Sempre più giovani scelgono di “fuggire” dal nostro paese per raggiungere i propri obiettivi professionali all’estero
Non necessariamente sono laureati o con alti livelli di istruzione, molto spesso sono semplicemente giovani con menti razionali e creative, che vogliono avere la possibilità di realizzare i propri progetti e vivere una vita adeguata alle aspettative.
L’Italia offre tanto divertimento: mare, sole, un importante patrimonio artistico e culturale, ma poi registra 4.500.000 persone “in fuga”, tutte decise a “vivere” all’estero piuttosto che “sopravvivere” nel Bel Paese.
L’economia da tempo allo sfascio, che non riesce a ripartire, il sistema universitario che lascia a desiderare, la burocrazia o il deludente andamento del mercato del lavoro, sono solo alcune delle motivazioni, che portano i giovani a scegliere maggiori opportunità di crescita e di retribuzione all’estero.
Aggiungiamo poi anche la mancanza di meritocrazia, le sempre più evidenti diseguaglianze sociali o il precariato, e la frittata è presto fatta: una sorta di emigrazione qualificata, che influisce sulla crescita economica e sulle finanze pubbliche, quindi sulla possibile competitività dell’Italia.
Tra l’altro, nel nostro paese non esiste uno “scambio” di cervelli ma soltanto una “fuga”, l’Italia riesce ad attrarre solo il 10% di talenti stranieri, con un’importante perdita di capitale umano che si ripercuote, inevitabilmente, sull’economia nazionale già instabile.
Questo è un problema sicuramente sottovalutato dalla classe politica che molto spesso considera queste “fughe” come una sorta di “mobilità”.
La mobilità dovrebbe essere un motivo di crescita, ma la maggior parte dei nostri giovani lascia il paese perché non ha altra scelta, non certo per curiosità o per la voglia di vivere e lavorare altrove, quindi sarebbe opportuno incoraggiarne il ritorno offrendo loro adeguate politiche occupazionali.
Forse è arrivato il momento di investire sulla formazione, promuovere la ricerca, rivedere il sistema dei concorsi e dei dottorati, creare un capitale umano che sappia stare al passo con le innovazioni, e soprattutto, affrontare a testa alta la competitività nella sfida della globalizzazione.
Sabrina Cau