La strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, causando 17 morti e 88 feriti, segnò l’avvio della “strategia della tensione”.
Fu opera di gruppi neofascisti con la complicità e la copertura di settori importanti dei partiti di governo, con la regia, il coinvolgimento attivo e la protezione dei servizi segreti italiani e Usa.Piazza Fontana. L’obiettivo politico dell’attacco terroristico fu quello di bloccare l’avanzata del movimento operaio e ostacolare progetti politici divergenti dalle strategie atlantiche, mantenendo al potere i circoli dominanti.
Destabilizzare per stabilizzare il sistema vigente: questo lo scopo della strage, attraverso la quale è proseguita con “altri mezzi” la tradizionale politica borghese.
I massivi depistaggi (tra cui l’assassinio dell’anarchico Pinelli), l’occultamento delle prove, l’uso del segreto di Stato nelle indagini, la lunga vicenda giudiziaria che si è conclusa senza emettere alcuna condanna per mandanti, organizzatori ed esecutori, hanno messo in luce un fatto inoppugnabile: la classe dominante non ha alcuna volontà di arrivare alla verità e alla giustizia quando a commettere i crimini sono apparati ed esseri che agiscono per i suoi interessi fondamentali, quando sono in ballo assetti di potere e alleanze strategiche.
L’accaduto per la strage di Piazza Fontana si riscontra in tutte le stragi reazionarie e neofasciste precedenti (Portella della Ginestra, 1947) e successive (Gioia Tauro, 1970; via Fatebenefratelli a Milano, 1973; Piazza della Loggia, 1974; treno Italicus, 1974; Ustica, 1980; Stazione Bologna, 1980: treno Rapido 904, 1984); nonché per i tentativi di golpe (Piano Solo, 1964; Borghese, 1970).
Una parte essenziale della storia del nostro paese deve rimanere coperta e i criminali impuniti, perché lo Stato borghese ha la necessità di salvare se stesso, il blocco di potere a “doppio livello e doppia fedeltà” su cui si regge, i suoi apparati speciali (es. Gladio), i suoi più fedeli servitori, le potenze internazionali e le alleanze militari – come la Nato – che garantiscono i profitti, i privilegi e il potere di una minoranza di sfruttatori e oppressori, controllando e gestendo la vita politica italiana.
Questo principio non vale solo per le stragi di carattere fascista, ma anche per tutti gli atti e le strategie volti a diffondere paura e l’insicurezza, nonché per le stragi sul lavoro e ambientali, che hanno causato e causano ogni giorno lutti e disgrazie per la classe operaia e le masse popolari.
L’ennesima riprova viene, in questi giorni, dal processo in Cassazione, sulla strage ferroviaria di Viareggio. Il Procuratore generale (addirittura!) chiede l’annullamento della (mite) condanna a 7 anni per Mauro Moretti, con rinvio in un Appello-bis.
I familiari delle vittime hanno denunciato le manovre in corso per “sollevare” dalle sue pesanti e gravi responsabilità l’ex amministratore delegato Fs Moretti, un personaggio di quello “Stato profondo” in cui si intrecciano organismi legali o meno, interessi economici, finanziari, politici e militari, che esercitano il potere reale. La vecchia storia, in altre forme, si ripete e si rinnova.
Le stragi impunite sono una chiave importante per comprendere la natura, il ruolo e il carattere dello Stato borghese, le regole della sua politica che è scritta col sangue delle tante vittime: non un organo al di sopra delle classi, non un potere che rappresenta tutto il popolo, non l’uguaglianza di fronte alla legge, ma un comitato che amministra gli affari comuni dei capitalisti e una macchina per mantenere il dominio della borghesia sul proletariato, indipendentemente dalla sua forma di governo.
La lotta per la memoria, la verità e la giustizia, sulle stragi di Stato e da profitto, per denunciare e smascherare i disegni reazionari, per la salute e sicurezza sui posti di lavoro e sul territorio, deve contribuire a far scendere la benda dagli occhi degli sfruttati e degli oppressi, a diffondere la necessità della lotta rivoluzionaria, del potere proletario, il solo che potrà fare finalmente chiarezza sulle stragi e farla finita con gli apparati del terrore antipopolare.