YouTube e la rete
Come ben sa il popolo della rete, YouTube è una piattaforma web che consente la condivisione e visualizzazione su internet di contenuti multimediali: utilizzando tale piattaforma è possibile vedere video didattici, video musicali, videoclip, trailer, cortometraggi e tanti altri contenuti multimediali.
YouTube è il secondo sito web più visitato al mondo, alle spalle solamente di Google, e questo ci dà una idea sostanziale di quanto tale piattaforma sia ormai presente nella vita quotidiana di ognuno di noi.
Un po’ di storia
La piattaforma nasce nel 2005 per opera di tre ragazzi statunitensi come strumento per la pubblicazione di video realizzati in casa, per diventare in breve tempo un contenitore intanto di materiale di terze parti come spettacoli televisivi e video musicali e poi come strumento per marketing e pubblicità, in ‘soldoni’ una piattaforma per il business; ci sono altre fonti che descrivono molto bene la storia di YouTube, ma in questa sede voglio sottolineare ancora una volta come la rete ‘fagociti’ con grande naturalezza qualsiasi informazione le venga data trasformandone gli effetti, la portata e target.
Questo fenomeno, che agli ‘internauti’ è trasparente, è, come detto più volte, figlio della rivoluzione digitale che è in atto ormai da tempo e con la quale abbiamo ormai quasi un rapporto simbiotico; infatti, se pensiamo bene, sulla rete svolgiamo le nostre azioni quotidiane senza limitazioni e senza la sensazione di poter sbagliare perché al momento crediamo proprio che la rete possa aiutarci in ogni caso.
Nel nostro piccolo possiamo modificare a nostro piacimento lo scopo di una applicazione per avere istantaneamente un personale ‘ritorno positivo’; pensiamo ad esempio alla possibilità di utilizzare un’applicazione social come facebook per mettere in vendita cose che non ci interessa più avere a disposizione, mobili, strumenti musicali, chincaglierie, gioielli e quanto di più è possibile elencare.
È banale dire quanto questa operazione sia immediata e immediatamente disponibile e, per molti di noi, ormai facente parte di uno modus operandi che fino a qualche tempo fa era impensabile. Ricordo i tempi in cui si ricorreva alla pubblicazione sui giornali locali – qui a Roma facile era ricorrere a ‘Porta Portese’ – per mettere annunci di ricerca, vendita ecc.; si pubblicava il messaggio, si aspettava l’uscita del numero del giornale e si aspettava la telefonata.
Ai più questi ricordi risuonano con le note romantiche di un passato ormai perso, ma solo per il tempo che è passato e non quello che è ormai la consuetudine, o per dirla in altre parole – magari come lo psicologo più affermato o alla nonna più arguta – alla normalità.
Come AIDR – www.aidr.it – ci siamo interessati di promuovere in lungo e in largo la compenetrazione del digitale in tutti gli aspetti della nostra vita pubblica; sia nel mondo dell’industria sia nella pubblica amministrazione, nel mondo dell’energia come della sanità, nella sfera giuridica e in quella dei rapporti sociali; insomma, abbiamo sempre dato risalto a come la rivoluzione digitale stia cambiando il mondo e come lo potrà cambiare in senso positivo ancora di più e, quindi, abbiamo cercato di comprendere appieno gli elementi distintivi di ‘questa rivoluzione digitale’; i nostri osservatori tematici sono sempre al lavoro per connotare tali elementi in un mondo che non può più demonizzarli, enfatizzarli e cosa più importante ritenere normali.
Il concetto di normalità dal quale mi sento di dissociarmi è quello per cui è normale che si faccia qualcosa, senza nessun tipo di connotazione nel contesto:
“Siccome ho pubblicato l’articolo di vendita su facebook voglio vedere chi mi ha risposto e verifico sul cellulare se ho qualche notifica“.
Questo è normale ma non lo è – a mio parere – quando sono a pranzo con i familiari e guardo insistentemente il cellulare; o, meglio, ritengo non sia normale in un contesto in cui il momento di stare a pranzo assieme assurge a un ruolo che è pieno di valori educativi, psicologici e di sapori e colori sentimentali, dati dalla famiglia stessa.
Oppure, più in generale, non è normale quando modificano sensibilmente il nostro modo di interagire con la sfera sociale favorendo comportamenti di tipo individualistico senza possibilità di condivisione se non quella telematica; e gli esempi possono essere tanti in quanto seppur strumenti di totale condivisione, i social – e YouTube, favoriscono percorsi mentali assolutamente individualistici se non canalizzati nella giusta modalità di utilizzo.
Dipendenza e dipendenza
In relazione alla contrapposizione tra sociale e individuale, e soprattutto al rapporto tra beneficio e soddisfazione nell’utilizzo di piattaforme sociali, non possiamo trascurare appunto YouTube in virtù del ruolo che ha assunto nel corso del tempo.
Abbiamo già detto che negli anni questa piattaforma è stata riempita di contenuti di qualsiasi tipo; a scopo didattico/illustrativo o ludico, a scopo dimostrativo o pubblicitario e promozionale, insomma se vogliamo interessarci a qualcosa possiamo farlo attraverso YouTube.
Il legame forte con la rete, Google in particolare, ci consente di fare ricerche mirate, veloci e adatte a qualsiasi scopo digitando parametri di ricerca sempre più generici. A mio modesto parere questa cosa è di una potenza incredibile; l’accesso a informazioni richieste per soddisfare questa o quella particolare esigenza è in realtà possibile, senza distinzione di classe sociale e istruzione, possiamo dire quindi in assoluta democrazia.
La tecnologia fa in modo che si possano appiattire le classi sociali garantendo la possibilità di allineamento su tutto o su tutto quello che è di nostro interesse; permette che la ‘massa’ – intesa come un numero sempre più elevato – possa capire di fatti politici, economici, ecc. ecc., in una modalità che la televisione aveva iniziato molti anni fa. L’accesso è poi illimitato senza orario e con una spesa sicuramente bassa: la rivoluzione digitale riguarda tutti quanti noi e non solo l’élite e, di fatto, questo lo possiamo vedere come un rapporto implicito di dipendenza.
Al di là di qualsiasi discorso relativo sull’efficacia della didattica che YouTube può esprimere, anche in relazione alla didattica scolastica e in aula, io credo che un portale del genere non possa che essere di aiuto; solo pensare che ci possa essere uno strumento che possa indicare degli esempi su come gli uomini hanno avuto esperienze nei campi più specifici e hanno risolto particolare questioni è di grandissimo aiuto e riesce a canalizzare i propri percorsi di ricerca, le proprie esigenze e quindi l’utilizzo della rete.
Parlerei in questo caso della conoscenza delle proprie cognizioni – derivanti dal livello di studio e dalla propria professionalità – per arrivare all’utilizzo dello strumento tecnologico per approfondire il tema. Un pò come si faceva con i libri di scuola e l’enciclopedia.
Faccio anche l’esempio di un musicista che vuole approfondire un passaggio su una scala o su un particolare pezzo musicale; su YouTube, ad esempio, può apprendere come altri hanno risolto il suo stesso problema e magari metterlo immediatamente in pratica. Ma del tutto non si può prescindere della sua preparazione di base. Questo è quello che spiego come la dipendenza. In questa modalità va da sé che YouTube, la rete, non possono creare dipendenza in senso negativo ma solo qualcosa che può offrire di più.
Credo fermamente che si debba sempre, in ogni caso, partire da una base di conoscenza che in alternativa il web può creare solo in modo assolutamente sregolato e pieno di insidie; se non si ha la capacità di capire questo si rischia di creare dentro se stessi un catalogo di definizioni ‘spaiate’ e modelli senza un metodo di rappresentazione.
Il mio parere è che sia sempre l’obiettivo a regolare la conseguente attività, comportamenti derivanti da questa attività e la modalità di condividerli in senso sociale. Il caos – è solo uno dei tanti motivi – crea dipendenza perché dal caos è difficile uscire, perché non dà spiegazione e crea false aspettative. In più, non dà la possibilità di essere spiegato seguendo schemi specifici proprio perché genera confusione nelle idee e nei processi mentali; ma può essere condiviso. Questo spiega invece la dipendenza.
I social come YouTube vengono anche utilizzati per scambiare video simpatici e divertenti e questo non può essere un aspetto negativo, anzi. Di contro va detto, però, che quando l’elemento di confronto è sempre e solo il video io credo che qualche problema di comunicazione possa esserci; si guardi, ad esempio, l’integrazione tra YouTube e WhatsUpp che, di fatto, rende immediato tale concetto. Quante volte si condivide il video senza nessun commento, come se il video di fatto parlasse da solo.
È YouTube che crea la dipendenza oppure è il contrario?
È come rispondere a se è stato creato prima l’uovo o la gallina. A mio avviso, ma solo per ‘scoperchiare’ uno dei tanti aspetti da approfondire – magari con l’intervento di tutti -, è che lo scopo dell’utilizzo è sempre e deve essere sempre l’obiettivo a cui si deve tendere perché chi ha chiaro l’obiettivo avrà sempre necessità di capire quali sono tutte le fonti a cui poter accedere per arrivare allo scopo stesso e si doterà di quelle conoscenze per approfondire le informazioni di tali fonti.
Credo sia importante il ruolo delle istituzioni scolastiche e dei docenti nel canalizzare l’influenza dei social negli aspetti paradigmatici dei percorsi di studio.