Ragusa, Anni ’70, quartiere Beddio: il presepe in casa di Testa Rossa.
In casa mia, a Natale, c‘è sempre stato e mi auguro per tanti anni ancora possa continuarci ad essere il presepe. Ricordo ancora che, quando ero piccolo, era mio padre Giovanni Battaglia (inteso “Testa Rossa”) che cominciava a costruirlo dopo l’8 dicembre, festa dell’Immacolata, per poi toglierlo il 6 gennaio, ed erano invece i miei nonni che generalmente mi compravano i pastorelli, mentre io con una mia zia e mia madre andavamo poco fuori del centro abitato contrada beddio nella Ragusa “Nuova” a raccogliere il muschio (u Lippu).
Iniziava, quindi, la realizzazione di quella che per il mio genitore doveva essere una opera grandiosa, magnifica, anche se modesta.
Il presepe in casa di Testa Rossa
Le montagne, la costruzione della grotta, la terra piena di ghiaia, il muschio, il tutto innevato con una spruzzatina di farina. Poi bisognava posizionare le statuine. Le più piccole in alto, per dare l’idea della lontananza, per poi arrivare attraverso varie dimensioni a quelle più grandi vicino alla grotta.
Mio padre non metteva mai statuine complicate, ma semplici pastori, viandanti e gente comune che si avvicinavano alla grotta per venerare Giuseppe e Maria. Non poteva mancare il laghetto dove si abbeveravano le pecorelle. E come ogni anno, mia madre “la Pina”, si privava dello specchietto della borsetta, con borbottio continuo.
Per illuminare il presepe, oggi si usano lampadine multicolori a intermittenza; mio padre, invece, usava candeline che accendeva con i fiammiferi da cucina, che poi spegneva inumidendosi il pollice e l’indice della mano. Alla fine, metteva nella capanna Giuseppe e Maria con il bue e l’asinello; il presepe era finito?
Ma no, mio padre faceva un passo indietro, si spostava a destra, poi a sinistra, muoveva una statuina, poi un’altra e, quando aveva perlustrato il tutto, dava una altra spolveratina di farina e il paesaggio era invernale.
Ma non era finito, perché bisognava sistemare gli angioletti, posizionare la Stella cometa e, infine, un ultimo tocco alla ghiaia, al prato, alle collinette, alle casette sparse qua e là. Il presepe era a posto e, rivolgendosi a tutti noi, mio padre esclamava:
«Bravi, abbiamo Fatto un bel Presepe, anche se piccolo!».
Poi si aspettava la Vigilia per deporre iI Bambinello nella grotta, in mezzo a Giuseppe e Maria. II 24 dicembre, prima di andare da zio Benito, per passare la serata e giocare a tombola o a sette e mezzo, a casa nostra nasceva Gesù Bambino: il Bambinello, portato da me – ”il piccolo Totò“ – con tutta la famiglia al seguito, ossia io, la Pina (Madre) il Giovanni (Padre), facevamo il giro della casa.
Poi a casa di zio Benito, il fratello della mamma, dove ci aspettavano tutti i parenti.A casa dello zio Benito…
Mia madre aveva preparato il pollo farcito e i buccellati, come ogni anno.
Arrivati a casa dello zio, dopo i saluti, gli abbracci e baci a tutti, mio padre si avvicinava al presepe che occupava tutta una parete: grande, imponente. Lo guarda in lungo e largo, poi avvicinandosi a noi altri esclamò:
“Bello, grande, di effetto, ma il nostro è più bello”.
Compiacendosi per il lavoro che aveva fatto con l’aiuto di tutti noi. E sono convinto che in quel momento desiderava tornare presto a casa per contemplare e ammirare il suo Presepe. E oggi io dico: avevi ragione papà. Il Presepe di Giovanni, inteso “Testa Rossa”, era veramente il più bello di tutti, anche se piccolo, modesto ma pieno di amore. Grazie, Testa Rossa!
E per concludere ricordando quei tempi, c’era la famigerata letterina, colorata di quei colori pastello ripassati con i brillantini, che il giorno di Natale avrei messo sotto il piatto di papà e dove avrei scritto: “Prometto di essere buono, di andare bene a scuola, di ubbidire alla mamma e al papà” e anche un timido “Mi piacerebbe ricevere da Gesù Bambino…”.
Erano piccole cose che chiedevo, ma il mio Gesù Bambino era povero e con amore mi avrebbe lasciato il sacchetto con la frutta secca, il torrone di cioccolato di Monterosso, i mandarini e qualche dolcetto…. E i giocattoli? Per quelli ci avrebbe pensato la Befana! Sempre se fossi stato buono!
Presidente Accademia delle Prefi
Salvatore Battaglia