Nell’evoluzione del diritto commerciale si possono apprezzare tre distinti momenti. Oggi analizzeremo i primi due.
L’età comunale.
La prima fase è l’età comunale, in cui il diritto commerciale nasce. Fase cruciale, governata dal passaggio dall’economa di tipo curtense all’economia mercantile, in cui l’economia si apre alla scoperta della dimensione del traffico commerciale. Il nuovo ceto mercantile reclama delle regole proprie, che si dà e che si applicano sulla base della formale appartenenza a una determinata categoria.
Determinante è quindi l’elemento soggettivo, che si apprezza però sulla base di indici puramente formali. Soltanto coloro che appartengono a una corporazione possono assoggettarsi a questo corpo di regole, ma l’appartenenza a una determinata corporazione è data attraverso il dato formale dell’iscrizione alle apposite matricole mercatorie, cioè ai registri tenuti dalle corporazioni mercantili.
La ratio è chiaramente quella della salvaguardia degli interessi in una logica di esclusività e di privilegio. In questo ultimo senso si qualifica per essere un diritto classista, che viene applicato soltanto a chi faccia parte di quel determinato ceto, e un diritto a base soggettiva.
La creazione di queste nuove disposizioni di diritto rende il diritto commerciale un diritto autonomo e autoprodotto, ossia frutto dell’opera della stessa classe mercantile a cui quel diritto si applicherà. Come diritto autonomo, in questa fase si attesta su tre livelli di produzione: le consuetudini commerciali, gli statuti delle corporazioni e le decisioni della magistratura comunale.
È proprio in questa fase ad esempio che nasce la regola del consenso traslativo – 1376 cc, in base al quale alcuni effetti giuridici si perfezionano per effetto del solo consenso tra le parti legittimamente prestato – che maggiormente risponde alle esigenze di speditezza e celerità nelle transazioni commerciali. Si abbandona la regola romanistica che voleva il negozio anche accompagnato dalla necessaria traditio e dalle forme solenni.
La fase mercantile.
Anche nella seconda fase della sua evoluzione, il diritto commerciale conferma il suo tratto distintivo classista e di ius singularis. La fase mercantile XVI-XVII secolo si contraddistingue per l’affermarsi delle monarchie assolute, che per affermare il proprio potere manifestano un grande interesse al rafforzamento dei traffici commerciali.
Si assiste a una maggiore discontinuità col passato. Incentivare i traffici diventa un’esigenza dello Stato. L’autorità guarda con interesse a quel corpo di regole e principi elaborato dalla classe mercantile e decide di trasformarlo in un diritto generale.
L’esperienza più significativa da questo punto di vista è quella francese. In particolar modo sotto Luigi XVI si intensifica l’opera di codificazione, anche grazie all’operato dell’allora ministro delle finanze Jean Colbert.
Il diritto commerciale viene così stravolto nella sua struttura, vede appannarsi la propria autonomia, finendo per essere completamente un diritto eteroprodotto. Però non ogni tratto, distintivo della disciplina fino a quel momento, viene meno. Nonostante il processo di statualizzazione, non vengono meno il suo essere uno ius singulare e il suo essere un diritto di matrice corporativa. Permane cioè la logica di deroga, il suo essere pensato in senso oggettivo e soggettivo come un diritto di classe.