Legionella al Policlinico di Bari. Dopo il primo decesso di due anni fa la struttura non avrebbe adottato “alcuna misura di controllo e bonifica per l’eliminazione del batterio”.
La procura barese che ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri del Nas, ha iniziato a indagare dopo i decessi di alcuni pazienti. Secondo l’accusa non sarebbero state attuate le misure necessarie a prevenire la diffusione del batterio.
Gli indagati sono cinque e rispondono a vario titolo di omissione d’atti d’ufficio e morte come conseguenza di altro reato. Si tratta del direttore generale Giovanni Migliore, del direttore sanitario Matilde Carlucci, del direttore amministrativo Tiziana Di Matteo, del vice direttore sanitario Giuseppe Calabrese e del capo dell’area tecnica, Claudio Forte.
Secondo quanto si legge nelle 14 pagine del decreto firmato dal gip, dopo il primo decesso avvenuto il 10 giugno di due anni fa, la struttura ospedaliera non avrebbe adottato “alcuna misura di controllo e bonifica per l’eliminazione del batterio, la cui presenza era stata accertata nell’acqua prelevata dai rubinetti del reparto di Medicina interna Frugoni”.
Gli indagati avrebbero “omesso di redigere e attuare, nell’ambito delle procedure per la prevenzione e controllo della legionellosi deliberate nel maggio 2019, l’analisi del rischio, il piano di sicurezza delle acque e il registro delle manutenzioni”, atti ritenuti “urgenti per ragioni di igiene e sanità pubblica”.
Questo – secondo la Procura di Bari – avrebbe causato la morte di altre tre persone avvenute il 6 maggio e il 26 novembre 2019 e il 7 agosto scorso. Tutti erano ricoverati nei reparti di Reumatologia universitaria, Medicina fisica e riabilitazione, nel padiglione Asclepios e nel reparto Frugoni del Chini.
I reparti ospitati nei due padiglioni restano “in funzione” e “possono essere utilizzati da tutti gli utenti, personale e degenti, in modo da garantire il normale svolgimento dell’attività sanitaria sinora in corso al loro interno”. La facoltà d’uso potrebbe “essere revocata nel momento in cui ci si renda conto che l’infezione di legionella in tali ambienti è così grave e diffusa da dover implicare la chiusura inevitabile”.
A supporto delle investigazioni ci sono non solo le denunce sporte dai famigliari dei degenti morti ma anche gli esiti delle analisi batteriologiche fatte dall’Agenzia regionale per la protezione ambiente.
Fonte Agenzia Dire – www.dire.it