Ci stringiamo, in questo ai Familiari di Carlo, che è emblema di coraggio e generosità, non solo perché è riconosciuto come un Servitore dello Stato che amava e credeva nelle Istituzioni, ma soprattutto per come ha saputo sostenere il peso della malattia legata all’espletamento del suo lavoro, per come ha sopportato il dolore di essere stato esposto a rischi che si dovevano evitare a causa dell’utilizzo dell’uranio impoverito, per come ha messo a servizio degli altri la sua drammatica vicenda battendosi in difesa della salute dei militari”.
E’ il pensiero di Mirko Schio, Presidente dell’Associazione Fervicredo (Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere), dopo la morte dell’ex maresciallo dell’Esercito, Marco Diana, che da anni lottava contro un cancro al sistema linfatico comparso a seguito delle missioni da lui svolte in Somalia e Kosovo e che per questo, a seguito di un lungo e complesso percorso per giungere a stabilire la connessione di moltissime patologie simili riscontare in tanti soldati con l’utilizzo dei proiettili all’uranio impoverito, ha ottenuto dalla Corte dei conti la relativa causa di servizio e il diritto alla pensione privilegiata.
“Il nome di Carlo Diana – aggiunge Schio – è inscindibilmente legato a quella battaglia di verità e civiltà che, con una forza non comune, ha portato avanti nella ricerca di risposte sulla pericolosità e sui danni causati dall’utilizzo dell’uranio impoverito per gli armamenti cui i soldati italiani erano esposti.
Ha in questo un merito enorme, cui corrisponde purtroppo l’ancor più insostenibile gravità di circostanze in cui le Istituzioni non facciano tutto ciò che è in loro potere per tenere chi indossa la divisa più al riparo possibile da rischi di sviluppare malattie professionali.
La tutela della salute degli operatori del Comparto sicurezza è un dovere imprescindibile dello Stato, e in questo senso passi da gigante sono stati dovuti proprio al sacrificio di Carlo e di tanti valorosi soldati che portiamo nel cuore”.