Firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti (1° maggio 1925); scrisse il 31 gennaio 1948 un editoriale per il Corriere della Sera per la tragica scomparsa di Gandhi in cui definì il leader del movimento per la libertà e l’indipendenza dell’India “Grande indiano e al tempo stesso grande assertore dei valori della civiltà occidentale, l’uomo che conobbe e valutò al giusto il pensiero di Platone, di Mazzini e di Tolstoj, nella sua semi-secolare diatriba contro l’Inghilterra dominatrice del suo paese non mancò, per il fatto stesso di sostenere il peso di un tale confronto e di un tale colloquio col mondo degli “usurpatori”, di rendere un omaggio sia pure indiretto, alla civiltà dell’Europa e ai valori perenni del nostro mondo”; aiutò Umberto Saba a rifugiarsi durante le persecuzioni nei confronti degli ebrei dovute alle leggi razziali a Firenze, vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1975.
Un uomo schivo ma grande interprete della realtà contemporanea; un uomo franco e “scomodo”, molto lontano da qualsiasi cliché, che odiava profondamente. L’ironia, che era un tratto distintivo del suo carattere, era molto “ligure”, ruvida e spesso “autoriferita”.
Soprattutto nell’ultima produzione, il poeta raggiunge l’apice della sua osservazione malinconica e nel contempo sorniona della realtà. D’altra parte non ci si potrebbe aspettare niente di diverso da un autore che smitizza e nel contempo sublima amore e morte nella poesia “Il Pirla”.
“Prima di chiudere gli occhi mi hai detto pirla / una parola gergale / non traducibile / Da allora / me la porto addosso / come un marchio che resiste alla pomice / Ci sono anche altri pirla nel mondo / ma come riconoscerli?
I pirla non sanno di esserlo / Se pure ne fossero informati / tenterebbero di scollarsi / con le unghie / quello stimma.”
Montale affronta tematiche pericolosissime, perché fortemente a rischio “retorica”, senza mai scivolare nel patetico sentimentalismo o nella freddezza. Per esempio la poesia “Il sogno del prigioniero”, in cui Montale in modo icastico rappresenta sensazioni, deliri, angosce e speranze di un uomo privato della propria libertà e tenuto segregato in un luogo di detenzione, pur nella delirante drammaticità serba sempre un’eco dell’ironia peculiare del poeta (girarrosti veri o supposti). In bilico tra vendere il prossimo per salvarsi o subire il peggio…
Il CNDDU invita i docenti delle aree umanistiche a proporre contributi relativi alla figura di Montale proprio partendo dalle poesie meno note eppure riconducibili ai diritti civili