Commemorazione di Rossana Rossanda
Il Coordinamento Nazionale dei Docenti delle discipline dei Diritti Umani intende ricordare un’intellettuale di rara profondità e audacia: in un mondo in cui era molto più semplice conformarsi che “disobbedire”, Rossana Rossanda ha sempre rifiutato di chinare la testa durante il fascismo prima, impegnandosi come partigiana nella lotta alla dittatura, e subendo l’espulsione dal PCI in seguito, per aver aspramente criticato il Socialismo reale dell’Unione Sovietica, successivamente all’invasione di Praga.
“Guardo alle mie date – scriveva – a quindici anni è la guerra, a venticinque la guerra fredda, a trentacinque è il comitato centrale del più grosso partito comunista d’occidente, a quarantacinque questo partito si libera di me. A cinquantacinque eccomi qui, nel riflusso dell’onda d’una mareggiata di cui conosco le andate e i ritorni, e che mi trascinerà sempre” (Rossana Rossanda, Le altre. Conversazioni sulle parole della politica, Feltrinelli, 1989).
Fondò nel 1969 il Manifesto, che divenne il punto di riferimento di molti giovani progressisti in opposizione alla società fortemente patriarcale e reazionaria di quei tempi.
Fu un’acuta osservatrice delle politiche internazionali, che seppe interpretare in modo molto attento e lungimirante.
“Manca nel nostro mondo il solo elemento in grado di sconfiggere Daesh, cioè un senso umano o oltre umano che non sia il successo nel denaro, che non a caso essi bruciano, o lo spettacolo inteso in senso proprio come distrazione dal reale” (Rossana Rossanda, Rossana Rossanda: Se la guerra possa essere ingiusta ma utile, Inchiesta, 29 Novembre 2015).
Le sue parole suonano come un monito in considerazione del fatto che il 21 settembre ricorre la Giornata internazionale della pace, istituita il 30 novembre 1981 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite tramite la risoluzione 36/6, la quale per essere salvaguardata deve diventare una priorità reale da parte di tutti i Governi, prima ancora degli introiti provenienti dall’industria bellica ai quali gli Stati Occidentali non riescono proprio a rinunciare. Perché si dovrebbe pensare alla qualità della vita e alla dignità della persona in ogni luogo della terra invece di mercificare gli esseri umani in nome del profitto.
“Noi, nel nostro piccolo di gente che non mira a essere deputato, abbiamo detto che siamo per un’Europa che faccia abbassare la cresta alla finanza, unifichi il suo disorientato fisco, investa sulla crescita selettiva ed ecologica, non solo difenda ma riprenda i diritti del lavoro. Non piacerà a tutti. Ma chi ci sta?” (Rossana Rossanda, Sbilanciamoci, 23/11/2012).
A contribuito all’evoluzione dei costumi e alla parità di genere anche fino a tarda età. È suo “il manifesto per un nuovo femminismo” pubblicato in un suo articolo su L’Espresso del 13 maggio 2019.
“È importante che la battaglia per i diritti delle donne sia più estesa e condivisa possibile, contro una “cultura maschilista”, intesa anche nell’accezione di “senso comune” di derivazione greca, romana e giudaica, ma si dovrebbe dire anche egizia o cretese, culture che hanno in comune una visione binaria della sessualità, sulla quale si innesta il principio della famiglia patriarcale come “società naturale”, basata sulla divisione gerarchica fra maschio e femmina” (Rossana Rossanda, Il manifesto per un nuovo femminismo, L’Espresso del 13 maggio 2019)
Indipendentemente dalle opinioni politiche, Rossana Rossanda fu uno spirito libero e battagliero, una persona che difendeva le proprie idee anche a costo dell’isolamento o del discredito. Pensare con la propria testa e rimanere saldi nelle proprie convinzioni non è semplice nell’attuale società, in cui “vendersi” diventa il modo più veloce per affermarsi. Proprio per questo tale personaggio può costituire un esempio di pensiero divergente costruttivo.
Prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU