Casu ‘e Babbu di Gianni Mele aderisce al neonato presidio Slow Food “Pecorino dell’Alta Baronia”. Un altro grande riconoscimento nei confronti di questa giovane azienda casearia lodeina, localizzata in territori di pregio quali il SIC Montalbo e la Riserva di Biosfera Unesco “Tepilora, Rio Posada e Montalbo”, che poco più di un anno fa è stata selezionata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche per Inno4Grass, un progetto europeo di tipo partecipativo, finalizzato all’innovazione, che unisce importanti organizzazioni di agricoltori, servizi di assistenza tecnica in agricoltura, istituti di istruzione e di ricerca di otto paesi europei: Germania, Francia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Svezia. Un’azienda innovativa ma con radici ben salde, che affondano nella profondità della tradizione casearia della Sardegna, esattamente nella regione storica della Baronia.
L’alta Baronia è una zona poco popolata della Sardegna nord-orientale, situata nel parco naturale dell’Oasi di Tepilora, una delle aree più rigogliose dell’isola. Si estende per oltre 100 mila ettari, a partire da 300 metri di altitudine, in un territorio semi montagnoso dominato dalla catena calcarea del monte Albo, la cui altezza massima raggiunge i 1000 metri. Ma l’alta Baronia è contraddistinta anche da distese di pascoli dove crescono lentischi e corbezzoli, tipici della macchia mediterranea e di cui vanno ghiotti gli ovini, che sono allevati per produrre il pecorino sardo a pasta semicotta.
In quest’area dalla vocazione agropastorale, per la conformazione del territorio, fino all’inizio del secolo scorso si allevavano al pascolo principalmente capre, con il latte delle quali si producevano formaggi che si barattavano con orzo e grano e con cui si pagavano gli affitti dei terreni. Solo più tardi i pastori iniziarono a introdurre nel loro gregge le pecore, con cui si produceva più latte e quindi più formaggio. Negli anni Cinquanta e Sessanta nacquero in alta Baronia due piccoli caseifici, che ritiravano e rivendevano le forme prodotte dai pastori, ma purtroppo fallirono presto, a causa del sopravvento di medi e grandi caseifici industriali, che ancora oggi pastorizzano il latte per la produzione dei più comuni pecorini reperibili specialmente nei banchi del supermercato.
Il pecorino dell’Alta Baronia è, invece, un formaggio a latte crudo, di forma cilindrica, con un diametro di 25-40 cm e un peso che varia dai 3 ai 10 chili. La pasta è di colore paglierino, lievemente grassa, compatta o di consistenza più scagliosa nelle forme maggiormente stagionate. Si distingue per la leggera occhiatura e la una crosta color nocciola, dura e con lievi rigature lasciate dagli stampi.
Si produce con il latte ovino intero, proveniente al massimo da due mungiture, che eventualmente si riscalda e a cui si aggiunge caglio di vitello. Quando la cagliata è pronta, si rompe in piccoli granuli, si semicuoce portandola a 42°C e si mette in forma. Pressando con le mani si fa fuoriuscire il siero e poi si sala. Durante la stagionatura le forme si rivoltano periodicamente, si puliscono con strofinacci e, dopo circa 4 mesi, si ungono con olio extravergine di oliva di produzione locale.
Il pecorino dell’alta Baronia è pronto dopo due mesi, ma può stagionare anche per più tempo. Al naso i sentori ricordano la macchia mediterranea e in bocca il sapore è persistente, dolce e dal piccante equilibrato. Si consuma come formaggio da tavola oppure da grattugia per condire primi piatti.
Stagionalità
Il pecorino dell’alta Baronia si produce da dicembre a fine giugno. La stagionatura minima prevista dal disciplinare del Presidio è di due mesi.
Presidio
In Sardegna si allevano circa tre milioni di pecore, il cui latte è venduto prevalentemente a caseifici cooperativi che lo destinano alla produzione di pecorino romano Dop e pecorino sardo Dop. Nel tempo la produzione dei formaggi si è massificata, la qualità si è banalizzata e il prezzo del latte è crollato.
Slow Food desidera dare un futuro alla pastorizia sarda e lo fa creando nuovi Presidi su formaggi legati al territorio che stanno rischiando di scomparire, come il pecorino dell’alta Baronia. Il sapere legato alla produzione di questo formaggio è custodito, infatti, da pochissime famiglie: solo più alcuni uomini hanno a cura il benessere e l’alimentazione dei propri animali, basata sul pascolo, per la produzione di un latte di qualità trasformato, a crudo e senza l’aggiunta da fermenti selezionati, nella propria azienda.
L’obiettivo di Slow Food è di ridare piena dignità alla pastorizia, valorizzare un formaggio straordinario e coinvolgere nel progetto nuovi produttori, che si dovranno impegnare a seguire il disciplinare di produzione del Presidio, per evitare che il pecorino dell’alta Baronia scompaia.