“Una formula di accesso facilitato al credito e un fondo perduto per coprire gli investimenti intrapresi dall’attuazione dei rigidi protocolli”. Lo richiede a gran voce, rivolgendosi alle autorità statali, il presidente della FIN Sardegna Danilo Russu che in questi giorni austeri e stracolmi di rabbia ha raccolto le lancinanti lamentazioni dei gestori privati che con la chiusura delle piscine fino al 24 novembre 2020 hanno subito il colpo di grazia e difficilmente riusciranno a rimettersi in corsia.
Le manifestazioni di protesta di Cagliari e Sassari di questi giorni hanno coinvolto anche addetti ai lavori e appassionati del nuoto, a cui non è andato proprio giù questo lockdown mirato che causerà una perdita, a livello nazionale, calcolata attorno ai quattro miliardi di euro.
“L’aver tenuto un contegno esemplare, assecondando oltre il dovuto le linee guide protocollari anti covid – dice Russu – non è servito a nulla. I NAS e altri enti di controllo hanno posto sotto osservazione duecento poli natatori indoor e nessuno di essi si è rivelato fuori norma, anzi in molti casi gli osservatori speciali si sono complimentati per l’ottimo lavoro di prevenzione svolto”.
Evidentemente a Roma sono giunte notizie diverse che hanno creato un infondato allarmismo. “Siamo stati comunque pugnalati alle spalle da uno stato che stenta a capire quali siano i vantaggi psico – fisici che l’accesso ad una piscina può generare”.
Il presidente regionale snocciola dati inequivocabili sia di carattere scientifico (il cloro tiene lontano il virus), sia di carattere atletico (il nuoto come indispensabile strumento nei recuperi post traumatici, e soprattutto elemento di equilibrio interiore per le persone con disabilità).
Non rimane che sperare in ulteriori aiuti straordinari: “La Regione ha mostrato grande sensibilità la scorsa estate venendoci incontro con un importante sostegno economico – continua il presidente sassarese – ma purtroppo, alla luce di ciò che stiamo vivendo, non è più sufficiente”.
Già dalla fine dell’estate gli imprenditori del mondo acquatico si erano messi sotto per riassettare a norme di legge ogni minimo dettaglio delle loro strutture. Non c’è stato un aspetto che sia stato preso alla leggera: percorsi differenziati, sanificazione dell’unità di trattamento dell’aria, delle condotte, dei filtri di riciclaggio, delle mattonelle.
Inoltre si sono dedicati allo svuotamento e riempimento delle vasche, ai trattamenti con prodotti chimici per portare l’acqua su livelli essenziali che garantissero la sicurezza dei nuotatori. Ad ogni voce è corrisposto un esborso di quattrini non indifferente. Ma ci sono da computare anche le altre spese consolidate: riscaldamento, acqua, energia elettrica, costi di mantenimento degli impianti.
“Costi ulteriormente aumentati – specifica Russu – per la sanificazione, ripetute più volte al giorno, di armadietti e panche perché in piscina lo spogliatoio è d’obbligo, come del resto la doccia e l’utilizzo dei phone”.
Le linee guide davano anche istruzioni sulla riduzione degli accessi: solo una persona ogni cinque metri quadri poteva sostare negli spogliatoi, una ogni sette in vasca. Facile comprendere perché fino al giorno della chiusura totale si erano registrate perdite nelle rette mensili di circa il 50%.
Da tutta Italia si fanno pressioni anche attraverso AGISI, l’Associazione Gestori Impianti Sportivi Italiani sorta la scorsa primavera. E l’elenco dei desiderata viene sintetizzato attraverso una breve lista:
Proroga delle gestioni
Riduzione affitti
Estensione bonus collaboratori
Annullamento utenze, tributi e attuazione moratorie per tutto il periodo dell’emergenza
Fondo a sostegno della riduzione degli incassi
Bonus Wellness per la ripresa
Estensione Ecobonus 110% a tutta la struttura
L’indotto del mondo natatorio è ormai in stato comatoso: con lo stop forzato anche tecnici e impiegati non sanno più a che santo votarsi per sbarcare il lunario e poi, non ultimo dei danni, c’è da evidenziare lo stato d’animo sotto i tacchi da parte di atlete e atleti agonisti, pallanuotisti compresi.
“Il nostro mondo ha rispettato le regole – conclude Danilo Russu – anche perché se soltanto uno avesse sbagliato, tutti ne starebbero pagando le conseguenze, ma a quanto pare siamo caduti ugualmente nel girone infernale”.