Il Coordinamento Nazionale dei Docenti delle discipline dei Diritti Umani ritiene deludente l’avvio della disciplina di Educazione civica così come prevista dal D.M. 35 del 22 giugno 2020, recante “Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, ai sensi dell’articolo 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92”, per una serie di ragioni.
Educazione civica: perché l’avvio è deludente?
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La disciplina viene configurata come trasversale; laddove non esista un insegnamento specifico di diritto è da espletarsi comunque in 33 ore annuali. Tale stato di cose comporta necessariamente che, indipendentemente dalla figura del coordinatore di materia adibito a “garante” dello svolgimento delle attività didattiche di riferimento, gli insegnanti del consiglio di classe presumibilmente dell’area umanistica (italiano, storia, filosofia, etc.), dovranno accollarsi l’ulteriore responsabilità di completare il proprio programma d’indirizzo e far quadrare i conti con meno ore, in quanto parte delle lezioni dovrà essere dedicata anche alla nuova materia.
In conclusione l’episodicità della disciplina permane in una simile organizzazione, perché la trasmissione dei contenuti viene affidata alla buona volontà dei docenti che dovranno coordinarsi tra loro al fine di sviluppare un programma coerente con gli obiettivi previsti, quando invece sarebbe stato preferibile non erodere le ore destinate alla veicolazione dei programmi curriculari, ma istituire un’ora in più, in considerazione della necessità stringente dell’approfondimento delle tematiche civiche nella complessità della società moderna, da affidare agli specialisti del settore (docenti A-46 discipline giuridiche ed economiche). -
È sconfortante pensare che effettuare un’innovazione così epocale come l’introduzione di una nuova disciplina debba essere immiserita da ristrettezze economiche, quando, invece, investire in cultura dovrebbe essere prioritario per un Paese che ambisca a rimanere competitivo nel mondo. Ricordiamo che l’avvio di tale materia non ha comportato costi aggiuntivi.
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Non riusciamo a comprendere per quale motivo non venga valorizzata la classe di concorso A-46 discipline giuridiche ed economiche che attualmente fa registrare pochissimi posti a concorso; pochissime assegnazioni provvisorie e utilizzazioni, nonché altrettanto pochi posti per i trasferimenti. Tutto ciò penalizza il personale di ruolo, ma anche i giovanissimi laureati, condannati a non poter entrare nel mondo della scuola. La classe di concorso in questione è stata completamente falcidiata dalla riforma Gelmini in poi senza possibilità di appello.
Auspichiamo un nuovo intervento normativo atto a rimuovere le criticità rilevate così come promesso in campagna elettorale da più parti politiche e per ora disatteso. L’importanza della cultura della legalità meriterebbe sforzi maggiori e migliori investimenti.
Prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU