Diritti Umani. Un fenomeno che coinvolge direttamente anche la nostra società “civile”. La conoscenza della Dichiarazione delle Nazioni Unite alla base del loro rispetto e accettazione.
Quando si pensa alla schiavitù la mente corre alle immagini dei film che raccontano la tratta degli schiavi dall’Africa verso l’America avvenuta nel diciottesimo e diciannovesimo secolo, quando oltre 13 milioni di persone sono state catturate, trasportate come merci nelle navi transatlantiche e vendute come schiave. Una situazione che al giorno d’oggi, qualsiasi persona civile e di buon senso rifiuterebbe e condannerebbe senza “se” e senza “ma”.
Purtroppo la realtà è decisamente diversa. L’ultimo resoconto sulla schiavitù divulgato dall’ ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, organismo delle Nazioni Unite che si occupa di monitorare questo problema nel mondo, fa emergere una situazione drammaticamente diversa da ciò che i benpensanti credono: sono oltre 40 milioni gli uomini, le donne e i bambini ridotti in schiavitù su questo “civilissimo” pianeta nel ventunesimo secolo. Oltre il triplo rispetto a quelle tradotte nei famigerati transatlantici dei secoli scorsi.
“Riteniamo che oggi la stima globale di 40,3 milioni rappresenti un dato prudente, – dichiara Michaelle de Cock, un’esperta di statistica dell’ILO – poiché ci sono milioni di persone che non siamo stati in grado di raggiungere perché in zone di conflitti o lungo le rotte dei profughi”.
Perché ci sono così tanti schiavi oggi?
“La schiavitù è un grande affare, prosegue l’alta funzionaria delle Nazioni Unite. Stimiamo che generi globalmente oltre 150 miliardi di dollari, più di un terzo dei quali nei paesi sviluppati, compresi quelli dell’Unione europea”.
Ma chi sono questi nuovi schiavi “moderni”?
Sul piano globale circa 25 milioni di persone è costretta ai lavori forzati, cioè lavora contro la sua volontà, è sottoposta a minaccia, intimidazione o coercizione, è sottopagata. Circa 16 milioni lavorano nel settore privato nel settore delle pulizie delle case e appartamenti lussuosi, producono i vestiti che indossiamo, lavorano nell’agricoltura e nel settore della pesca, dell’edilizia e minerario. Tutti settori di cui beneficiano a piene mani le nazioni ricche e industrializzate.
Ancora una volta le donne sono le più colpite rappresentando, secondo i dati delle Nazioni Unite, il 99% di tutte le vittime nel settore dello sfruttamento sessuale e il 60% negli altri settori. Si stima che circa 5 milioni di donne siano sfruttate sessualmente.
Da questa fotografia si evince chiaramente come anche i nostri paesi sviluppati non siano esenti da colpe, visto che da queste persone sfruttate traggono lauti profitti. Probabilmente la mente del lettore va ad altre realtà lontane e non osserva che le ragazze schiave le troviamo tutte le sere nelle nostre strade e i “clienti” non sono i loro aguzzini protettori ma i distinti signori della nostra comunità; non si osserva che nelle campagne spesso troviamo i pastori e i contadini di colore costretti a lavorare per un pezzo di pane, spesso portando via il lavoro al giovane locale non disposto a lavorare per una miseria, creando inevitabilmente gravi conflitti sociali.
Non si osserva che molti dei vestiti griffati che indossiamo sono frutto del lavoro di bambini e di lavoratori e lavoratrici sfruttate costretti a lavorare 15 ore al giorno per un pugno di riso. La mente va anche ai milioni di disoccupati che pur di portare il pane a casa si adattano a lavori umili e pesanti, quasi sempre in nero e sotto pagati. Anche questa è una forma di schiavitù, ma non fanno parte dei 40 milioni conteggiati dalle Nazioni Unite.
A questo punto la domanda che ci si pone è: dov’è andata a finire la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani? Gli articoli 1 e 4 della Dichiarazione recitano testualmente: “Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti” e “Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma”.
C’è molto lavoro da fare nella direzione che auspicava il filosofo e umanitario L. Ron Hubbard che invitava i suoi seguaci a far si che: “i Diritti Umani siano resi una realtà e non un sogno idealistico”. I volontari di Uniti per i Diritti Umani e della Chiesa di Scientology, ispirandosi a queste parole, sono costantemente impegnati a divulgare i trenta articoli della Dichiarazione Universale, convinti che solo la loro conoscenza produrrà la consapevolezza nelle persone dei propri Diritti e di quelli degli altri.
Lo fanno partendo dalle scuole dove si formano le giovani generazioni al rispetto di sé stessi e delle regole della civile convivenza, partendo dai Diritti garantiti a tutti. Nei prossimi giorni centinaia di libretti “Che cosa sono i Diritti Umani?” saranno distribuiti nelle strade e negozi di Oristano, Olbia, Arzachena e ai ragazzi della scuola media “G. Pascoli” di Assemini. Info: www.unitiperidirittiumani.it