paese. Tuttavia, la domanda di queste due specie è tale che soltanto il 15% è coperta dalla produzione nazionale. Questo pone il mercato italiano in una posizione di forte dipendenza dalle importazioni dall’estero – Grecia in primis, come documentato in un’investigazione che l’associazione ha pubblicato lo scorso gennaio.
“Nonostante i pesci siano gli animali allevati in maggior numero nella filiera dell’industria alimentare, sono anche i meno tutelati dalla normativa nazionale e comunitaria. Questo, unito a pratiche di allevamento dannose, come l’assenza di procedure di stordimento efficaci in grado di ridurre la loro sofferenza al momento della macellazione, ci fa comprendere come sia necessario agire al più presto in difesa di questi animali”, continua Brenda Ferretti di Essere Animali.
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