“La mia storia parte dalla terza/quarta elementare, io ero un ragazzo che voleva sempre raccogliere le attenzioni dei miei compagni e dei maestri. il problema è che io non ero accettato perché obeso e perché secondo i compagni e i prof “cattivo”, perché magari facevo delle marachelle che tutti i bambini fanno, per richiamare l’attenzione.
Io però ero quello diverso. ero quello che puzzava, quello che aveva le toppe ai pantaloni in mezzo alle gambe, ero quello disgraziato che la gente vedeva in giro a fare le cazzate che tutti noi da bambini abbiamo una volta fatto. Già dalla 3/4 elementare subivo bullismo da parte dei compagni, alcuni si limitavano a estraniarmi quindi mi lasciavano solo, altri invece quando uscivamo da scuola si organizzavano per farmi paura, o per picchiarmi. i maestri erano consapevoli di questo, e invece di riparare a queste cose facevano peggio.
Facevano vedere ai miei compagni che io dovevo essere estraniato quindi messo da una parte in un banco da solo, e senza fare niente… potevo disegnare e fare quello che volevo l’importante è che non mi sentivano… mia madre poi scoprendo tutto questo si era molto infuriata, con i maestri, ma alla fine non è cambiato nulla. Arrivo alla 5 elementare senza finire l’anno perché il giorno dell’esame io non avevo niente da mettermi avevo i pantaloni bucati, o con toppe e mi vergognavo ad andarci, quindi rimasi a casa venendo così bocciato all’esame.
In quel periodo mia madre collaborava con un associazione di volontari e venne fatta una raccolta fondi per farmi andare in un ospedale dove c’erano tante persone con problematiche di peso, sia per quelli obesi come me, sia per quelli troppo magri che non riuscivano a metter su peso. Durante la mia “non lunga degenza” il primo periodo, non sapendo le regole dell’ospedale, ne ho sforata una, ovvero non fare la spia.
C’era un gruppo di ragazzi più grandi di me, che avevano il vizio di fumare o fare altre cose che non si potevano fare, un gruppo di ragazzi che si spacciavano per “tu non sai chi sono io”, io raccontai all’infermiera di turno che vidi quei ragazzi fumare e che non mi sembrava giusto dato che era un ospedale. Io l’unica cosa che ricordo è che sono andato nella mia stanza e l’indomani vennero in 4 (loro 4) mi chiusero dentro il bagno della mia stanza al buio e mi picchiarono tirandomi dai capelli. Tra pugni e calci secondo loro dovevo imparare la lezione.
Mia madre era anche lei ricoverata in medicina (come sua richiesta per starmi vicino), venne a saperlo da me ciò che era successo, infuriata sali nel mio reparto e si infuriò sia con i medici sia con i ragazzi e dal giorno dopo per me andò tutto bene, infatti anche loro mi salutarono gentilmente e con amicizia. Avevo trovato insomma chi mi proteggeva all’interno delle mura se mi fosse successo qualcosa. Durante la degenza feci anche l’esame di 5 elementare uscendo così promosso.
Dalle medie ho iniziato ad esser io quello ribelle, che non permetteva più a nessuno di mettergli i piedi in testa, e mia madre iniziò ad avere problemi (problemi dovuti al fatto che ero diventato troppo ribelle) quindi i miei non erano più richiami di attenzione per avere gli amici, ma diciamo che ero diventato quello che faceva casini per farsi vedere, per farsi conoscere, per il gusto di essere quello più forte, quello a cui non dovevi rompere le palle insomma.
Quindi i professori e i ragazzi all’interno della scuola erano diventati i miei bersagli, in poche parole la situazione si era ribaltata. La situazione fuori dalla scuola non era delle migliori, cmq la voce di chi ero diventato e cosa facevo a scuola si sparse molto velocemente ed è vero che a scuola ero il re che faceva divertire e proteggeva ma fuori dalla scuola cmq ero solo.
Da lì iniziai a frequentare cattive compagnie, iniziai con dei ragazzi di periferia che bevevano e si drogavano (io l’unica cosa che feci è bere un mezzo bicchiere di birra), sì ero astemio, all’epoca non ho mai toccato droghe né leggere né pesanti. Ero e sono tutt’ora contro.
Ma oltre questo gli altri ovviamente cercavano di trascinarmi dentro le loro cose, ma grazie all’intervento di mia madre che, nonostante lavorasse la notte, di giorno cercava di starmi vicino e di aiutarmi nei miei problemi. Riuscì a portarmi via da quel gruppo.
Iniziai a frequentare il figlio di un’amica di mia madre, con lui mi trovavo bene perché anche se era bugiardo fino al midollo, era cmq simile a me.
Quindi stessi casini, stessi divertimenti, parliamo di lanciare i cassonetti nelle discese per far deviare le macchine, o di tirare le pietre ai treni la notte, o di andare in giro a fare casini, insomma da lì iniziarono i casini perché iniziarono i problemi con le forze dell’ordine. Il primo quando ero in compagnia di ragazzi che di me se ne fregavano ma sapevano che potevano dare la colpa a me per qualsiasi cosa, ricordo che ero nella mia vecchia scuola e loro erano andati lì per fare casini o danni, adesso non ricordo, fatto sta che vennero chiamati i vigili, tutti scapparono in mezzo alle frasche, mentre io scesi la discesa della scuola ma venni fermato proprio dalla polizia municipale, io spaventato quando mi chiesero il nome e cognome detti generalità “semi-false” invece di dirgli il mio nome e cognome veri detti il mio nome vero e il cognome di mia madre invece di quello di mio padre.
Venni denunciato per avegli fornito generalità fasulle. Passato quel periodo capii cosa che dovevo darmi una regolata, dovevo cmq prendere ancora la 3 media, io sn stato bocciato 4 volte in prima proprio perché il mio obbiettivo non era di certo andare a scuola se andavo, andavo quando volevo e facevo quello che volevo, tanto a scuola non importava a nessuno cosa dovevo fare e se dovevo andare, almeno secondo il mio pensiero, io posso dire che ne approfittavo molto perché cmq mia madre non poteva starmi molto dietro anche perché o lavorava per darmi da mangiare e pagare le cose di casa o mi stava dietro per cercare di farmi rigare dritto.
Ovviamente non aveva il dono dell’ubiquità e non poteva fare entrambe le cose, e io su questo ci marciavo parecchio, diciamo che ciò che avevo subito prima mi ha fortificato dopo. Invece di migliorarmi mi peggioravo. Mia madre ha saputo di una scuola privata, dove all’interno c’erano vari indirizzi commerciali, quindi marketing, informatica, ecc.
Nel mentre ti preparavano per il corso a cui ti eri iscritto facevi anche prima, second e terza media insieme quindi in un anno avrei preso la terza media e l’attestato del mio indirizzo ovvero tecnico informatico e grafico pubblicitario aziendale (che non riuscii a prendere in quanto in quell’epoca conobbi la mia ragazza che divenne poi mia moglie). Quindi presi la terza media ma non continuai per l’attestato. Infatti per l’indirizzo scelto mi bocciarono e non andai più.
Iniziai più o meno in quel periodo a sapere tutto il mio passato, e quello di mia madre, cosa aveva passato. Mia madre mi raccontò a grandi linee che perse due bambini perché mio padre oltre a picchiarla la violentava: era un pezzo di pane solo quando non beveva, ma quando beveva non capiva più niente e mia madre divenne la sua vittima sia fisica che psicologica. Seppi che mio padre era stato adottato insieme ad un altro bambino. Mi raccontò che dopo anni di violenza fisica e psicologica decise di andarsene, ma solo dopo il quarto mese scoprì di essere incinta di me, ovviamente mia madre voleva abortire perché non voleva niente che riguardasse mio padre. Ma i dottori gli dissero che ormai non poteva più farlo… si innamorò di me alla nascita e cosi da Torino ci trasferimmo in Sardegna per riiniziare una nuova vita.
Io però sinceramente ero curioso di sapere chi era mio padre, dato che non lo avevo mai visto. Mia madre anche se titubante accolse la mia richiesta e, nonostante non potesse farlo, chiamò mio padre dicendogli che io volevo conoscerlo. Mio padre non poteva vedermi in quanto gli era stata negata la patria podestà. Quindi mio padre si organizzò e decise di venire a trovarmi.
Ricordo un uomo alto fisicamente ben fatto con una voce grossa, e ricordo che avevo un sentimento strano dentro, non riuscivo con amore a chiamarlo papà o babbo, se lo facevo era perché in altro modo – forse per rispetto non potevo fare altro. Quindi quando lo chiamavo papà cercavo di farlo il meno possibile.
Purtroppo la presenza di mio padre non è stata ottima in quanto lui disse a mia madre che aveva smesso di bere e si era ripulito invece non è stato cosi, durante una notte ovvero l’ultima che ha passato a casa nostra si era sentito molto male, aveva le crisi di astinenza, mentre le mattine a colazione si beveva il caffè corretto al bar. Quella notte, l’ultima notte, per mia madre è stata un vero tormento.
Mio padre la svegliò per i pianti che faceva, mia madre corse in camera degli ospiti, e vide mio padre in quelle condizioni, si prese cura di lui e gli disse che il giorno dopo doveva andarsene, che non lo voleva più li. Mio padre se ne andò. Sembrava tutto finito invece la notte chiamava al telefono di casa e rispondevo io perché mia madre lavorava, e lui mi diceva che mia madre era una puttana, che se si vedeva con qualcuno dovevo dirglielo che lui lo uccideva, insomma mi faceva pressioni psicologiche, io ero minorenne ancora. L’indomani io raccontai tutto a mia madre e lei si infuriò come una iena e andò in un bar a chiamare mio padre minacciandolo di dire tutto ai carabinieri, e che lo avrebbe fatto arrestare se arrivava un altra chiamata a casa nostra… e da lì finì anche quell’incubo.
Dato che comunque vivevamo nella povertà più assoluta, gli assistenti sociali fecero delle proposte. Partiamo dalla prima. Un affidamento congiunto, io rifiutai assolutamente e mia madre restò dalla mia parte quindi non si fece. L’altra proposta invece venne accettata a malincuore perché vidi mia madre proprio disperata perché non sapeva cosa darmi da mangiare. La proposta era di mettermi in un posto dove c’erano altri ragazzi tra cui ragazzi abbandonati proprio dalle famiglie.
Il posto ricordo che era gestito da delle suore che tutto erano tranne che suore (erano stronze bastarde), mia madre chiese una macchina in prestito e io mi portai una foto di mamma e alcune cose per restare lì, la situazione era di stare lì qualche mese in modo che mia madre si riprendesse.
Le regole di quel posto erano andare a scuola la mattina e di giorno dentro. Simile alla galera, sbarre di ferro alle finestre, posto al quanto antico e freddo. Figuriamoci che io ero l’ultimo arrivato quindi venni preso di mira dalle persone che erano all’interno quindi la notte al buio ero vittima dei loro “scherzi”. Mi buttavano l’acqua gelata addosso o mi facevano paura, e io dovevo stare zitto non potevo dire niente neanche alle suore se no mi picchiavano.
La sera decisiva è stata quando eravamo a cena, che io tiro fuori la foto di mia madre e piansi perché mi mancava e le suore me la tolsero dalle mani e la strapparono dicendomi di stare zitto e di mangiare. Io nonostante la grande sofferenza perché strapparono quella foto mi organizzai per mettere su un piano di fuga. Uno dei ragazzi mi disse che loro non ti accompagnano a scuola, dovevi andare a piedi da solo sia all’andata sia al ritorno, quindi decisi di farmi i bagagli e usai la borsa di scuola. Mentre tutti erano tornati io ero in giro cercando di tornare a casa a piedi. Le suore “preoccupate” mi chiamarono varie volte al telefono, io non ho mai risposto fino a che non rispondo all’ennesima chiamata dove io ero quello che trattava, quello che gli dissi era: voi chiamate mia madre e la fate venire qui e io torno, altrimenti me ne vado a piedi, e loro mi dissero: dove sei veniamo noi, io: ASSOLUTAMENTE NO O CHIAMATE MIA MADRE ALTRIMENTI ME NE VADO DA SOLO.
Alla fine scelsero di chiamare mia madre, che si fece prestate di nuovo la macchina e tornò a prendermi e gli dissi tutto, e oltre quello gli dissi preferisco morire di fame insieme a te piuttosto che rimanere qui un altro giorno.
La mia vita insieme a lei non era semplice per niente, purtroppo mia madre faceva due lavori per cercare di camparci insieme, i sacrifici erano tanti e le forze erano solo le sue. Mi ricordo un Natale, il Natale più bello della mia vita intera… perché quel Natale nonostante il più povero di questo mondo è stato il Natale più significativo. Quel Natale mia madre, anche se era senza soldi, è riuscita a mettermi sotto l’albero un album da disegno e dei pennarelli. Io piansi tanto perché non me lo aspettavo ma Babbo Natale aveva pensato anche a me.
C’è stato poi il periodo degli assistenti sociali e gli educatori. I miei educatori sono stati esattamente 4, mi assegnarono un educatore che è stato con me per poco tempo, poi è arrivata una donna che mi venne tolta quasi subito perché invece di venire vestita normale era in abiti al quanto succinti, molto scollata, minigonna e tacchi a spillo… dopo di lei me ne affidarono altri due che facevano coppia solo nel lavoro.
Il loro compito è stato difficile ma molto esaustivo sono riusciti a dare colore alla mia vita, e a fare il lavoro che gli è stato affidato ovvero integrarmi nella società, farmi calmare, studiare e capire tante cose della vita. Si sono comportati con me come un fratello e una sorella.
Il periodo di mio nonno purtroppo è stato brusco, perché tramite debiti che faceva ci hanno portato quasi in mezzo alla strada, mio nonno era molto conosciuto ed era cmq un uomo su cui io contavo molto perché lo amavo come amavo mia nonna, ma purtroppo mio nonno è stata la chiave di tutta questa mia infanzia. Mio nonno era solito a REGALARE, PRESTARE SOLDI, era sempre nei bar, a bere e offrire, tutto a tutti. Buttava in giro soldi come se fosse il più ricco di questo mondo, insomma tutti erano amici suoi fino a che è convenuto. Grazie a questo mia madre finì nella merda e ha vissuto tutto questo appena raccontato insieme a me.
Grazie a questi debiti perdemmo la casa che avevamo in campagna, perdemmo la casa in cui abbiamo abitato per 15 anni.
Perché mio nonno non aveva finito di pagarla, la banca quando si è svegliata e l’ha messa in vendita a nostra insaputa, e anche se noi abbiamo lottato non è servito a nulla. Alla fine siamo arrivati fino a qui: viviamo in una casa popolare assegnata inizialmente ai miei nonni, noi andammo ad abitarci quando mori mia nonna. Quindi in casa eravamo io mia madre e mio nonno… fino a che mio nonno alla fine non peggiorò con l’Alzheimer e mori.
QUESTA E’ LA MIA VITA RIASSUNTA. Ora vivo con una donna messicana da un anno e insieme stiamo bene si prospetta un bellissimo futuro. Io momentaneamente non posso uscire di casa per un problema fisico. Devo sottopormi ad un intervento prenotato già da un po’, anche se il medico sta aspettando parecchio per i miei gusti, sono obeso grave, e riesco a camminare poco. Il mio lavoro si svolge online, io gestisco il mio sito e con esso creo siti web, grafiche e quant’altro serva ad hotel, bar, ristoranti.
Mia madre ha avuto 4 piccoli infarti, ha uno stent al cuore e uno alla gamba. E deve prendere delle medicine salvavita ogni giorno anche lei purtroppo non può più lavorare. Mia moglie è bilingue, inglese e spagnolo, ovviamente sa anche l’italiano non bene ma si capisce quando parla. Ha esperienza come professoressa di scuola e laureata e diplomata, ed è traduttrice. Ora viviamo in una casa popolare di proprietà di mia madre. Tra luce, gas e spesa non arriviamo a fine mese. Fino adesso è tutto vano dato che le cose stanno andando male. Con la crisi del coronavirus sta andando tutto male.
Se qualcuno vuole conoscermi e aiutarmi a trovare un lavoro può scrivermi su lamiastoria34@gmail. Se riesco a trovare qualcuno che mi dà del lavoro a me come siti web grafiche o social media marketing o a mia moglie come professoressa o traduttrice sarebbe fantastico e non mancherò sicuramente di farvi un bel regalo con tutto il mio cuore.
Aggiungo che l’unica patentata in grado di guidare è mia madre ma siamo sprovvisti di mezzi. E io purtroppo se trovo lavoro fisso per quello che faccio dovrò aprire la partita iva perché adesso non ce l’ho e mi viene molto male pagarla dato che il mio commercialista seppur amico di famiglia mi ha chiesto 500 euro.
Preciso inoltre che io non voglio soldi, non cerco e non ho mai cercato i soldi facili a me piace lavorarli, alla fine ho comunque studiato per conto mio marketing e da social media manager proprio per lavorare, anche se ora sono su una sedia in quanto devono operarmi.
Ma quello che posso fare nel mio lavoro grazie a Dio riesco a farlo anche così. Il mio appello va a chi può aiutarmi davvero dandomi del lavoro a me e mia moglie, per avere finalmente un futuro e una dignità e che questo Covid purtroppo ha solo peggiorato il nostro vivere male.
Purtroppo io da quando ero piccolo ero già grasso, e nel tempo sono ingrassato sempre di più, ad oggi io peso 170 kg con gravi complicanze, ho chiesto di poter fare il percorso bariatrico ma purtroppo, sempre per questo Covid ,mi hanno detto che devo rimanere in attesa, nonostante ho difficoltà respiratorie a volte la notte.
Mi fa molto male la schiena, pensa… ho 34 anni… le gambe gonfie i piedi gonfi… ora, Matteo, immagina la mia vita com’è stata e com’è tutt’ora. Spero vivamente che succeda qualcosa di buono, anche per la mia salute.”