Allarme degli esperti: “Il suicidio costituisce la causa di morte di circa il 10% dei casi di depressione maggiore. Si stima che circa il 60% dei depressi non riceva cure efficaci, oltretutto con un ritardo di inizio delle cure di circa 4 anni”. Sono 4 mila le persone che in Sardegna non rispondono ai trattamenti per la depressione maggiore.
Fa tappa in Sardegna il percorso di sensibilizzazione di Fondazione Onda “Uscire dall’ombra della depressione”, con il patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna, delle società scientifiche SIP – Società Italiana di Psichiatria e SINPF – Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, di Cittadinanzattiva e Progetto Itaca, e con il contributo incondizionato di Janssen Italia, l’azienda farmaceutica del Gruppo Johnson&Johnson: Istituzioni e rappresentanti locali a livello medico, assistenziale e sociale si incontrano, in modalità virtuale, per facilitare l’accesso alla diagnosi e alle cure più appropriate.
Il periodo di isolamento sociale dovuto all’emergenza coronavirus ha portato alla luce il delicato tema della salute mentale, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha parlato di un’emergenza Covid-19 anche psichica, data dall’aumento di disturbi quali ansia e depressione. Quest’ultima è riconosciuta come prima causa di disabilità a livello mondiale e riguarda circa 3 milioni di italiani, di cui circa 1 milione soffre della forma più grave, la depressione maggiore.
Considerando solo la Sardegna, dai dati Istat si stima che circa 54.000 sardi soffrano di depressione maggiore, di cui quasi 4.000 non rispondono ai trattamenti, secondo la rielaborazione su base regionale dei dati dello studio epidemiologico italiano Dory, volto a identificare, attraverso un’analisi di database amministrativi, i pazienti affetti da depressione resistente.
“La depressione è una patologia complessa, con pesanti ricadute dal punto di vista personale e sociale”, afferma Bernardo Carpiniello, Professore ordinario di Psichiatria, Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Cagliari. “Essa è causa di profonda sofferenza personale, è la prima causa di disabilità e di giornate di lavoro perse, aumenta pesantemente i costi sanitari e sociali ed incide sulla morbilità e mortalità, costituendo fattore di rischio di insorgenza o peggioramento di patologie fisiche, come ad esempio la cardiopatia ischemica, determinando l’accorciamento dell’aspettativa di vita di circa dieci anni, considerando anche il suicidio, che costituisce la causa di morte di circa il 10% dei casi di depressione maggiore. Nonostante l’ampio armamentario terapeutico, farmacologico e psicoterapeutico, ancora oggi la depressione rimane in consistente misura non adeguatamente curata, si stima che circa il 60% non riceva cure efficaci, oltretutto con un ritardo di inizio delle cure di circa 4 anni. La resistenza ai trattamenti con farmaci antidepressivi, il primo strumento di cura, riguarda almeno il 5% dei casi in Italia e in Sardegna, e ciò rende importante la recente approvazione in Italia di strumenti farmacologici assolutamente innovativi che potrebbero significativamente contribuire a ridurre il numero di casi resistenti”.
In tale contesto, Istituzioni e rappresentati locali a livello medico, assistenziale e sociale si sono confrontati su come affrontare più efficacemente la malattia, superare lo stigma associato alla depressione, facilitare l’accesso alla diagnosi e alle cure più appropriate. Questa tappa ospita una delle undici tavole rotonde riorganizzate in forma virtuale, a causa dell’emergenza sanitaria, da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, che fanno parte del percorso di sensibilizzazione “Uscire dall’ombra della depressione”, un’occasione istituzionale volta a presentare anche in questa Regione il Manifesto Uscire dall’ombra della depressione. L’iniziativa gode del patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna, delle società scientifiche SIP – Società Italiana di Psichiatria e SINPF – Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, di Cittadinanzattiva e Progetto Itaca, ed è stata organizzata con il contributo incondizionato di Janssen Italia, l’azienda farmaceutica del Gruppo Johnson & Johnson.
La depressione, inoltre, ha un forte impatto sulla qualità della vita e sui costi sanitari e sociali che risultano molto elevati. “I costi diretti non sono l’unico tassello da tenere in considerazione se si vuole cogliere appieno il peso economico e sociale di questa patologia. I costi indiretti (sociali e previdenziali) la fanno da padrone in quanto rappresentano il 70% del totale dei costi della malattia, con un forte impatto sulle giornate perse da lavoro ed incremento della disabilità”, dice Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Direttore del EEHTA del CEIS dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. “Basti pensare ai costi previdenziali, che hanno avuto un incremento del 38% negli ultimi 5 anni, legati all’elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato dalla depressione maggiore, alla perdita di produttività legata al presenteismo. Visto l’incremento previsto del numero delle persone con depressione in seguito alla pandemia di Covid-19, il peso economico della malattia è destinato ad aumentare in maniera preoccupante”.
Anche il costo legato agli assegni ordinari di invalidità e alle pensioni di inabilità, che si aggira intorno ai 106 milioni di euro, pari a 9.500 euro annui a beneficiario, rientra tra quelli indiretti legati alla malattia. In Sardegna secondo un’analisi dell’EEHTA del CEIS (Economic Evaluation and HTA CEIS) basata su dati del 2015, tali prestazioni di invalidità previdenziale vengono concesse a 1,5 persone con depressione maggiore ogni 100.000 abitanti. Analizzando la situazione per provincia, a Sassari sono state accolte 3,6 domande di invalidità previdenziale ogni 100.000 abitanti, a cui seguono Oristano con 2,5, Cagliari con 1,1 e infine Nuoro con nessuna domanda accolta. “Questi dati testimoniano che stiamo parlando di una malattia fortemente invalidante, che impatta in maniera significativa sulla vita dei pazienti e della società, da molteplici punti di vista”, prosegue Mennini. “Gestire il paziente in una fase precoce della malattia consente non solo un miglioramento della sua qualità di vita, ma anche una riduzione dell’impatto dei costi per il sistema sanitario e sociale”.
“La psichiatria deve saper valutare ed intervenire anche su altri importanti componenti che ruotano intorno alla depressione, alla persona malata che soffre”, dichiara Graziella Boi, Direttore Dipartimento Salute Mentale Zona Sud, ATS Sardegna, ASSL Cagliari. “Mi riferisco alla famiglia, che rappresenta un microsistema i cui conflitti e problemi possono avere ripercussioni sulla storia naturale della malattia stessa. La necessità di un coinvolgimento dei parenti stretti nasce dalla constatazione che una diagnosi, soprattutto se riguarda una malattia cronica e invalidante come la depressione, produce un cambiamento nell’ambiente familiare che comporta una riorganizzazione globale ed estende in tal modo i suoi effetti anche al rapporto psichiatra-famiglia-paziente”.
“Questi incontri regionali rientrano nel percorso intrapreso da Onda nel 2019 per accendere i riflettori sul tema della depressione”, commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda. “Il 2020 è l’anno che ha visto questa patologia al centro di varie iniziative: in occasione della giornata mondiale sulla salute mentale abbiamo letto un messaggio del Presidente Mattarella e visto una serie di campagne di comunicazione che aiutano a superare lo stigma ancora oggi presente nei confronti della depressione. Lo scorso anno Fondazione Onda ha presentato alla Camera dei Deputati il Manifesto ‘Uscire dall’ombra della depressione’, una call to action in dieci punti che ha raccolto il consenso di un gruppo di Parlamentari di Senato e Camera per mettere in atto azioni concrete sul fronte della prevenzione e della facilitazione nell’accesso ai percorsi di diagnosi e cura. I primi risultati di un’azione di lobby positiva si sono visti sia a livello nazionale (con l’ approvazione di un emendamento al DL Rilancio in Commissione Bilancio legata alla possibilità per gli Enti del Servizio sanitario nazionale di ampliare l’organico per fornire supporto psicologico alle persone colpite da Covid-19 e con l’impegno della Commissione Igiene e Sanità del Senato di promuovere un’evoluzione normativa dei LEA che abbia quale punto focale la prevenzione) sia a livello regionale dove ad esempio a seguito di una recente audizione in Commissione Sanità di Regione Lombardia abbiamo sollecitato un impegno istituzionale per avviare un tavolo di lavoro che possa produrre delle Raccomandazioni per la presa in carico omogenea di tutti i pazienti con depressione maggiore da parte della medicina generale e all’interno dei DSM.
Dopo aver fatto tappa in Campania, Lazio, Lombardia, Sicilia, Piemonte, Veneto, Puglia e Emilia-Romagna siamo oggi in Sardegna per poi proseguire in Calabria e Toscana. L’obiettivo che ci proponiamo è declinare i dieci punti del Manifesto a livello regionale, raccogliendo a livello istituzionale un impegno a lavorare Insieme per superare lo stigma nei confronti di questa patologia e migliorare l’accesso alle cure, a beneficio della qualità di vita dei pazienti che soffrono di depressione. Azioni ancora più necessarie alla luce dell’emergenza sanitaria che purtroppo si sta ancora ripresentando”.
“Janssen si impegna ormai da oltre 60 anni nel campo della salute mentale. Abbiamo raggiunto molti traguardi come lo sviluppo di ben 2 farmaci ritenuti fondamentali dall’OMS per il trattamento della schizofrenia e la nostra attività di ricerca e sviluppo ci permetterà di portare presto anche in Italia una significativa innovazione nel trattamento della depressione maggiore dopo decenni”, conclude Loredana Bergamini, Medical Affairs Director di Janssen Italia, l’azienda farmaceutica del Gruppo Johnson&Johnson, che ha sostenuto l’iniziativa. “La depressione è una malattia grave, ancora troppo sottovalutata ed è nostro compito aiutare i pazienti con i percorsi di diagnosi, trattamento e sostegno più appropriati ed allargare al maggior numero di persone possibile la conoscenza dell’impatto di questa patologia, così da favorire una presa in carico precoce”.