Un amore sbocciato tra due giovani impegnati sul fronte della Resistenza negli anni della seconda guerra mondiale riaffiora dal passato, riportando alla luce antichi ricordi, ma anche pregiudizi e paure: un segreto legato a quei giorni eroici vissuti intensamente e pericolosamente, rischiando la vita in nome di un ideale, mette uno dei protagonisti a confronto con le scelte compiute in quel periodo drammatico e cruciale per il destino del Belpaese.
Un incidente stradale rompe la tranquilla routine di una coppia e da quegli istanti di ansia e timore dell’irreparabile scaturisce un’imprevista rivelazione, una sorta di confessione, con l’urgenza di una verità che non possa più essere taciuta o nascosta: la degenza in ospedale diventa l’occasione di un singolare bilancio “familiare”, dove insieme all’affetto e al rispetto reciproco, alla conquistata serenità e all’amorevole fiducia si prova a misurare anche il grado di felicità (o infelicità).
Quasi come se il tempo si fosse fermato, un uomo rivive come in un flashback i frammenti della sua esistenza, tra l’entusiasmo e la ferocia, la baldanza giovanile, rammentando quella “trasgressione” alle regole e alle convenzioni, quell’intimità tra guerrieri consentita nell’imminenza del pericolo ma non più accettata nel ritorno alla normalità. La fine della guerra coincide con un addio, un distacco doloroso ma “necessario” nell’ora della pace, quando la libertà riconquistata per un intero popolo vale forse il prezzo della rinuncia a quell’altra libertà individuale, al diritto di essere davvero se stessi invece di fingere per sé e per gli altri, soffocando le proprie inclinazioni per evitare lo scandalo.
Una decisione crudele, quasi un’autocensura del sentimento, la cui conseguenze, nel bene o nel male, coinvolgeranno i vari personaggi del romanzo: chi tradisce se stesso finisce con l’ingannare e tradire perfino coloro che gli stanno più a cuore, quando la rude schiettezza degli uomini in armi e lo spirito di avventura lasciano il posto ad un bisogno di tranquillità a costo di (re)indossare per sempre una maschera. Un improvviso bisogno di sincerità infrange il silenzio di anni e quasi a voler ricucire antichi legami a costo di risvegliare il dolore di vecchie ferite, il protagonista compie quel gesto semplice ma insieme difficilissima che fino a quel momento aveva esitato a compiere, conscio della sua irreparabilità: ristabilire i contatti, far incrociare di nuovo due vite parallele, significa anche fare i conti con quel che si è stati – e si è diventati.
“Un altro candore” ripercorre l’epopea novecentesca della Resistenza, con una chiave di lettura contemporanea, lasciando emergere caratteri e personalità di donne e uomini impegnati sul fronte di una guerra civile e i loro destini, intrecciati in quei mesi duri e terribili, in cui nascevano passioni e amicizie, e di nuovo separati, secondo traiettorie imprevedibili.
Cinquant’anni dopo Claudio Bonetti si rimette sulle tracce di un amore impossibile, e a quella pagina di storia per qualcuno (quasi) dimenticata appartengono anche le vicende di «Sebastiano, che da bambino prova il brivido di uccidere, poi cresce, tradisce e controlla che gli angeli dormano nel suo armadio» e Cristina, partita in cerca di fortuna, costretta a fare i conti con il passato al suo ritorno, mentre negli anni della pace, tanto agognata e finalmente ottenuta, con sangue e sacrifici, le contraddizioni del presente contrastano con le illusioni perdute della giovinezza.
Giacomo Verri (classe 1978) insegnante e scrittore, autore di “Partigiano Inverno” (finalista al Premio Calvino 2011) e dei “Racconti partigiani”, in “Un altro candore” si confronta ancora una volta con la Resistenza e con alcuni dei nodi irrisolti della storia italiana del Novecento. «La passione per la Resistenza nasce da alcune mie vicende personali» – rivela l’autore: «alle elementari ho avuto come maestra Nadia Moscatelli, una delle figlie del celebre comandante partigiano Cino Moscatelli. Da lì è nata la curiosità di saperne di più, poi sono venute le letture, le interviste, le ricerche».
L’ispirazione per il romanzo è stata (quasi) casuale – spiega Giacomo Verri: «lo spunto è venuto da un racconto che scrissi per la rivista dell’Istituto storico di Bergamo. Non so come, ma l’immagine che ne venne fuori fu quella di una coppia di partigiani omosessuali. Mi apparve da subito così fresca rispetto alle stereotipate rappresentazioni della Resistenza…». Un’ipotesi in fondo non tanto irrealista e straniante, su un amore in tempo di guerra, divenuta la trama di un romanzo: «le storie si raccontano prima di tutto perché si pensa possano essere belle, interessanti, utili» – sottolinea l’autore. “Un altro candore” permette attraverso una vicenda immaginata ma verosimile di analizzare da una prospettiva inusuale la temperie culturale, politica e sociale dell’Italia nella prima metà del Novecento, soffermandosi su un periodo cruciale del ventesimo secolo ma anche di “fare il punto” sulla «percezione odierna dell’omosessualità nella storia della Resistenza – per misurarne la temperatura e le reazioni nel pubblico» – afferma Giacomo Verri. «Il tema penso sia molto attuale, poiché c’è ancora parecchia strada da fare. Rileggere il passato con la sensibilità contemporanea serve non tanto a capire meglio qualcosa del passato, quanto a capire meglio qualcosa del presente, serve a capire quale strada sia stata imboccata e perché, e forse anche a comprendere dove stiamo andando».
Un aneddoto – curioso ma per certi versi emblematico – dimostra come a dispetto del fatto che siamo ormai nel terzo millennio certi pregiudizi e certi schemi mentali siano ancora profondamente radicati nel comune sentire: «quando è stato il momento di scegliere l’immagine di copertina – racconta Giacomo Verri era venuta fuori la possibilità di mettere una foto di una coppia di partigiani delle mie zone. Partigiani non omosessuali. Però poi ho dovuto virare altrove perché mi è stato detto che ci sarebbe stata la possibilità che quei partigiani – ora novantenni ma ancora in forze – sarebbero potuti venire a cercarmi col fucile.. si fa per dire, ma si capisce quale sarebbe potuta essere la reazione…».
«Nel romanzo ho voluto indagare le libertà potenziali che la Resistenza aveva prospettato e che non sempre gli anni postbellici hanno saputo realizzare» – afferma Verri. «In “Un altro candore” non tratto tanto delle libertà politiche e sociali per le quali i combattenti avevano lottato, ma mi soffermo piuttosto su quelle libertà individuali che non erano il primo obiettivo della Resistenza e con queste libertà secondarie – prima fra tutte l’omosessualità -occorre fare i conti, oggi».
Il nuovo romanzo segna un’evoluzione, se non una mutazione stilistica, nella cifra di Giacomo Verri: «Lo stile è sempre stato un mio grattacapo. Nel mio primo romanzo, la lingua è addirittura un personaggio del romanzo stesso, una lingua labirintica, niagarica, espressionistica, piena di neologismi e di lessico della tradizione. In “Un altro candore”, invece, tutto è cambiato: la lingua è, almeno negli intenti, limpida, essenziale, specialmente nelle scene ambientate negli anni Novanta, quasi ridotta all’osso. Lo stile diventa così il correlativo oggettivo di una ricerca, quella dell’essenziale della vita». Tra i suoi riferimenti letterari, lo scrittore piemontese ricorda l’autore de “Il nome della rosa”: «Il primo maestro è stato Umberto Eco, poi Fenoglio, poi gli americani. Alla scrittura sono arrivo per gioco, per scommessa con me stesso. Come sfida per vedere che cosa riuscivo a tirare fuori da alcune storie della mia valle, la Valsesia»
I PROSSIMI APPUNTAMENTI
“Legger_ezza” 2020 prosegue – in rete – fino a dicembre, per un’indagine “letteraria” sulle “Discriminazioni di genere, violenza e bullismo” di ieri e di oggi, con una particolare attenzione alle forme di abuso e emarginazione che colpiscono giovani e adolescenti (ma non solo).
Slitta a martedì 10 novembre alle 18.30 la presentazione (in diretta sulla pagina Facebook del Cedac Sardegna e poi su You Tube) di “Parità in pillole. Impara a combattere le piccole e grandi discriminazioni quotidiane” – il libro della formatrice, attivista e scrittrice Irene Facheris che rappresenta una preziosa guida per orientarsi tra segni e comportamenti contraddittori e ambigui del presente, per individuare ipocrisie e ingiustizie.
Incontro in giallo – venerdì 13 novembre alle 18.30 con “Quattro bravi ragazzi. Storie di ordinario bullismo” di Lello Gurrado, dove un’indagine su alcuni delitti riporta alla luce antichi episodi di violenza, con un dialogo tra l’autore e Salvatore Bandinu mentre giovedì 19 novembre alle 18.30 si parla di “Ai sopravvissuti spareremo ancora”, romanzo d’esordio di Claudio Lagomarsini su «una tragedia di provincia» che ha radici nella tradizione patriarcale nell’incontro coordinato da Nicola Girau. Infine – venerdì 11 dicembre alle 18.30 – “L’imitazion del vero” di Ezio Sinigaglia in cui si intrecciano arte e passione – in un’opera che «sfida le regole della sintassi e della morale» per restituire in un italiano arcaizzante l’arguzia di una novella del Boccaccio: in rete il dialogo tra l’autore e lo scrittore Alessandro De Roma.
“Legger-ezza” del CeDAC riparte dalla letteratura per raccontare il presente, mettendo l’accento sulle derive pericolose delle discriminazioni e del bullismo, sui riflessi di una civiltà patriarcale e sulla fragilità dell’età adolescenziale a fronte di un’evoluzione culturale e sociale e di una sempre maggiore consapevolezza tra le giovani generazioni– frutto di decenni di lotte in difesa dei diritti umani – con un’antologia di titoli che spaziano dalla saggistica alla narrativa, dall'(auto)biografia al giallo al noir.
CeDAC – Legger_ezza 2020
Un altro candore
di Giacomo Verri
- Nutrimenti
- 256
editore Nutrimenti – collana Greenwich
Prima edizione ottobre 2019
ISBN: 978-88-6594-684-8
La cittadina di Giave è un piccolo cuore pulsante in un immaginario Nord Ovest d’Italia. Qui, una sera d’inverno, una donna è investita da un’auto sulle strisce pedonali. Il ricovero in ospedale è l’occasione per tirare fuori vecchi ricordi e fare a suo marito una proposta che sconvolgerà la loro esistenza. Così, cinquant’anni dopo, Claudio Benetti rispolvera il suo passato di partigiano, sui monti della Valsesia, sanguinoso e violento, e un amore del tempo di guerra, troppo diverso per non essere impossibile. Ed è nella narrazione di pochi giorni cruciali sparsi tra gli anni Quaranta, Settanta e Novanta del secolo scorso che si snodano le vite dei protagonisti del romanzo, le cui storie, intrecciate fra loro, fioriscono nella Resistenza per poi seguire traiettorie imprevedibili. Come avviene a Sebastiano, che da bambino prova il brivido di uccidere, poi cresce, tradisce e controlla che gli angeli dormano nel suo armadio; o a Cristina, che parte alla ricerca di fortuna, infine torna, fa i conti col passato e tiene accanto al divano delle vecchie palle da bowling. E poi, come rami giovani di un albero antico, germogliano gli altri personaggi, immersi in un tempo di pace ma di illusioni scolorite.
Un altro candore racconta l’intimità quando non è ordinaria, sovverte le regole e dilaga oltre i confini. Un romanzo sospeso tra storia e finzione, un dedalo di vite annodate in un’unica trama che affonda le radici negli anni tempestosi e gravidi di futuro della Resistenza.
Giacomo Verri è nato nel 1978 a Borgosesia (VC), dove vive e insegna lettere nella scuola media. Ha esordito con il romanzo Partigiano Inverno (Nutrimenti, 2012), con cui era stato finalista al Premio Calvino, e ha pubblicato la raccolta Racconti partigiani (Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2015). Nel 2019 ha pubblicato per Nutrimenti Un altro candore.