Sardegna e distribuzione delle malattie mentali
La Sardegna e i suoi abitanti – geneticamente unici per le scarse influenze dall’esterno – da tempo, ormai, sono oggetto di osservazione da parte della comunità scientifica.
Grazie alle loro caratteristiche, infatti, sono un modello ideale per studiare i segreti alla base della longevità (ad esempio, la resilienza e il microbiota intestinale), così come per capire lo sviluppo delle condizioni patologiche, comprese quelle psichiatriche.
A tal proposito, risale agli anni ‘60 il primo tentativo di stimare l’incidenza dei disturbi mentali tra i sardi e, agli anni ‘70, lo studio del Dr. Athanasios Koukopoulos che cercò di analizzare quella dei disturbi bipolari, dopo aver notato che molti suoi pazienti provenivano dallo stesso paese sardo.
Ma anche l’Università di Cagliari, nelle figure dei Dottori Alberto Bocchetta e Francesco Traccis, ha svolto numerose ricerche in merito.
Tra queste, per esempio, quella pubblicata sulla rivista Clinical Practice & Epidemiology in Mental Health. Vediamo di cosa si tratta!
Il puzzle sardo: lo studio di Unica
L’obiettivo principale era quello di valutare il legame tra malattie mentali e suicidi in Sardegna; più precisamente se, dal 1980 al 2013, i suicidi fossero avvenuti nei comuni di origine dei pazienti ricoverati, dal 1901 al 1964, nei manicomi di Cagliari e Sassari.
Ma cosa è emerso dalla ricerca?
Dall’analisi è emerso che, le zone con più suicidi, corrispondevano a quelle di provenienza dei pazienti internati, in accordo con l’evidenza secondo la quale le malattie mentali sono presenti in più del 90% dei casi di suicidio.
La subregione con maggiori tassi di ricoveri e suicidi, in particolare, era la Barbagia di Seulo, dove sono stati ricoverati 15,8 pazienti su 1000 abitanti e sono avvenuti 9,5 suicidi ogni 1000 abitanti.
I suicidi, inoltre, erano più frequenti nei centri meno popolati (3,4 casi ogni 1000 residenti, contro 2,6 ogni 1000 nei centri con più di 10.000 residenti) e situati ad altitudini maggiori.
Ma come mai?
Secondo i ricercatori, la ragione è riconducibile ai bassi livelli di litio – che stabilizza l’umore – nell’acqua di montagna e alla minor ossigenazione del sangue, causata dalla bassa pressione atmosferica.
Ma non solo: in base ai dati raccolti dagli stessi autori in studi precedenti, anche i fattori genetici possono influenzare la salute mentale – e, quindi, il rischio di suicidio – nei sardi.
Essi, infatti, hanno osservato che, tra i pazienti affetti da disturbo bipolare, vi erano molteplici casi di favismo e talassemia minore – delle condizioni genetiche molto diffuse in Sardegna.
Le anomalie genetiche alla loro base, dunque, potrebbero essere coinvolte anche nello sviluppo del DB e degli altri disturbi psichiatrici.
In conclusione…
Lo studio, oltre a confermare la correlazione tra malattie mentali e suicidi, ne evidenzia la distribuzione caratteristica in Sardegna, gettando le basi per ricerche che aiutino a chiarire i meccanismi coinvolti e a ricomporre il puzzle sardo. Staremo a vedere cosa ne verrà fuori!
Jessica Zanza