“Sconfiggere i ladri di speranze”: 16, 23 e 28 ottobre a Cagliari
“Sconfiggere i ladri di speranze, ovvero la nonna che mangiò il lupo” è il titolo emblematico (e l’auspicio) dello spettacolo scritto e diretto da Stefano Ledda (produzione Teatro del Segno e Teatro Impossibile) che punta a informare e sensibilizzare il pubblico, a partire dai diretti interessati, sul fenomeno sempre più diffuso delle truffe agli anziani.
La pièce originale – ispirata a fatti di cronaca, documenti e testimonianze – mostra le raffinate tecniche di “seduzione” e i meccanismi psicologici abilmente sfruttati dai criminali, che approfittano dell’ingenuità e della gentilezza per ingannare e derubare le loro vittime.
“Sconfiggere i ladri di speranze, ovvero la nonna che mangiò il lupo” – presentato in anteprima al TsE di Is Mirrionis – sarà in cartellone venerdì 16 ottobre alle 19 al Teatro Sant’Eulalia, venerdì 23 ottobre alle 19 al TsE di Is Mirrionis e, infine, mercoledì 28 ottobre, sempre alle 19, al Teatro Massimo di Cagliari: una piccola tournée nei diversi quartieri della città, dalla Marina a Is Mirrionis a Stampace per offrire, attraverso la potenza espressiva e comunicativa del teatro, gli strumenti per difendersi da una delle insidie della società moderna.
Lo spettacolo
Focus sui «risvolti emotivi» e sugli effetti collaterali del delitto, come sottolinea l’attore e regista Stefano Ledda, anche protagonista sulla scena insieme con Elio Turno Arthemalle, Alessandra Leo e Marta Proietti Orzella:
«Mi interessava indagare lo stato d’animo delle vittime di un raggiro, il senso di delusione e di sconforto, il rammarico per il tradimento della fiducia, ma anche la coscienza della propria vulnerabilità» spiega l’autore e regista. «Nello scrivere il testo ho voluto mettere l’accento, oltre che sui meccanismi delle truffe e sui possibili antidoti, sugli aspetti forse meno considerati, come l’impatto sulla psiche delle persone: il sopraggiungere della vergogna per essere stati truffati si sovrappone alla paura che gli altri pensino che tu non sia più capace di badare a te stesso. Il rischio è incominciare a vedere l’esterno come un pericolo e dunque chiudersi ancora di più in se stessi: in una vita spesso già segnata dalla solitudine, perché la società tende a emarginare gli anziani, questo acuirsi dell’isolamento può spalancare il baratro della depressione».
Coloro che mettono in atto una truffa non si preoccupano delle conseguenze ma, come sottolinea Stefano Ledda, una truffa può incidere in maniera drammatica nell’esistenza e stravolgere le abitudini, specialmente «per persone di generazioni votate alla relazione, al rapporto con gli altri, abituate ad aiutare il vicino, a parlare con tutti e salutare per strada».
“Sconfiggere i Ladri di Speranze, ovvero la Nonna che mangiò il lupo” mette in luce come gli anziani abbiano un forte desiderio di mettersi in relazione e comunicare con gli altri; la diffidenza che deriva dall’aver subito un raggiro rappresenta una barriera, un muro invisibile che li induce a ritrarsi, a chiudersi in casa, a vivere in uno stato di inquietudine.
«È questo che mi fa inc..zare, quello che dovrebbe essere un pregio – l’apertura verso gli altri – diventa un punto di vulnerabilità» è una delle battute dello spettacolo che riassume l’amarezza per il modo in cui l’avidità e la malizia di truffatori e/o truffatrici privano le loro vittime potenziali della tranquillità e perfino della libertà.
«Nello spettacolo ridisegno una mappa della città in base al pericolo, in un progressivo avvicinamento – dalla strada dove è più facile, in un certo senso normale, essere raggiunti e interpellati da sconosciuti, fino al portone di casa e infine dentro le mura domestiche dove gli intrusi possono dispiegare tutta la loro abilità nel trarre in inganno chi ha commesso l’errore di aprire loro la porta» racconta Stefano Ledda.
«Tra le varie truffe descritte nella pièce – prosegue il regista – ce n’è una particolarmente odiosa, ai danni di chi abbia già subito un furto: costui (o costei) riceve una telefonata da parte di un sedicente “maresciallo”, in cui si annuncia la visita di qualcuno incaricato di mostrargli(le) le foto degli oggetti rubati (ormai in possesso della banda): quando il “finto appuntato” – l’abbiamo chiamato così – rientra in casa, il danno è fatto, perché questi individui sono abilissimi nel soggiogare le loro vittime. La truffa fa leva proprio sulla speranza, sull’illusione di recuperare qualcosa, per il valore economico o magari soltanto per il suo valore affettivo, per riuscire a vincere le difese e a sottrarre ancora qualcosa, reiterando e aggravando il trauma».
L’attività dei truffatori non si è interrotta neppure in tempo di pandemia – sono invece sorte nuove variazioni sul tema, come ad esempio i falsi test e tamponi somministrati a domicilio e mai processati, i cui risultati non sono mai pervenuti agli interessati che hanno pagato inutilmente per poi restare nell’incertezza sul proprio stato di salute.
L’idea dello spettacolo nasce da una richiesta dell’associazione Passaparola che:
«Paradossalmente ma non troppo ha scelto di affidarsi a degli artisti che per professione inventano e recitano storie per contrastare l’azione dei maestri della truffa, abilissimi nel raggirare le loro vittime con trame immaginifiche, individuando i punti deboli e sfruttando a proprio vantaggio i meccanismi psicologici per indurre i malcapitati a cadere nell’inganno» ricorda Stefano Ledda.
“Sconfiggere i Ladri di Speranze, ovvero la Nonna che mangiò il lupo” privilegia la chiave dell’ironia, per sdrammatizzare senza però minimizzare la gravità del delitto, mettendo in luce i lati grotteschi della realtà per cercare – con il coinvolgimento del pubblico – le strategie migliori per difendersi da questi professionisti del crimine che hanno fatto dell’abilità nella mistificazione e della bravura nell’inventare e rendere credibili storie inverosimili una vera e propria arte. Per contrastare un fenomeno sempre più diffuso e limitare i danni, si possono adottare degli accorgimenti e dei comportamenti ispirati alla prudenza e alla consapevolezza del pericolo – anche se è evidente come in una società che ha consegnato i propri dati personali e “sensibili” al web è diventato fin troppo facile per chiunque scoprire informazioni “utili” per intessere un inganno.
Il mistero di come funzioni una mente criminale rimane, così come lo sgomento davanti alla totale mancanza di empatia da parte dei truffatori nei confronti delle loro vittime, fino al punto di trasformare la gentilezza in un’arma a doppio taglio – da un lato instrumentum delicti dall’altro elemento di vulnerabilità: al di là di tutto truffare il prossimo è un vero e proprio “lavoro” che implica impegno e fatica, anche se ovviamente esistono delle formule e delle tecniche già collaudate, aggiornate di volta in volta e adattate alla situazione – dalle truffe informatiche alle “vendite” telefoniche, i tradizionali “pacchi” scambiati, i contratti fraudolenti e le transazioni ingannevoli, fino agli ultimi ritrovati come i falsi test e tamponi in tempo di pandemia.
Un “mestiere” difficile e pericoloso (il Codice Penale stabilisce che «Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro») e, come ha sottolineato Stefano Ledda, per certi versi simile a quello dei teatranti (anche se forse consente maggiori guadagni), dal momento che si tratta di inventare storie e ingannare tramite artifici persuadendo la gente – il pubblico – che è vero quel che non lo è o lo è solo in parte, per mettere a nudo la realtà attraverso la finzione.
La differenza fondamentale sta nella finalità: nel teatro etica ed estetica si fondono, il gioco delle maschere avviene con la consapevolezza e la volontaria complicità del pubblico e l’indagine nei labirinti della mente e del cuore, talvolta nel lato più oscuro, fa emergere il conflitto tra il bene e il male e riporta al concetto di responsabilità individuale o libero arbitrio; i professionisti della truffa, invece, fanno leva sulle debolezze umane per trarne profitto – agendo sempre con dolo.
“Sconfiggere i Ladri di Speranze, ovvero la Nonna che mangiò il lupo” mostra attraverso l’arte della rappresentazione – con una serie di esempi tratti dalla vita, dalle cronache e dalle testimonianze delle vittime, in un gioco metateatrale in equilibrio tra amarezza e ironia, con un omaggio a Bernard-Marie Koltès – come si possano affrontare e sconfiggere i “lupi” che vagano per le metropoli o nello spazio virtuale della rete, cercando di introdursi nelle case e nelle esistenze altrui (e come sia facile cadere nell’inganno e occorra purtroppo stare in guardia) – per provare a riscrivere la trama della storia e “salvare” la Nonna della favola, che anzi scoprirà come difendersi da sé.
“Sconfiggere i Ladri di Speranze, ovvero la Nonna che mangiò il lupo” – nuova produzione del Teatro del Segno e del Teatro Impossibile, con drammaturgia e regia di Stefano Ledda è inserito nel progetto IMPARI(SI), voluto e finanziato dall’Assessorato delle Politiche Sociali, del Benessere e della Famiglia del Comune di Cagliari, con il patrocinio del Ministero dell’Interno, ideato dalla Cooperativa Sociale Passaparola per la prevenzione delle truffe ai danni degli anziani.