“Volevo fare un regalo a mio figlio” queste le parole della nonna-mamma che si è offerta di “ospitare” nel proprio grembo la figlia del figlio. Certamente un gesto encomiabile che dimostra tutto l’amore di una madre, ma siamo sicuri di non esserci spinti troppo oltre?
Ogni coppia che si ama, eterosessuale o omosessuale (questo non fa alcuna differenza), ha il diritto di avere dei figli da amare. Tuttavia in questo caso, forse, non si è tenuto conto di quanto, tale scelta, condizionerà la vita di un altro essere.
Una bambina nipote della madre-zia (che ha donato l’ovulo), ma anche della madre-nonna (che l’ha partorita). Chi potrà chiamare mamma? Nonna? O papa’?
Indubbiamente questa famiglia dimostra grande forza. Ha lottato con determinazione, rifiutando ogni stereotipo sessista e respingendo decisa gli stupidi giudizi omofobi. Ciò nonostante ha permesso l’ingresso nel mondo di una bimba che dovrà affrontare dei seri problemi di identità. Se dovessimo analizzare questo tipo di scelta considerando gli aspetti etici o religiosi, e pensare in termini rigidamente personali e moralistici, probabilmente la condanna sarebbe senza possibilità di redenzione.
Ma nessuno può o deve giudicare il dolore di non poter avere dei figli, nella loro realtà conservatrice i papà di Uma non avrebbero potuto nemmeno adottare un bambino. Tanto meno può essere giudicata l’angoscia di dover arrivare ad una scelta estrema, con tutte le inevitabili conseguenze.
Pertanto per un attimo, proviamo a porci dentro gli eventi e non al di fuori. Andiamo oltre i limiti infranti e i vincoli etici e pensiamo alla piccola Uma circondata dall’amore di una famiglia, sicuramente fuori dagli schemi, ma che la farà sentire amata e speciale per tutta la vita.
Se dovessi scrivere un libro di morale, vorrei fosse di cento pagine. Novantanove di esse dovrebbero essere bianche. Sull’ultima pagina poi scriverei: conosco solo una legge, quella dell’amore.
(Albert Camus)
Sabrina Cau