“La situazione della suinicoltura, al pari di quella di numerosi altri settori del primario, è profondamente mutata in seguito alle ripercussioni della pandemia del Coronavirus; le misure restrittive messe in campo per contenere l’epidemia, infatti, non hanno fatto altro che aggravare la situazione degli allevamenti, stretti nella morsa tra l’aumento dei costi di produzione, legati in particolare all’alimentazione e alla maggior permanenza degli animali in allevamento, e il calo dei prezzi a loro riconosciuti, stimabile in una forbice che va dal 30% al 50%, che hanno colpito in particolare le produzioni a denominazione d’origine”. Lo ha sottolineato la Copagri, intervenendo all’odierno webinar “La competitività della filiera suinicola: strategie e strumenti a supporto del rilancio della filiera nazionale”, organizzato dalla Rete Rurale Nazionale.
Secondo la Confederazione Produttori Agricoli, “è necessario prendere atto di questi mutamenti, che lasciano presagire l’inizio di una fase di crisi strutturale, più che congiunturale, e intervenire attraverso un ‘nuovo patto di filiera’ che coinvolga le istituzioni e tutti gli attori del comparto nell’ambito del Tavolo suinicolo; tale intesa, nell’alveo delle recenti normative comunitarie in materia di sostenibilità, deve andare a promuovere un cambio di paradigma che porti a parametrare i volumi produttivi alla capacità di assorbimento del mercato”.
“Allo stesso tempo, bisognerà poi ragionare sull’avvio di un Sistema di qualità nazionale, che attraverso un apposito marchio vada a certificare e contestualmente a valorizzare tutti i tagli di carni suine, e prevedere una serie di deroghe riguardanti le superfici garantite agli animali negli allevamenti e l’aumento del peso dei suini, motivabili entrambe con il minor numero di macellazioni legate alla contrazione dei consumi”, ha osservato la Copagri.
“Promuovere la filiera suinicola è fondamentale, in quanto il nostro Paese è fortemente deficitario di carne suina, con un tasso di autoapprovvigionamento pari al 62% in quantità, e si trova in una posizione in cui esporta 6mila tonnellate a fronte di 80mila tonnellate importate”, ha concluso la Confederazione, spiegando che “solo con un vero cambio di paradigma, accompagnato da un lavoro finalizzato a dare liquidità e ossigeno alle aziende, si potrà promuovere la suinicoltura”.