La diffusione del virus tra il personale di Polizia Penitenziaria crea un importante disagio.
Infatti, le varie attività dei detenuti sono gestite dagli agenti, i quali, in numero ridotto e già esiguo rispetto alle necessità, non riescono a venire incontro alle esigenze, impedendo la normale attività quotidiana didattica e rieducativa.
Gli stessi sindacati di Polizia Penitenziaria, hanno rivolto l’ennesimo appello alla Regione Autonoma della Sardegna affinché questa intervenga e garantisca tutti i protocolli sanitari indispensabili alla loro sicurezza ed a quella delle persone private della libertà personale.
Già i tempi del carcere sono patologicamente dilatati, ora ancor di più a causa dell’inesatta applicazione dei protocolli sanitari previsti dalla normativa.
È di questi giorni la richiesta di intervento del mio Ufficio per dipanare le nubi che offuscano l’inizio dell’attività didattica in Carcere. Nella prima ondata di diffusione del Virus, tutte le attività erano state sospese, chiaramente per l’inesperienza degli operatori a gestire la nuova situazione. Oggi, però, che gli interventi legislativi hanno dato le necessarie indicazioni, appare difficile indicare una data a partire dalla quale le lezioni potranno riprendere.
Le caratteristiche abitative dell’Istituto “S. Soro” impediscono di garantire le distanze tra i detenuti e gli operatori. Le aule sono poche e di ridotte dimensioni rispetto agli standard imposti dalle normative sanitarie. Il numero dei detenuti iscritti quest’anno sono aumentati e purtroppo non è possibile garantire la didattica a tutti. Pur mutando la destinazione di alcune stanze alla didattica, comunque non si riesce a raggiungere lo spazio che le norme di sicurezza e sanitarie impongono.
La didattica in remoto, sarebbe una valida soluzione. Ma la zona adibita a Scuola non è raggiunta dalla linea internet e le esigenze di tutto il personale e dei detenuti si scontrano coi protocolli burocratici e di sicurezza che allungano inverosimilmente i tempi di realizzazione.
Purtroppo si registra il ritorno a quella chiusura delle attività trattamentali imposta in primavera.
A queste difficoltà si aggiunga un ulteriore aspetto. È difficile da ammettere ma l’Amministrazione Penitenziaria non avrebbe dovuto destinare l’Istituto di Massama a detenere contemporaneamente il Circuito dell’Alta Sicurezza e della Media Sicurezza. Il carcere non ha sufficienti aule, ha una minima zona sanitaria destinata al ricovero dei detenuti. Il personale è ridotto e oggi è falcidiato dalle esigenze sanitarie. I detenuti, già non avevano la possibilità di accedere in maniera sufficiente alle attività educative, oggi ancor di più trascorrono le giornale nella più totale inerzia e passività.
E allora appare necessaria una significativa riduzione delle presenze in carcere. Questa contribuirebbe ad affrontare nel migliore dei modi la gestione sanitaria interna, favorendo migliori condizioni lavorative per gli operatori penitenziari e la prosecuzione in condizioni di sicurezza delle attività lavorative e formative, di istruzione, culturali o sportive.
Pertanto, in linea con quanto a livello nazionale stanno chiedendo tutti i garanti territoriali dei detenuti, sarebbe auspicabile, anche per Oristano, l’accoglimento della presente proposta di prevedere una liberazione anticipata speciale e la sospensione dell’emissione dell’ordine di esecuzione delle pene detentive fino al 31 dicembre 2021. Al contempo, come già ripetutamente chiesto, sarebbe opportuno che l’Assessore alla Sanità della Regione Sardegna ed il Presidente della Commissione Regionale alla salute e politiche sociali ed i componenti della stessa commissione, collaborino in maniera sinergica con gli Organi Giudiziari affinché, quanto meno i detenuti con patologie particolarmente gravi e con età avanzata vedano riconosciute misure detentive alternative al carcere.
Dott. Paolo Mocci
Garante delle persone private della libertà personale del Comune di Oristano