Estetisti e parrucchieri: quando la pandemia fa crescere il sommerso
Il settore del benessere alla persona è stato uno dei più colpiti dal lockdown. Per questo parrucchieri, estetisti, barbieri e onicotecnici sono state tra le professioni di cui i clienti hanno sentito più la mancanza durante i mesi più bui della chiusura del Paese e della Sardegna, nonché quelle prese maggiormente d’assalto al termine della serrata. “Graziate” dagli ultimi DPCM, ora devono fare i conti con il sommerso che è tornato, rinvigorito, a fare concorrenza sleale.
Alcuni numeri
L’allarme lo lancia Confartigianato Sud Sardegna, con il Presidente del Settore Benessere, Tonio Pani. In questo periodo, infatti, nel settore del benessere e della cura della persona, sono ripresi a proliferare irregolari che offrono “servizi itineranti e a domicilio” per il taglio dei capelli, manicure e trattamenti estetici. Dagli ultimi dati elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su fonte ISTAT e MEF del 2019, i barbieri e i parrucchieri in Sardegna sono 2.447, con 5800 dipendenti; sul totale delle imprese, ben 2.179 sono artigiane (89,0%), che danno lavoro a oltre 5.200 addetti.
Un settore, il benessere, sempre sotto attacco degli irregolari; secondo un recente calcolo sempre di Confartigianato, si stima come nell’Isola il numero di questi lavoratori si aggiri intorno alle 1.400 unità, che “colpiscono” direttamente il 18% delle imprese regolari.
Le dichiarazioni
“In questi mesi – afferma Pani – la grande maggioranza delle imprese del settore si è sacrificata fino in fondo, promuovendo e accettando un protocollo rigidissimo, per garantire la sua parte di sicurezza contro la pandemia e fornire al meglio (con il sorriso, nonostante la fatica) un servizio di qualità”.
Molte attività hanno dovuto fare i conti con misure che hanno ridotto sensibilmente il proprio volume d’affari e altre ancora hanno chiuso. Tale chiusura, come già è accaduto a marzo e aprile, ha determinato un incremento di coloro che offrono prestazioni senza avere i requisiti necessari. Con la diffusione del passaparola, anche tramite i social, è sempre più facile imbattersi in “falsi professionisti“ che si propongono a prezzi contenuti, senza alcuna garanzia sul piano della salute per gli utenti. Questi soggetti sono invisibili per lo Stato con tutto quel che ne consegue.
“La piaga dell’abusivismo è in continua espansione nel settore dei servizi alla persona – continua -, infatti è proprio nella concorrenza sleale e nel lavoro sommerso che vanno individuati i pericoli della diffusione del virus, vanificando lo sforzo collettivo di contenimento del contagio; ed è per questo, oltre che per la tutela del mercato, che chiediamo un’intensificazione dei controlli”.
“L’Associazione – sottolinea Pani – è l’espressione della rappresentanza di parrucchieri, acconciatori, barbieri e poi estetisti, onicotecnici ed esperti della cura della persona e della bellezza da oltre 60 anni. Ed è da sempre aperta ad ascoltare le esigenze e i bisogni di tutti gli associati che lavorano in totale trasparenza e in regola”.
Il fenomeno del sommerso rappresenta, in Italia, una delle principali cause della formidabile pressione fiscale cui le imprese regolari sono sottoposte. Contemporaneamente – e, solo in apparenza, paradossalmente – la continua crescita del numero di imprese irregolari (abusive) è in parte alimentata dalla pesante pressione fiscale, che tende ad espellere dall’economia “emersa” le imprese marginali, sulle quali fisco e burocrazia hanno un effetto talvolta letale. Si tratta di un meccanismo che, una volta avviato, si autoalimenta e solo attraverso complesse azioni congiunte, incentivanti e repressive, si può pensare di arginare. Al momento in Italia si stima che il valore economico del sommerso sfiori il 20% del PIL totale e che, negli ultimi 5 anni, mentre i lavoratori “indipendenti irregolari” sono cresciuti del 2,2%, quelli regolari sono diminuiti del 5,9%.
“Bisogna dire che non esisterebbero i lavoratori abusivi se non ci fossero dei cittadini-consumatori interessati ai loro prodotti e servizi – commenta PierPaolo Spada, Segretario di Confartigianato Sud Sardegna – spesso convinti di risparmiare qualcosa sul conto finale e perciò disposti a soprassedere sulle garanzie legali sui beni acquistati o sui servizi ricevuti, che ovviamente in caso di necessità non potranno essere fatte valere, sulla sicurezza, visto che i lavoratori abusivi, non essendo soggetti ai controlli da parte delle autorità preposte, lavorano nella quasi totalità dei casi in condizioni di massima precarietà; e, dulcis in fundo disposti a farsi complici del fatto che l’economia generata da quell’operazione, sottratta alle imposizioni fiscali, aumenterà il peso di tutte le altre operazioni dell’economia emersa”.
“È dunque opportuno e urgente che si prendano provvedimenti per creare una condizione di maggior favore per la nascita e lo sviluppo di imprese sane e per la permanenza sul mercato di tutte le imprese esistenti – continua Spada – e questo può avvenire solo attraverso la diminuzione del peso della fiscalità generale su imprese e lavoratori (senza fare il gioco delle tre carte dello spostamento dell’imposizione da un livello statale a quello locale) e intervenendo in maniera radicale e convinta sulla burocrazia soffocante che a ogni livello territoriale e gerarchico della macchina amministrativa sperpera risorse economiche e dilapida patrimoni di entusiasmo e voglia di fare intrapresa”.
Da Pani, poi, una critica-ragionamento sul fenomeno in espansione.
“Le istituzioni dovrebbero favorire il processo di regolarizzazione delle imprese del sommerso. È vero che alcuni preferiscono lavorare senza il rispetto delle regole, ma è altrettanto vero che in tanti vorrebbero poter lavorare regolarmente ma si fermano di fronte agli ostacoli dati da una burocrazia asfissiante che si aggiunge a un peso fiscale che scoraggia anche le persone più motivate. Sarebbe utile pensare a una sorta di percorso agevolato per l’acquisizione delle abilità, anche gestionali, indispensabili per l’avvio di un’attività d’impresa”.