Pur considerando le condizioni metereologiche estreme non si può nascondere che Il dissesto idrogeologico in Sardegna, come sull’intero territorio italiano, è figlio di una gestione inadeguata del territorio, e del grave ritardo negli interventi di messa in sicurezza, della mancanza di un attento monitoraggio e di opere di prevenzione delle situazioni a rischio determinate, e soprattutto della folle antropizzazione con la realizzazione di insediamenti, spesso selvaggi, e di infrastrutture, spesso inutili o inadeguate, ed interventi sconsiderati su corsi d’acqua.
Dopo gli appelli e le promesse degli scorsi anni nulla è stato messo in cantiere ed oggi si torna ad attribuire alle “mutate” condizioni del clima quanto avvenuto.
Niente di più falso; nulla è imprevedibile ed i dissesti sono la conseguenza delle azioni del passato.
Canali e fiumi sono spesso deviati, tombati, per far spazio ad opere insostenibili, incanalati in improbabili opere idrauliche ove l’unico interesse è quello di accaparrarsi parcelle e vendere sistemi di protezione spesso inadeguati. C’è carenza di normative che stabiliscano con chiarezza le competenze tra regione, province e comuni, sulle aste fluviali principali e veti ambientalisti ideologici vietano la ripulitura degli alvei, il consolidamento strutturale degli argini e il prelievo di inerti, tutti elementi che nel tempo, in assenza di adeguata manutenzione, determinano pericolose esondazioni.
Per non parlare degli interventi preventivi, della assenza di vasche di espansione e delle polemiche sulle scelte progettuali; ma nel frattempo molte zone industriali, aree che ospitano grossi centri commerciali, infrastrutture viarie e decine di altri siti a grave rischio esondazione, ma nulla si programma, nessuno interviene.
Oggi la tecnologia mette a disposizione strumenti per realizzare complete reti di monitoraggio automatico di fiumi, torrenti e bacini, che possano prevedere le situazioni di pericolo ed allertare la popolazione al minimo rischio di esondazione; e sistemi di pronto intervento in emergenza che in poche ore consentono di costruire argini artificiali e sbarramenti per la protezione delle aree a rischio.
E’ compito delle Regioni e della Protezione Civile dotarsi con urgenza di questi sistemi di protezione, ma spesso le pastoie burocratiche e ritardi programmatori impediscono l’assunzione di strumenti di grande efficacia che, a costi dieci volte minori rispetto al ripristino dei danni, consentono di controllare in continuo i fenomeni atmosferici e naturali, proteggere le aree a rischio, prevenire e scongiurare morti e devastazioni.
Fondamentale, infine, che il cittadino torni ad occuparsi, in prima persona, del controllo del territorio, del monitoraggio, per individuare le piccole e grandi criticità ambientali, non delegando solo a politici, amministratori e funzionari pubblici la migliore gestione dell’ambiente, ma contribuendo con una attenta e costante “vigilanza” ad una corretta e coerente programmazione degli investimenti.
Ed al prossimo dissesto idrogeologico non prendiamocela di nuovo con la pioggia!