Quarant’anni fa il Terremoto che colpì Campania e Basilicata
Borrelli: “Sul tema della prevenzione stiamo lavorando moltissimo per ridurre e contenere quelli che sono gli effetti relativi al rischio residuo. Stiamo portando avanti azioni in diversi ambiti di intervento: il primo è quello della pianificazione e prevenzione civile”.Il Capo della Protezione Civile è intervenuto poco fa al quarantennale del terremoto dell’Irpinia, organizzato dalla Società Italiana di Geologia Ambientale e dalla Fondazione UniVerde.
E’ possibile scaricare l’intervento di Borrelli alla pagina Facebook https://www.facebook.com/Sigea.Societa.Italiana.di.Geologia.Ambientale/videos/185280223190818/
Valensise (INGV) : “In Italia i terremoti fanno tanti danni per la notevole vetustà del patrimonio abitativo, aggravata dalla sua notevole vulnerabilità, per la nebulosità delle norme che regolano o omettono di regolare la progettazione e costruzione di nuovi edifici e per la fragilità tipica dell’Italia”.
Pecoraro Scanio : “Dobbiamo puntare ad una ripopolazione, comunque sostenibile delle aree interne dell’Appennino e con la ripopolazione potranno ritornare in questi territori anche i servizi.
“Permettetemi il ricordo per chi non c’è più, per coloro i quali hanno subito e per la sofferenza che alcuni ancora hanno a distanza di decenni da quel terremoto. Noi dobbiamo lavorare affinché non accada più. Ricordiamo la sofferenza dei cittadini di quei territori per la scarsa capacità del sistema dei soccorsi. Da quel terremoto nacque la Protezione Civile nazionale ed è stata messa in atto la grande idea di Giuseppe Zamberletti che ha voluto mettere insieme, in modo organizzato la comunità scientifica, le istituzioni ed i cittadini.
Un’organizzazione che nel corso del tempo si è voluta e che ha fatto delle attività di prevenzione, di previsione, di gestione dell’emergenza la sua vocazione naturale.
E’ importante prevenire! Quell’evento dimostrò che nel nostro Paese c’era bisogno di avere abitazioni costruite in modo giusto e dunque iniziò tutta l’attività che poi avrebbe portato la Nazione all’aggiornamento delle norme tecniche sulle costruzioni, per la costruzione in sicurezza delle nostre infrastrutture ma anche ha portato a mettere in piedi il ciclo della gestione del rischio in termini di attività di Protezione Civile”.
Lo ha affermato il Capo Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli, intervenendo pochi minuti fa all’evento sul quarantennale organizzato dalla Società Italiana di Geologia Ambientale e dalla Fondazione UniVerde, “1980 – 2020 – 40 anni dal terremoto dell’Irpinia. Italia: il Bel Paese fragile da tutelare”.
La Protezione Civile lavora ad un sistema di allertamento.
“I terremoti non si possono prevedere anche se mi sono impegnato con Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv che ringrazio per avermelo proposto, nel finanziare progetti di ricerca che sono rivolti all’ individuazione dei fenomeni precursori dei terremoti. Si tratta di un percorso lungo ma noi non possiamo permetterci – ha proseguito Borrelli – di non finanziare la ricerca anche in questo campo. Sul tema della prevenzione stiamo lavorando, stiamo lavorando moltissimo per ridurre e contenere quelli che sono gli effetti relativi al rischio residuo. Stiamo portando avanti azioni in diversi ambiti di intervento: il primo è quello della pianificazione e prevenzione civile. Noi abbiamo bisogno di una pianificazione e prevenzione aggiornata che siano omogenee a livello nazionale e che utilizzino degli standard minimi e restituiscano delle informazioni, dei dati che possano essere gestiti attraverso sistemi automatici, delle tecnologie e strumenti di intelligenza artificiale. La pianificazione deve essere rivolta a conoscere e a diffondere la conoscenza di quello che è il livello di rischio su un territorio e anche a sviluppare la capacità di intervento in caso di un’emergenza. Stiamo lavorando anche ad un sistema di allertamento della popolazione. Si tratta di una piattaforma nazionale di allertamento che consentirà di fornire una serie di informazioni. Nel nostro Paese purtroppo non possiamo utilizzare il sistema di allertamento per i terremoti in quanto dal momento in cui si verifica la scossa fino a quando ci sono i danni non passano più di 30 secondi a differenza del Messico che è dotato di un sistema di allertamento, di prevenzione mediante allarmi comunicati con un sistema di sirene perché il terremoto si verifica in mare, ad esempio a Città del Messico, con due minuti di tempo per avvertire la popolazione. Noi stiamo lavorando comunque per utilizzare il sistema di allertamento in tutti i campi in cui sia possibile, dagli eventi idrogeologici agli eventi relativi ad altri rischi esistenti sul nostro territorio. Stiamo lavorando anche sul tema della conoscenza della cultura della prevenzione. Un’importante risultato conseguito quest’anno è quello dell’insegnamento, nell’ambito dell’Educazione Civica, della formazione di base in materia di protezione civile. Sono tutte attività che ci vedono sempre coinvolti”.
In Italia in media un terremoto disastroso ogni 4 – 5 anni.
“Perché ricordare un evento tragico come quello del terremoto dell’Irpinia? A cosa deve servire il ricordo? Nel nostro Paese dal 1861 al 2020 si sono verificati 36 terremoti disastrosi, in media uno ogni 4-5 anni. In particolare in Campania negli ultimi 2000 anni il catalogo dei terremoti riporta 62 eventi sismici con effetti uguale o maggiore al VI grado della Scala macrosismica (Mercalli-Cancani-Sieberg) – ha affermato Antonello Fiore, Presidente Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale – che hanno interessato 640 località (fonte Emanuela Guidoboni webinar Sigea del 20/11/2020).
Come si può comprendere l’Italia è geologicamente sismica e storicamente vulnerabile agli effetti dei terremoti.
Il terremoto dell’Irpinia per il numero di vittime, per gli effetti sul tessuto sociale, per gli effetti sul sistema economico e sul patrimonio edilizio si può considerare un “laboratorio”. Quella dell’Irpinia è un’esperienza tra memoria narrata e ricerche scientifiche e tecnologiche; una esperienza tra tragedia umana e sociale e ricostruzione inquinata dall’avidità di chi molto spesso prende tanto da tutti, senza restituire nulla a nessuno. Ricordare il terremoto del 1980 e i suoi effetti con eventi pubblici e dibattiti, come sta facendo in questi giorni la Sigea, vuole andare oltre quell’esercizio di memoria di gruppo. Il nostro intento è quello di mettere insieme testimonianze umane e testimonianze scientifiche, testimonianze che devono necessariamente stimolare un’analisi critica su cosa è stato fatto nel Paese per mitigare il rischio sismico e di conseguenza cosa non è stato fatto e perché. La nostra è una sirena di allarme che vuole annunciare gli effetti del prossimo terremoto e che chiede di riportare l’attenzione su uno dei più severi rischi geologici, si severo, molto severo con tutti coloro che non lo conoscono o lo sottovalutano per ignoranza o interessi speculativi”.
Ma perché in Italia i terremoti fanno tanti danni?
“In Italia i terremoti fanno tanti danni – ha affermato Gianluca Valensise, ricercatore dell’INGV – per la notevole vetustà del patrimonio abitativo, aggravata dalla sua notevole vulnerabilità, per la nebulosità delle norme che regolano o omettono di regolare la progettazione e costruzione di nuovi edifici e per la fragilità tipica dell’Italia. Sappiamo che determinati terremoti non superano quasi certamente i 50 anni di ritorno ma ovviamente non c’è mai la sicurezza. Quello che possiamo fare è intervenire sulla riduzione della vulnerabilità. Vediamo ad esempio la differenza tra ciò che è accaduto ad Amatrice, praticamente rasa al suolo e a Norcia che non subì praticamente danni da un sisma più forte di quello di Amatrice. La risposta è nella vulnerabilità e nella qualità dell’edificato”.
Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione UniVerde ha sottolineato l’importanza del recupero dell’Appennino.
“Il terremoto della Campania, Basilicata, ma anche gli altri terremoti che si sono verificati in Abruzzo, Marche, Umbria, sono terremoti che hanno colpito le aree interne. Lo stesso Covid – ha affermato Alfonso Pecoraro Scanio – questa esperienza pandemica, ha sottolineato e ci ha fatto scoprire l’importanza di recuperare le aree interne. Dunque il Recovery Fand che prevede risorse ingenti, impegnative, deve essere concentrato anche e soprattutto sul tema delle aree interne dell’Italia. Dobbiamo puntare ad una ripopolazione, comunque sostenibile di queste aree e con la ripopolazione potranno ritornare in questi territori anche i servizi”.