Bonus pubblicità 2020, per quali spese spetta il credito d’imposta del 50%? No alle inserzioni sui social ed ai volantini, sì agli spazi pubblicitari su giornali, anche online, passaggi in radio e TV.
È partita il 1° settembre 2020 la nuova fase di prenotazione del credito d’imposta per le campagne pubblicitarie, destinato ad ampliare la propria portata per effetto delle novità previste dal decreto Rilancio.
Esclusivamente per il 2020, l’accesso al bonus pubblicità non è subordinato all’incremento dell’investimento pari almeno all’1%, requisito previsto in via ordinaria.
Un’estensione che ha portato alla conseguente riduzione della percentuale di credito d’imposta spettante, che passa dal 70 al 50% della spesa, sempre nel rispetto del limite delle risorse disponibili.
Bonus pubblicità, dalle inserzioni sui social ai volantini: quando spetta e quando no
Il bonus pubblicità è riconosciuto esclusivamente per le spese relative ad investimenti pubblicitari effettuati su emittenti radiofoniche e televisive (sia analogiche che digitali), nonché su giornali e periodici sia cartacei che online, iscritti al Tribunale ed al ROC e dotati di direttore responsabile.
È questa una delle specifiche fornite dal Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, nelle FAQ sul credito di imposta per gli investimenti pubblicitari.
Tra i quesiti principali posti al Dipartimento vi è proprio l’ambito oggettivo di applicazione del bonus pubblicità e le tipologie di campagne pubblicitarie agevolabili.
Non concorre al calcolo del credito d’imposta spettante la spesa sostenuta per l’acquisto di spazi pubblicitari su auto che partecipano ai campionati nazionali ed internazionali. Stop anche all’agevolazione per cartelloni, volantini o pubblicità fatte tramite social, come ad esempio le inserzioni a pagamento su Facebook.
Bonus pubblicità per le inserzioni online: quando spetta
Scegliere di farsi pubblicità, oggi, significa inevitabilmente investire anche in inserzioni online. Riteniamo quindi importante approfondire su quando si applica il bonus pubblicità per le spese relative a campagne sul web.
Come già chiarito, i “confini” del credito d’imposta del 50% sono chiari: si applica solo per gli investimenti pubblicitari su emittenti radio o TV, giornali e periodici dotati di specifici requisiti.
Ampio spazio di manovra è previsto per le campagne pubblicitarie online. Sollecitato dall’USPI, Unione della Stampa Periodica Italiana, il Dipartimento dell’Informazione chiarisce che il bonus pubblicità spetta anche per gli investimenti su testate digitali.
Bonus pubblicità 2020
Considerando la rilevanza del tema, riportiamo di seguito il quesito posto dall’USPI e la risposta fornita dal Dipartimento:
Domanda: “È pervenuto dall’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana) un quesito in merito alla corretta interpretazione della disposizione del Regolamento (articolo 3, comma 1) che disciplina gli investimenti ammissibili, nella parte in cui richiama – per la stampa online – l’articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. In particolare, nel quesito si evidenzia che il richiamo ai requisiti di carattere tecnico e commerciale – imposti dall’articolo 7 alle imprese editrici di testate digitali che chiedano l’ammissione al contributo pubblico diretto – ove applicato letteralmente, è suscettibile di introdurre condizioni che appaiono estranee alla logica del meccanismo di incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari, e che peraltro non trovano riscontro nella norma primaria che disciplina la misura ed abilita il Regolamento”.
Risposta: L’articolo 3, comma 1, del Regolamento, nel disciplinare le condizioni di ammissibilità “oggettive” per accedere al beneficio, stabilisce che gli investimenti incrementali ammissibili devono essere effettuati, tra l’altro, su giornali quotidiani e periodici, “…pubblicati in edizione cartacea ovvero editi in formato digitale con le caratteristiche indicate all’articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70…”.Quest’ultima disposizione fa parte del complesso normativo che disciplina tutto ciò che riguarda l’ammissione delle imprese editrici alla percezione del contributo pubblico diretto, ed in particolare stabilisce i requisiti richiesti alle testate digitali per poter usufruire del predetto contributo.I requisiti richiamati attengono, per un verso, alla tecnologia dell’edizione digitale ed alla sua fruibilità e multimedialità; e, per l’altro, alla circostanza che i contenuti dell’edizione digitale siano fruibili, in tutto o in parte, a titolo oneroso.Tali condizioni rispondono alla logica cui è ispirata, particolarmente nei più recenti interventi di riforma, la normativa sul sostegno pubblico diretto alle imprese editoriali, che dà particolare rilievo – ai fini della concessione del contributo diretto – all’innovazione, alla multimedialità, ed alla circostanza che i prodotti editoriali (sia cartacei che digitali) trovino effettivo riscontro di vendita sul mercato; tutto questo, peraltro, in una logica più generale di selezione stringente delle imprese editoriali alle quali concedere il contributo diretto, del tutto estranea – anzi, opposta – alla logica incentivante degli investimenti pubblicitari.La circostanza che la testata online sulla quale si acquistano gli spazi pubblicitari abbia o meno determinate caratteristiche tecnologiche, ed il fatto che abbia, in tutto o in parte, contenuti che possono essere usufruiti a pagamento, costituiscono dunque criteri essenziale (veri e propri requisiti) di selezione per usufruire del contributo pubblico editoriale; gli stessi elementi non hanno invece alcun rilievo intrinseco ai fini della legittimazione o della capacità delle testate online di offrire spazi pubblicitari agli operatori economici.D’altro canto, nella norma primaria che ha istituito il “bonus” (l’articolo 57-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50) non è rinvenibile alcun elemento – né logico, né tanto meno testuale – che possa dare fondamento all’introduzione, nella disciplina degli investimenti pubblicitari, delle specifiche condizioni che regolano, per le testate digitali, la diversa questione della loro ammissione al contributo diretto editoriale.L’applicazione letterale dell’articolo 3, comma 1, del Regolamento condurrebbe pertanto, sotto tale profilo, ad introdurre elementi di selettività non giustificabili e limitativi della libera scelta, da parte degli operatori economici, delle testate digitali sulle quali acquistare gli spazi pubblicitari.Si ritiene, conclusivamente, che il richiamo all’articolo 7 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, contenuto nell’articolo 3 del Regolamento, non possa che essere inteso in un senso più generale di richiamo alla nozione positiva di editoria online, ma non di richiamo all’applicazione – ai fini del “bonus” fiscale – di requisiti e condizioni che rispondono a logiche e criteri del tutto differenti.
Bonus pubblicità anche sulle spese per l’acquisto di spazi sul sito online di un’agenzia di stampa.
Anche l’acquisto di spazi pubblicitari online sul sito di un’agenzia di stampa, rientra tra le spese ammesse al credito d’imposta del 50%.
Dall’ambito della “stampa quotidiana e periodica, anche on-line” (ovvero dei “giornali quotidiani e periodici, anche on-line”) non sono escluse le agenzia di stampa, in quanto si tratta di:
“organi di informazione, che svolgono dunque una funzione del tutto analoga a quella dei giornali, e che hanno modalità di fruizione, da parte del pubblico, sovrapponibili a quelle dei giornali on-line.”
È questo uno degli ulteriori chiarimenti pubblicati sul sito del Dipartimento Informazione ed Editoria.
Devono in ogni caso essere verificate tutte le condizioni previste dalla normativa di riferimento, ovvero:
- gli organi di informazione devono essere in regola con tutte le norme che riguardano la registrazione della testata (giornalistica o radiofonica o televisiva);
- devono essere dotati della figura del direttore responsabile.
La regolarità della testata giornalistica è uno dei requisiti fondamentali per poter accedere al bonus pubblicità 2020. Una caratteristica imprescindibile, per evitare di avvantaggiare imprese editoriali non in regola con le norme generali del settore.
Anna Maria D’Andrea
Fonte: www.informazionefiscale.it