Roma negozi vuoti. In centro affari fermi, i commercianti: “Mezze misure inutili, serve chiarezza”
Tanto che, insieme a quello del lungomare di Ostia, il caso è finito dritto sul tavolo del Comitato per l’ordine e la sicurezza che proprio in queste ore sta mettendo a punto ulteriori misure di contenimento. Non solo al livello delle Prefetture, però, perché sembra che anche il Governo nazionale stia riflettendo sulla possibilità di chiudere tutto durante il sabato e la domenica, inaugurando un lockdown per adesso ristretto al fine settimana ma allargato a tutto il Paese. ‘Ma tutta quella gente non era qui per fare acquisti, a noi non è cambiato praticamente niente’, dicono con voce quasi unanime i negozianti dell’area.
Loro da mesi sentono parlare della necessità di salvare salute ed economia, una visione che guida l’operato del Governo nelle chiusure localizzate e nelle limitazioni degli orari di bar e ristoranti. Sono pochi i commercianti che hanno voglia di parlare. Non certo chi lavora per i grandi marchi internazionali, ma talvolta anche i titolari si trincerano dietro le vetrine.
Qualcuno si lascia scappare che ‘se richiudono tutto un’altra volta, allora venissero pure a prendersi le chiavi’, qualcun altro, invece, auspica subito un lockdown generalizzato per poi magari ritrovare un po’ di respiro sotto Natale. Già, perché la paura più grande adesso é che queste feste siano un altro fallimento, un altro duro colpo da incassare dopo un 2020 davvero drammatico.
“Queste mezze misure sono totalmente inutili, serve un lockdown totale di due settimane”, ci dice il titolare di un laboratorio orafo su via Vittoria, quasi all’angolo con via del Corso. Lui da lunedì si é trovato il negozio circondato da un cantiere. “E nessuno mi ha avvisato e ora devo fare i conti anche con la chiusura della strada. Per quanto mi riguarda, queste continue chiusure e aperture, questi cambiamenti quasi quotidiani non servono a niente, non hanno senso.
Sto qui a contagiarmi inutilmente e a rischiare, perché da quando hanno chiuso i locali qui alle 18 c’è un coprifuoco preoccupante. La famosa domenica della vergogna? Stanno qui ma non comprano”, risponde. Stesso sentimento per chi gestisce il negozio di scarpe di fronte. “Da quando è partita questa serie di Dpcm il lavoro si è completamente fermato. Prima almeno riuscivamo a sostenere le spese- spiega all’agenzia Dire- adesso per noi sono solo uscite e i contagi aumentano comunque.
Meglio allora un blocco totale, con i dipendenti in cassaintegrazione e magari un accordo sull’affitto con il proprietario delle mura. Queste mezze chiusure sono una cosa veramente inutile”. Anche per lei, la folla dello scorso weekend è stata “solo struscio, senza comprare. Ora la massa scopre che oltre ai centri commerciali ci stanno via del Corso e la spiaggia”.
E il Natale? “Se non lo fanno adesso, mi auguro che chiudano per le feste, perché nessuno controllerà niente. Dovevano deciderlo a inizio novembre, chiudere tutto dal primo Dpcm, ora avevamo già finito e magari da qui a Natale lavoravamo”. Anche il titolare di un negozio di abbigliamento lungo via Vittoria si chiede ‘perché non ci hanno chiuso completamente. Preferirei che ci facessero chiudere 15 giorni adesso per lasciarci lavorare un pochino durante il periodo di Natale.
Queste continue notizie non fanno altro che creare stress in noi che abbiamo l’attività e disorientano le persone che non sanno come comportarsi. Allora facciamo scendere i contagi chiudendo tutto e poi cerchiamo di gestire in maniera diversa la riapertura. Ma se ci fanno chiudere- riflette- lo Stato é costretto ad aiutare nuovamente chi é colpito. Pero’ cambia poco, perché noi il primo segnale di calo lo abbiamo avvertito col l’obbligo delle mascherine anche all’aperto, poi un segnale grosso è arrivato con la chiusura di bar e ristoranti alle sei del pomeriggio. Certo, chiudere il sabato e la domenica sarebbe ancora peggio”.
Al punto di vista dei titolari, però, si aggiunge quello dei brand internazionali. Dalla loro hanno la possibilità di mettere a punto strategie promozionali ma anche di vendita mista, tra il negozio fisico e l’e-commerce. Sono diversi infatti quelli che danno ai clienti la possibilità di vedere e provare in negozio e poi di ordinare direttamente li’ un capo fresco di magazzino, che nessuno ha mai provato. Un modo, non per tutti fattibile, per riconquistare una clientela locale, visto che i turisti non ci sono.
‘Noi siamo internazionali, di solito le nostre vendite sono per il 70% a europei ed extraeuropei- ci racconta una lavoratrice di un noto brand Made in Italy su via del Corso- La chiusura dei ristoratori e del cosiddetto ‘passeggio alimentare’ per noi è stata una tragedia, ma ci siamo adattati agli orari e anticipiamo la chiusura, in modo da risparmiare un po’. Però crediamo che chiudere adesso per aprire a Natale non sia la soluzione, bisogna mantenere una continuità. Adesso chi vende tanto è l’e-commerce e anche noi ci siamo adattati, con i nostri speedy boys dal negozio portiamo direttamente la merce nelle case dei clienti. È cambiato l’approccio alla vendita e credo che sarà cosi’ anche dopo il Covid’.
Poco più in là, verso piazza Venezia, c’é un negozio di giochi attivo dal 1983, prima in via Frattina, ora in via del Corso. ‘In 37 anni non abbiamo mai vissuto una crisi così- dice Pacifico, il proprietario- ma il terrore è uno solo: possiamo chiudere anche sei mesi, ma se il giorno dopo che riapriamo continua questa inciviltà che regna sovrana stiamo da capo a dodici, come si dice a Roma. Servono provvedimenti severi per chi va in giro senza mascherina e non rispetta le distanze’.
Il riferimento e’ a quella famosa fotografia scattata lo scorso weekend e finita sulle pagine di tutti i giornali. “La gente viene qui a spasso, ma non entra nei negozi. Ormai è terrorizzata, non sa che cosa succederà e sta sulla difensiva. Cosa chiedo al Governo? Decisioni chiare e nette– risponde- e non scelte che di giorno in giorno creano confusione e terrorismo mediatico, disorientando le persone.
Che sia una situazione difficile siamo d’accordo, ma quello che rimprovero al Governo sono 6 mesi di inefficienza, illudendoci che il peggio fosse passato e ignorando completamente i suggerimenti che arrivavano. Non hanno preso nessun provvedimento, invece del bonus monopattini potevano fare un ampliamento ospedaliero, forse oggi staremmo meno peggio”. “La vede via del Corso?- ci domanda il titolare di un negozio di occhiali indicando la strada quasi vuota- Sono solo da marzo 2020, siamo all’11 novembre, sono 7 mesi che tutti i miei dipendenti sono in cassa integrazione. Le persone si stanno impoverendo, le aziende si stanno indebitando. Servirebbe una cosa che in Italia per questione di immagine e di pseudo-democrazia non si fa: chiudere tutto il Paese e fare tamponi a tutti.
E invece è una continua campagna elettorale, la gente non ce la fa più. Ma lo sappiamo che stanno facendo questo lockdown in pillole perché hanno paura che la gente torni in strada’.
Prendendo via Frattina, si ha la percezione che questa sia una delle strade più colpite dalla crisi Covid-19, tanto che qualcuno dice che qui hanno abbassato le saracinesche 26 esercizi commerciali. Entriamo in un negozio di ceramiche, qui dagli anni Sessanta. Non c’é il titolare, ma i commessi ci spiegano perché è meglio non chiudere. Per noi significa cassa integrazione. Stare a casa ci salva dal Covid, ma ci penalizza in un altro senso, lo abbiamo già visto, con la cassa integrazione che non arrivava.
Forse così l’economia continua a girare- dicono- crediamo che quello delle chiusure dove serve sia un discorso molto intelligente. Certo, trovarci a chiudere sotto le feste di Natale sarebbe drammatico, ma è anche vero che le persone non acquistano e ormai gli incassi sono compromessi, perché nessuno compra senza sapere se potrà portare un regalo a una persona o se salterà anche il cenone’.
Nicoletta Di Placido
Fonte: Agenzia Dire – www.dire.it