Andiamo alle origini. Sta per iniziare la stagione turistica, la Sardegna ha superato il primo step-covid in modo quasi indolore, un po di attenzioni, qualche contagio – solo la città di Sassari presenta qualche problema, il focolaio sembra essere circoscritto, il resto della grande provincia è pressoché immune. La politica a Cagliari inizia a pensare all’approssimarsi della stagione turistico balneare: il Presidente Solinas è cosciente della situazione della sua regione e vorrebbe mantenerla, almeno nello stato in cui è, se tutto procede in tal senso, si salva la stagione e l’economia regionale potrebbe anche non risentire più di tanto gli effetti della pandemia che è ormai conclamata non solo nella penisola ma anche in tutte quelle località estere dove limitrofe.
Forse per un errore di linguaggio Solinas commette l’ingenuità chiedendo l’istituzione di un passaporto sanitario indispensabile per chi vuole godere delle vacanze in Sardegna: salvati cielo, irrompe quel ministro addetto alle regioni sostenendo che la richiesta di Solinas è anticostituzionale, neppure una regione autonoma può permettersi di andare contro la Costituzione, e li polemiche a non finire, le opposizioni sarde a fare fuoco e fiamme contro la proposta Solinas, senza rendersi conto che il fuoco amico è sempre quello che fa maggior danno. A ben vedere, forse in maniera un po sprovveduta, il presidente della giunta regionale sarda chiedeva semplicemente una certificazione che entrasse nella sua regione, gente sana per godersi sacrosante vacanze in salute e poter così tornare alla loro città di residenze sani cosi come ne erano partiti.
Solinas perde la partita, forse avrebbe potuto bloccare le navi o, quanto meno cercare di fare lui la certificazione sottoponendo tutti gli arrivi a controllo sanitario e per non in regola chiedere la messa in quarantena. Cosa avrebbe provocato tutto questo far saltare tutta l’economia turistica di una stagione: La Sardegna poteva permettersi tutto questo?
Nulla, la gente è potuta entrare nell’isola come sempre, qualche effimero controllo e niente altro, il divertimento, come sempre. Le regole applicate per quanto possibile con i relativi investimenti ma in fondo per alcuni le cose non andavano così: un’orda di giovani si è riversata nel paradiso del divertimento e, con una relativa complicità dei gestori di un certo genere sono state allegerite le regole, e, in effetti focolai si sono anche generati in quegli ambienti. Quando poi qualcuno ha protestato cercando di porre riparo al danno ormai evidente sono arrivati gli strali del discotecaro internazionale che con la sua cruda arroganza ha praticamente infangato la nostra terra salvo poi essere lui stesso vittima di quel malanno che aveva preconizzato assente nel suo locale.
I giorni nostri. Report, trasmissione d’inchiesta della Tv di Stato salta fuori con delle interviste ad alcuni consiglieri regionali della Sardegna riprendendo il discorso discoteche-contagi-diffusione virus-autorizzazioni. In queste interviste pilotate, con un alto margine di malizia, da un conduttore sempre alla ricerca di scoop, spesso alla ricerca di spazzatura, qualche consigliere smaliziato se l’è cavata più o meno brillantemente, il più giovane e inesperto, forse immaginando di essere fuori onda si è lasciato andare a sostenere che c’erano state pressioni esterne per autorizzare impropriamente e senza alcuna cautela lo svolgersi di grandi feste nelle discoteche leaders del divertimento sardo: salvati cielo, la Sardegna da regione modello anticovid, girando la frittata diventa l’untore, il divulgatore di virus a livello, se non mondiale, almeno europeo.
Non so anche perché non ho certo io tutti gli elementi per dirlo ma, allo stato attuale, almeno da quanto appare sulla stampa, sembrerebbe che si sia trattato tutto di una bolla di sapone. Le discoteche sono state autorizzate ad una apertura limitata a poche giornate, le pressioni esterne ci sono state -questo è più che naturale- ma a fronte delle stesse ci sono dei pareri tecnici detti ma non detti, un virologo che dice, ho detto questo ma a titolo personale; ci siamo sentiti con il collega del comitato e siamo rimasti d’accordo… Oggi leggo da qualche parte, mi si perdoni se non cito la fonte, ma la cosa è comunque riscontrabile il comitato è composto da soli due membri, sarebbero dovuti essere in quattro ma due si sono dimessi, e, guarda caso i due rimasti sono quelli che si sarebbero consultati telefonicamente e dal loro colloquio ne è emerso un parere possibilista all’apertura delle discoteche incriminate.
La politica ha fatto bene o ha sbagliato in quella circostanza? Non è facile dirlo e tanto meno facile è condannare o giustificare il suo operato, certo è che almeno un beneficio è dalla sua parte: chiudere o non consentire, dopo un parere tecnico più o meno ambiguo, significava mantenere qualche centinaio di lavoratori nella loro attività.
Hanno fatto bene? Chi sa, la magistratura se pur lentamente farà le sue indagini, da qualche parte vi sono sicuramente delle responsabilità, se si accertasse che la politica ha fatto le cose con tutela allora Report Avrebbe la responsabilità del danno d’immagine e spero che chi ha sbagliato almeno per una volta paghi il valore del danno.
BT