Smart working: realtà oltre l’emergenza, il caso Automobil Club Italia
Il periodo di emergenza imposto dal COVID-19 si sta rivelando un propulsore della trasformazione digitale, accelerando di fatto dei processi già in corso. Questa forte spinta rischia però paradossalmente di aumentare il gap tra chi aveva avviato un progetto e chi si è trovato di fatto a dover modificare il proprio modus operandi, senza una chiara strategia. Ne è un esempio lo smart working. La modalità di lavoro a distanza oggi è una realtà per tutti.
Ma come stanno lo affrontando realmente le aziende? L’osservatorio per la Digitalizzazione dell’Ambiente e Energia Aidr intervista Vincenzo Pensa, socio onorario Aidr, Responsabile Transizione Digitale – Direzione Sistemi Informativi e Innovazione Automobile Club d’Italia.
Dom: lo smart working emergenza o realtà?
Risp: “Lo smart working in Aci non è legato all’emergenza Covid. È stato infatti avviato in via sperimentale il 1 luglio 2018 per i Dipendenti della sede centrale, nell’ambito di un progetto strategico biennale di progettazione, pianificazione ed analisi di tutti gli asset coinvolti (organizzativi, tecnologici, di sicurezza, contrattuali) e inserito nel piano per la transizione digitale dell’ACI. Il progetto si è via via completato di ulteriori step uscendo dalla fase sperimentale ed andando a regime per gran parte del personale già nel 2019. Solo grazie a tale importante attività di pianificazione e progettazione strategica, all’indomani della proclamazione dello stato di emergenza sanitaria, ACI è stato in grado da subito di consentire a 3000 dipendenti di svolgere le proprie attività in modalità smart. Lo switch dal sistema di lavoro tradizionale allo smart working è stato semplice ed immediato perché eravamo pronti a livello organizzativo e tecnologico ed il personale era già formato sul tema”.
D: Spesso nel nostro Paese la digitalizzazione è intesa ancora solo ed esclusivamente dal punto di vista delle tecnologie usate. La portata della digitalizzazione va oltre, cosa ne pensa?
R: “È vero, spesso purtroppo manca una visione di insieme. In Aci ad esempio, quando abbiamo introdotto lo smart working lo abbiamo fatto all’interno di un progetto più ampio, che ha coinvolto i processi e le attività lavorative in ottica digitale (firma digitale, documenti digitali, protocolli informatici) e al contempo abbiamo puntato sulla formazione del personale, aspetto fondamentale per sviluppare competenze digitali”.
D: la tecnologia spesso è la grande assente durante lo smart working. Si lavora da casa usando mezzi non adeguati, con i rischi derivati dall’uso del PC.
R: “È un aspetto da tenere in considerazione. A causa dell’emergenza legata al COVID-19, per abilitare in tempi brevi un così esteso numero di persone abbiamo consentito ai dipendenti l’utilizzo di dispositivi tecnologici personali per lavorare, in logica BYOD. Per coloro che non erano dotati di VPN, abbiamo garantito l’utilizzo di una piattaforma di app virtualization, che consente agli utenti di interagire con i sistemi accedendo con le proprie credenziali ed il proprio profilo utente alle applicazioni per le quali si è stati abilitati.
Inoltre, con il contributo della Direzione Risorse Umane, è stata avviata la contrattazione ed il confronto sindacale con l’obiettivo di tutela dei dipendenti e di garanzia degli attuali standard di lavoro per l’Ente. A livello tecnologico, è stata approntata un’infrastruttura software abilitante: da sistemi di social collaboration (google workspace) a sistemi in grado di garantire l’accessibilità e la sicurezza informatica (VPN) e di social enterprise per la gestione dei progetti, dei task e del relativo monitoraggio, fino anche al ripensamento della workspace technology con sistemi di wifi, diffusi progressivamente in tutti gli Uffici, smart printing e sistemi di videoconference”.
D: investire sulla formazione è una necessità o una opportunità?
R: Direi entrambe. Il digitale impone infatti un aggiornamento costante, ma la formazione può rappresentare un momento di crescita personale e del gruppo di lavoro. Durante il lockdown, abbiamo potenziato i momenti di formazione, grazie all’uso della modalità e-learning. Oltre ai corsi di consolidamento delle conoscenze e delle capacità, abbiamo inserito anche momenti di formazione su tematiche altrettanto importanti: come la resilienza e la gestione dello stress in emergenza. La formazione si è rivelata un mezzo per mantenere un contatto con i dipendenti, mitigando il senso di isolamento.
Dom: C’è chi lega lo smart working all’emergenza, chi indica la strada del lavoro agile come necessaria per il futuro. Lei cosa ne pensa?
Risp: “L’introduzione dello Smart Working ha permesso di sensibilizzare i dipendenti verso una nuova modalità lavorativa ed in linea generale la flessibilità è stata molto apprezzata in quanto consente di conciliare meglio i tempi di lavoro con quelli privati.
I principali benefici riscontrati dal Personale possono principalmente riassumersi in:
- maggiore disponibilità di tempo libero;
- maggiore concentrazione;
- risparmio economico;
- maggiore responsabilizzazione ed autonomia.
Inoltre i Dipendenti ACI hanno da subito apprezzato il risparmio di tempo derivante dalla digitalizzazione di molte attività (es. stampe, archiviazioni) ed hanno valutato positivamente la possibilità di dedicarsi ad attività di maggiore valore aggiunto (es. assistenza/consulenza al cittadino ed alle Agenzie di pratiche automobilistiche, rapporti con altri Enti/PPAA, interpretazione normativa, proposte a forte contenuto innovativo) con un netto recupero di efficienza produttiva, riduzione dei tempi e maggiore sicurezza. Lo Smart Working ha dunque portato una maggiore professionalizzazione e crescita del personale, con aumento della soddisfazione misurata attraverso i questionari relativi al benessere organizzativo predisposti annualmente dall’Amministrazione.
L’eccezionalità del periodo di emergenza sanitaria ci ha però mostrato anche il lato oscuro dello smart working. In taluni casi è stato riscontrato un sovraccarico di lavoro ed una estensione eccessiva degli orari di lavoro. Talvolta nella fase emergenziale si è fatto più ricorso al remote working che allo smart working tout court.
I cittadini automobilisti che si rivolgono ad ACI hanno manifestato da subito molto apprezzamento per i servizi digitali presenti da tempo sia su piattaforma web che mobile.
Inoltre, sono state anche molto apprezzate le nuove modalità di presentazione mediante PEC di talune pratiche relative al Pubblico Registro Automobilistico (PRA) per evitare o quantomeno ridurre l’affluenza agli sportelli fisici degli Uffici Territoriali.
Da ultimo, è opportuno evidenziare come oggi si faccia molto ricorso ai servizi on line presenti sul sito Aci.it, sull’app ACI Space e sulla nostra nuova piattaforma Auto3D. Per dare qualche numero, a settembre 2020 abbiamo raggiunto:
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1 milione di download della nostra App ACI Space dalla sua attivazione;
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circa 14 milioni di accesso al sito aci.it per info e servizi dall’inizio dell’anno;
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oltre 2 milioni di registrazioni sui canali digitali dal 2016;
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circa 220.000 per Auto3D da luglio us;
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185.000 utenti attivi sul servizio Avvisaci (dal lancio del servizio nel 2016) che informa il cittadino di eventi giuridico-amministrativi sui propri veicoli.
Dom: La diffusione della cultura digitale, la sua portata rivoluzionaria in termini di benefici per il lavoro e della qualità di vita dell’uomo, di cui l’associazione Aidr si fa promotrice da anni è oggi quanto mai necessaria.
Risp: “È vero. Da tempo in qualità di Responsabile Transizione Digitale dell’ACI, mi occupo di diffondere la cultura della trasformazione digitale all’interno di questa PA secondo le linee d’azione definite dal Piano Triennale dell’Agenzia per l’Italia Digitale. In ACI questo obiettivo si concretizza attraverso l’organizzazione di eventi formativi e informativi monotematici e trasversali per spiegare che l’innovazione non è fatta da una singola persona ma viene portata avanti da tutta l’azienda.
Questa strategia e questo approccio ci hanno portato ad ottenere significativi sviluppi sul fronte delle piattaforme e dei servizi digitali a disposizione dei cittadini e degli stessi dipendenti.
Teniamo infatti in conto che prima che dipendenti di una PA noi siamo cittadini. In quanto tali, aborriamo una PA inefficiente ed apprezziamo servizi digitali veloci e a costo zero. La PA deve ascoltare le esigenze del cittadino, interpretare i suoi bisogni inespressi e produrre soluzioni e servizi ritagliati su misura sui bisogni rilevati.
In quest’ottica, ritengo proficuo organizzare, anche in collaborazione con ACI, incontri formativi e informativi per favorire la diffusione della cultura digitale e raccontare le esperienze delle diverse PP.AA., il loro vissuto e le soluzioni adottate a vantaggio del cittadino. Questo è l’approccio che consiglio.