Quella di Marco e Michele, alias Gli Otium, è una musica d’autore che si muove in una dimensione di assoluta libertà e di ricercata completezza ideativa. L’ascoltatore, rapito dalla filosofia dell’otium, “ascolta-osserva” le molteplici sfumature della quotidianità, come se si trovasse davanti a un quadro dipinto da un grande pittore.
Nell’album di esordio “Nessun negoziato” il duo romano ha davvero tante cose da dire e le dice con il sorriso, l’ironia alla quale si ricorre quando diventa necessario scacciare la delusione per una realtà sempre più triste. La spensieratezza e il godibile aspetto divertente dei brani, tuttavia, non scalfiscono affatto, l’innata capacità del duo romano di rappresentare in musica la vera società in cui viviamo. Pertanto, i pezzi contenuti nell’album sono così…semplicemente schietti e disinvolti, lontani da ogni schema preconfezionato o da qualunque compromesso. Con uno stile non definito e spesso improvvisato, ma sempre vincente, Gli Otium ci accompagnano nel mondo delle emozioni, dei sentimenti e delle pulsioni che gravitano attorno ai personaggi raccontati in musica.
L’album si apre con Musica nel traffico che racconta la voglia di fuga di un automobilista e la sua necessità di evadere dalla snervante quotidianità, rifugiandosi nella musica.
Con la dovuta delicatezza e in modo spiritoso, si passa poi, all’argomento religione con Ciao sono quel Dio e Papa Francesco.
Il dittatore asiatico sfiora, invece, temi di politica internazionale, Il Candidato tratta ancora argomenti politici e di attualità. Più giocose sono, poi, Fighetta, Sofia e Buone feste.
Insomma un album di 14 magnifici brani caratterizzati da un unico obiettivo, quello di riuscire a suscitare emozioni descrivendo una realtà nuda e cruda, un vero e proprio ritratto dell’attuale momento storico in assoluta libertà e senza costrizioni stilistiche, sintattiche o grammaticali. Il tutto edulcorato con armoniose soluzioni testuali, una prosa riuscitissima e una deliziosa melodia pop, capaci di incantare anche l’ascoltatore più esigente ed esperto.
Sardegna Reporter li ha contattati per una chiacchierata sulla loro musica.
Benvenuti ragazzi,
Per i poeti latini l’otium sarebbe l’unica via che conduce alla felicità. Qual è il messaggio che vorreste far arrivare con la scelta di questo nome?
Alla frenesia preferiamo la calma, all’azione opponiamo la contemplazione. Non è un messaggio, piuttosto (che bello usare in modo appropriato l’avverbio) un invito a fermarsi, anche solo ad ascoltare ciò che è altro da noi e che magari si nasconde dentro di noi. L’otium ‘conduce’ alla felicità anche solo nel senso che ci consente di vederla intorno a noi.
“Nessun negoziato” è un album caratterizzato da uno straordinario spirito di libertà, lontano da qualsiasi compromesso. Nessuna inclinazione musicale, forma verbale o condizionamento stilistico di alcun tipo. E’ quasi come se foste dei pittori che creano le proprie opere a partire da una tela bianca. Prima scelgono i colori, poi il soggetto e successivamente tutto il resto, perché la vera arte, alla fine, è riuscire a creare dal nulla, seguendo soltanto il proprio estro creativo. Cosa ispira le vostre canzoni?
Riteniamo che la bellezza sia nelle cose, nelle persone, e che gli artisti abbiano solo il compito di saperla descrivere, disegnare nel miglior modo possibile con le nostre parole e con i nostri colori.
Un avvocato e un commercialista, come e quando decidono di formare un duo musicale?
Non lo abbiamo mai deciso! In realtà non ci abbiamo mai pensato. Ci siamo conosciuti un giorno per caso, e per caso c’era una chitarra tra di noi, da cui sono nate e continuano a nascere, canzoni.
“Ciao sono quel Dio” e “Papa Francesco” due brani in cui trattate il tema della religione. Che rapporto avete con il “vostro” Dio?
Diciamo che il tema della religione è entrato in queste due canzoni, più o meno senza che lo decidessimo. Bisogna dire tuttavia che la figura di Francesco, in generale, impone in ognuno di noi, prepotentemente, una riflessione intorno alla questione della fede in generale, in particolare della propria fede. In ogni cristiano e non solo.
“Anita”, “Buone feste” o “Fighetta”, dietro le vostre canzoni c’è sempre una “nuance” spiritosa e spigliata. Una sottile ed intelligente vena ironica che ammalia l’ascoltatore dalla prima all’ultima canzone. L’ironia è parte integrante anche della vostra quotidianità?
L’ironia è la migliore arma di difesa che abbiamo nei confronti della parte peggiore di noi stessi e degli altri, e persino delle disgrazie. Un antidoto naturale contro la superbia, la prepotenza, la noia, e contro qualsiasi forma di dittatura. La coltiviamo, cercando di non degenerare nel sarcasmo.
Un aneddoto divertente della vostra carriera artistica?
Una volta siamo partiti in macchina, tenda e chitarra per una breve estemporanea disorganizzata fuga verso lidi pugliesi. Abbiamo ‘caricato’, vicino Benevento, una ragazza che è rimasta talmente rapita dal nostro rissoso improvvisato metodo di composizione, che si è dimenticata di dirci dove doveva scendere e.. Siamo arrivati insieme in Puglia. Ci siamo fatti 3 splendidi giorni di risate, musica e mare. Ps, dovemmo riconoscere ad Alessandra i diritti per il brano che ne è nato!!
In ogni brano dell’album gridate forte il vostro punto di vista contro l’ormai diffuso pensiero omologante. Pensate che i contenuti creativi dei vostri testi possano contribuire ad attenuare il disagio sociale?
Il confronto è fonte di disagio, tra due persone come tra gruppi all’interno di un contesto sociale, ma il disagio è un passaggio dialettico necessario al fine di giungere ad una soluzione, che è sintesi di diverse e contrapposte esigenze. Nei nostri testi diamo un punto di vista, anche gridato, ed è il mestiere di noi animali sociali, quello di cercare, attraverso una presa di posizione, un confronto.
A quale delle vostre canzoni vi sentite particolarmente legati e perché?
Le nostre canzoni sono come figli e siamo loro affezionati, vuoi per il momento in cui sono nate, per quel che intendevamo dire, e in generale per quella parte di noi che è in loro, anche nei difettacci e nei limiti che hanno. La verità è che ognuno di noi ha le proprie preferenze ma non le confessa a se stesso, all’altro e.. agli altri!!
Chi ha creduto in voi fin dall’inizio?
Il nostro produttore discografico, le rispettive mamme, un signore veneto conosciuto sulla spiaggia in Sardegna un’estate, una coppia di amici che ci hanno ospitato nella loro splendida radio di cui non faccio il nome, una collega di cui pure non facciamo il nome anche perché non lo ricordiamo… un po’ anche noi stessi!
Una musica, la vostra, difficilmente etichettabile, provate comunque a descriverla…quali aggettivi potreste utilizzare?
Quelli che si usano con un amico per una ragazza che non risponde a usati canoni di bellezza e sai perfettamente che nessuno può trovare attraente, ma la incontri per strada un giorno e.. la notte non riesci a dormire e ti ritrovi a pensare a lei ogni 5mn…
La canzone che avreste voluto scrivere
Abbiamo una sessantina di bellissime canzoni che abbiamo catturato, persino abbozzato, ma per la nostra proverbiale indolenza. non scriviamo mai. Una in particolare parla dell’attuale sgangherata cagnara di stampo pseudosociologico che c’è sul populismo… Ma c’è tempo e, per quanto ci riguarda…nessuna fretta!
Una domanda scontata, ma immancabile…qualche anteprima sui progetti futuri?
Ci siamo iscritti ad un concorso, un po’ per caso, e comunque continuiamo a scrivere e arrangiare canzoni, disorganizzatamente.
Abbiamo organizzato per la prossima primavera, un concerto sulla luna ed uno a new york nel 1978 (per entrambi l’ingresso è gratuito ma non le spese di viaggio) . E se il nostro discografico soffre ancora della seria patologia psichica da cui era affetto quando ci ha scritturato… pubblicheremo un nuovo album nel 2020!
Grazie per la disponibilità e per averci fatto sorridere con la vostra simpatia.
Sabrina Cau
Photo Credit:Laura Camia