L’idea è stata trasformare la città di Roma in un’immensa sede espositiva, realizzando una mostra per tutti grazie all’inconsueto e geniale utilizzo degli spazi dedicati alla cartellonistica pubblicitaria. Un modo per far entrare l’arte nella quotidianità di ognuno sfruttando, in maniera più nobile, quei canali utilizzati solitamente per mero uso commerciale.
Cristiano e Patrizio Alviti, artisti riconosciuti e attivi nella Capitale, hanno quest’anno prodotto un ingente corpus di opere tra incisioni monotipo, prove d’autore e lastre. Scaturite nel periodo di isolamento forzato che ognuno di noi ha vissuto, i fratelli Alviti, quando è stato il momento di condividere il loro lavoro, hanno pensato a una formula totalmente originale che gli permettesse di entrare in contatto con più “visitatori” possibile superando ogni possibile ostacolo dovuto all’attuale situazione sanitaria, che al momento frena molti progetti, non solo culturali. Gli Alviti hanno quindi riprodotto le loro opere su manifesti pubblicitari stradali (ogni cartellone presenta un’opera diversa con relativa didascalia) e organizzato la loro esposizione Volontà di ferro, in 100 spazi all’aperto della città. Va da sé che ogni cartellone presenta un’unica delle 100 opere creando un percorso espositivo gigantesco che coinvolge e rende Roma un’estesissima galleria d’arte.
La scelta delle location è stata valutata in base alle zone strategiche, alla viabilità (strade di intenso traffico come ad esempio tangenziale zona Salaria-Corso Francia) e al coinvolgimento delle periferie e sarà comunicata con un’apposita mappa della mostra da scaricare dal sito creato ad hoc volontadiferro.it, dove ovviamente compariranno tutte le opere prodotte, approfondimenti e dove si potrà, se interessati, concretizzare un appuntamento in Atelier per poterle visionare dal vivo.
Con Volontà di Ferro si è voluto offrire un nuovo modo di fruire e vivere l’arte, non come qualcosa di distaccato, di lontano di incasellato, ma come componente essenziale della vita quotidiana.
L’iniziativa corrisponde al diario di una quarantena. Volontà di Ferro: volontà dei fratelli Alviti di vivere e creare in una nefasta prospettiva negativa e di morte (economica e sociale), di ferro, dove per ferro non si intende solo il rimando alla lastra scriccata e puntellata che dà forma al segno sul foglio, ma la metafora della determinazione di Cristiano e Patrizio.
Volontà di ferro è una dichiarazione forte e potente: mentre tutto il mondo si ferma gli Alviti producono spazi e immagini che danno, almeno all’animo, la libertà di viaggiare e perdersi.
Così, proprio mentre il mondo guarda dalle finestre lo scorrere del tempo nell’immobilità senza osare immaginarsi il dopo, i due artisti danno vita a lastre di paesaggi. Il paesaggio ricostruito, che parte dalla natura e dagli alberi, è quello ricostruito attraverso la realtà (il segno che incide le lastre) e quello dell’emozione (il ricordo e le sensazioni che il paesaggio suscita così come filtrate dalla sensibilità degli Alviti). Il filtro che rende visibile tale commistione è il colore, quegli inchiostri e quei liquidi che si perdono sulla lastra rincorrendosi e miscelandosi, così imprevedibili ed espressivamente liberi di muoversi, di evadere e di “uscire” dal segno. Il risultato è una carta inchiostrata dove è possibile scorgere la luce, una conversazione, l’aria, la vita vissuta, i particolari, gli scorci, la prospettiva tra gli alberi e l’infinita potenza della natura.
Si arriva, così, al nocciolo fondamentale della collezione: ad un segno razionale, anche se pur sempre artistico, inciso sulla lastra che è sempre la stessa si sovrappone in un gioco di pieni e vuoti una acquarellatura di volta in volta diversa che segue l’emozione del momento. Quell’emozione che i due fratelli provano e che cercano di trasferire durante la realizzazione, esattamente nel momento in cui i due linguaggi si intrecciano sovrapponendosi sulla lastra complicati dalle varie sbavature e da tutte le ingerenze della circostanza. Così i due pensieri si intrecciano sulla carta: una parte razionale ed una parte irrazionale, sovrapponendosi e dandosi visibilità reciproca, lasciando a chi guarda l’onere di seguire ciò che sente maggiormente, ma soprattutto la libertà di seguire le emozioni soggettive che scaturiscono dall’osservazione delle opere.
Perché, dicono Cristiano e Patrizio “questo tempo indefinibile non ha fermato le nostre visioni di futuro ed anzi ha rievocato in noi la potenza del paesaggio quale protagonista assoluto di emozioni capaci di travolgerci e farci “uscire” in tempi di lockdown. La nostra è una volontà di ferro: un viaggio fisico e astratto ai confini della natura che ci stimola a ricercare nella “scena” costruita i riferimenti per farci trasportare, dalle macchie di colore, alla memoria ed al ricordo di quei paesaggi.”
Le opere sono stampate con un torchio auto-costruito appositamente dagli artisti (Cristiano e Patrizio sono riconosciuti nel mondo dell’arte anche per essere eccellenti artigiani) e che consente grandi formati e pesi notevoli delle lastre. L’incisione delle stesse è ottenuta mediante “scriccatura” con macchine di taglio che, rispetto al plasma normale, consentono solchi e riporti di materia. Sulla lastra si rincorrono due lavori: uno razionale dato dai segni incisi che, per quanto artistici, sono fermi e rigidi nella loro geometria ed un altro totalmente irrazionale ed emotivo, quasi incontrollabile nel suo espandersi e mischiarsi di fluidi. La presenza della scriccatura è fortemente denunciata dalla tridimensionalità dei solchi lasciati dalla lastra come le stampe a secco.
Lo scopo è sensibilizzare e coinvolgere il più ampio pubblico, anche quello non avvezzo alla frequentazione dei luoghi canonici dell’arte e stuzzicarne la curiosità. Un pubblico che si discosta dal collezionista tradizionale, che non acquista necessariamente arte per investimento, ma vuole semplicemente avere un’opera originale sulle pareti della propria casa realizzata da un vero artista piuttosto che un poster o una stampa commerciale.