Arriva da Coldiretti Sardegna la proposta del mondo delle campagna in materia di urbanistica. Un contributo che punta a migliorare la discussione in corso sul “piano Casa” in attesa “che nell’immediato si proceda ad una organica revisione della materia edilizia per le aree rurali che affronti compiutamente e con ampia condivisione le complesse problematiche che le competono”.
La maggiore Organizzazione agricola ha inviato al presidente della Giunta e del Consiglio, all’assessore all’Urbanistica e ai consiglieri regionali “il proprio contributo al dibattito in corso in materia Urbanistica nel campo che le compete: quello sulle aree agricole”.
“Un punto di vista non ideologico – chiarisce il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu – che non ha nessuno pretesta egemonizzante ma solo la consapevolezza di arrivare da chi vive quotidianamente la campagna e l’obiettivo di aiutare nella discussione di una materia difficile e delicata che incide sia in ambito ambientale ma anche sulla vita e sulle scelte delle imprese, in questo caso agricole”.
“Un contributo che ha invece l’ambizione e l’obiettivo di parlare ed essere ascoltata da tutti gli schieramenti politici per ragionare e dar vita insieme ad una proposta che abbia l’ambizione di non rispecchiare una sola parte politica e di durare nel tempo – spiega il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -. E lo si faccia affrontando con determinazione e coraggio e scevri dagli interessi di parte, i problemi: ad esempio senza limitarsi a riconoscere come zone agricole, quelle a ridosso delle città o delle zone di mare, ma che hanno invece necessità di essere diversamente classificate e normate soprattutto per i problemi derivanti dall’inquinamento delle falde”.
Il presupposto da cui parte la posizione dell’Organizzazione è quello del rispetto dell’ambiente, arrestando il consumo del suolo agricolo, che deve comunque essere intelligente e oculato.
“Di fondamentale importanza per il mondo produttivo – sottolinea Battista Cualbu – è poter operare con un quadro di regole chiare, certe e durature. Esigenza di fondamentale importanza per lo sviluppo armonico con il territorio delle aziende agricole che negli ultimi 15 anni hanno sperimentato la nefasta esperienza dell’alternarsi di modifiche a norme, vincoli, interpretazioni, transitando da deregolamentazioni che rischiano di incentivare i fenomeni speculativi nelle campagne, all’imposizione di vincoli e complicazioni che si ripercuotono sulle legittime esigenze delle aziende agricole”.
E’ indispensabile – secondo Coldiretti Sardegna – definire una norma urbanistica per l’agro che superi le mutevoli definizioni di imprenditore agricolo, le dimensioni minime del lotto di terreno e il tassativo rapporto tra la volumetria realizzabile e la superficie aziendale, individuando parametri che possano definire tecnicamente le esigenze edificatorie delle imprese agricole parametrate all’orientamento produttivo e alle dimensioni aziendali; vanno definite le norme che escludano i possibili contrasti sociali tra insediamento antropizzato e attività agricole, individuando norme specifiche per le nuove periferie e per le aree rurali antropizzate, ed intervenendo sulle problematiche ambientali per l’antropizzazione non regolamentata delle aree rurali”.
Potenzialità edificatoria dell’agro
La riduzione della superficie minima di intervento per l’edificazione non appare per il mondo produttivo agricolo una tematica di primaria importanza cosi come la somma di volumetrie potenziali di corpi fondiari non contigui, quanto piuttosto la definizione di un diverso modello valutazione delle potenzialità edificatorie del territorio che superi il rapporto mq/mc definendo indici di potenzialità edificatoria legati agli orientamenti tecnico economici aziendali e alla reale consistenza aziendale.
Il consumo di suolo agricolo
Le scelte sulla individuazione di dimensioni minime dei lotti oggetto di edificazione deve valutare con attenzione il problema del consumo di suolo agricolo e il rapporto tra insediamento abitativo ed attività agricole. Il sostegno del sistema agricolo deve tenere in particolare considerazione l’esigenza di limitare il consumo di suolo nelle zone agricole, in particolare dei terreni a maggiore vocazione produttiva escludendo qualsiasi trasformazione del territorio non necessaria alla conduzione delle imprese agricole ed introducendo norme che limitano la parcellizzazione delle aree agricole maggiormente vocate.
Rapporto tra insediamenti e attività agricole
A nostro avviso va valutata con attenzione la possibilità di concedere il permesso di edificare nelle zone agricole a figure diverse dagli imprenditori agricoli, considerato che oltre a compromettere la destinazione produttiva delle aree rurali aumenta la conflittualità sociale atteso che la convivenza fra insediamento abitativo ed attività agricole non sempre è pacifico per effetto, per esempio, dei rumori, degli odori e della deriva dei trattamenti antiparassitari. L’esperienza dimostra che a soccombere è l’attività produttiva che viene limitata per le esigenze degli insediamenti abitativi. Queste tematiche andrebbero affrontate anche nella regolamentazione delle nuove espansioni delle aree urbane ed industriali, con la previsione di aree verdi con funzione di buffer lungo i confini con le adiacenti aree agricole, evitando sempre la trasformazione sulle aree più fertili, ed indirizzandole verso i suoli meno vocati per le attività agricole del territorio.
Le aree rurali antropizzate
Le aree rurali periurbane antropizzate presenti nei pressi dei maggiori centri urbani, seppure mantengono peculiarità rurali, hanno di fatto perso la loro funzionalità di aree agricole di primaria importanza a causa della diffusa presenza di residenze extragricole e la forte parcellizzazione dei terreni che limitano il normale svolgimento delle necessarie pratiche agronomiche nell’attività professionale. Tali aree devono ricevere una specifica regolamentazione che prenda atto di questa diversa specificità e che limiti la loro definitiva trasformazione in aree urbane, ma favorendo la realizzazione dei servizi essenziali. Va limitata l’ulteriore edificazione con riduzione del numero di edifici e di volumetrie realizzabili, con il mantenimento di un attività agricola seppure prevalentemente hobbistica prevedendo indicazioni precise anche per la sistemazione delle aree esterne da individuare all’atto della progettazione, ma al contempo tutelando i diritti di chi ancora gode potenzialità edificatoria inespressa. In queste aree andrebbero assolutamente vietati i trasferimenti di volumetrie da aree esterne, prevedendo il lotto minimo di un ettaro ma evitando fenomeni di lottizzazione indiscriminata del territorio. L’elevato carico antropico di tali contesti impone l’esigenza di affrontare le problematiche ambientali legate in particolare ai reflui fognari, favorendo la realizzazione di piccoli impianti fognari, anche attraverso la creazione di consorzi tra i proprietari, che escluda il ricorso agli scarichi sul suolo al fine di preservare la falda.
La fascia costiera
I limiti all’edificazione lungo la fascia costiera non devono escludere le opportunità di sviluppo per le imprese agricole con l’introduzione artificiosa di complicazioni burocratiche e limiti edificatori che nascono solo per l’incapacità di definire regole tassative che sappiano distinguere tra esigenze del mondo agricolo e speculazioni extragricole. Esempio è il divieto di realizzare fabbricati per le attività connesse (quelle non strettamente connesse alla conduzione agricola del fondo) in caso di mancato adeguamento del PUC a PPR (vd sentenza del TAR Sardegna, II sezione, n. 803 del 20.09.2018).