Santaniello (Pres. Archeoclub d’Italia – Castellammare di Stabia): “Abbiamo il nome di chi si occupò della costruzione dell’Acquedotto Romano: il senatore Publius Sibidius Pollio. E spieghiamo il perché”.
Dopo la notizia secondo la quale l’Acquedotto sulla collina stabiese di Quisisana sarebbe di origine romana e non borbonica, gli studi hanno portato ad altre sorprese interessanti.
“Il senatore Publius Sibidius Pollio potrebbe essere proprio il Praetor Urbanus e Curator Aquarum colui che poteva occuparsi della costruzione dell’acquedotto romano di Castellammare di Stabia nel napoletano. Anche se dalla storiografia risulta che fuori da Roma ad occuparsi degli acquedotti era il Praetor Peregrinus.
E’ un risultato nuovo al quale siamo arrivati dopo un accurato studio di numerosi testi”. Lo ha annunciato Massimo Santaniello, Presidente di Archeoclub d’Italia sezione di Castellammare di Stabia, nel napoletano.
Era dei giorni scorsi la scoperta secondo la quale l’Acquedotto che si trova sulla collina stabiese di Quisisana non sarebbe di origine borbonica, come si è sempre creduto e saputo, ma di origine romana.
“Ad integrazione degli studi in corso sull’acquedotto di Quisisana a Castellammare di Stabia abbiamo l’ipotesi da noi formulata sull’origine romana e non borbonica dell’acquedotto potrebbe essere ulteriormente rafforzata da alcune testimonianze di ritrovamenti di resti romani nella zona collinare di Castellammare di Stabia.
Infatti, sono noti diversi ritrovamenti, ma due sarebbero i più importanti – ha proseguito Santaniello- un monumento funebre intitolato a M.Virtio Ceraunus ritrovatato in Villa Pellicano (Quisisana-Sanità), l’altro è costituito dai resti della villa di Publius Sabidius Pollio, distante da Villa Pellicano ma sempre in zona collinare.
Infatti, gli studiosi riportano che “a Stabiae è stata rinvenuta una fistula acquaria che reca il nome di Publius Sabidius Pollio”. L’iscrizione del senatore romano è stata datata al 30 d.C., quindi nel periodo Giulio-Claudio e precisamente con l’imperatore Tiberio. “La fistula è stata rinvenuta insieme ad altri resti durante gli scavi di un villa, associata ad una cisterna”.
Il senatore P. Sibidius Pollio potrebbe essere proprio il Praetor Urbanus, colui che poteva occuparsi della costruzione dell’acquedotto. Anche se dalla storiografia risulta che fuori da Roma ad occuparsi degli acquedotti era il Praetor Peregrinus.
L’acquedotto di Quisisana ha caratteristiche costruttive completamente diverse dagli altri acquedotti conosciuti, si tratta di uno speco che corre lungo le pareti dei Monti Lattari, il cui percorso è condizionato dalla natura accidentale del luogo. Esso è adagiato sulla roccia e ricalca l’andamento sinuoso delle pareti del monte Faito.
E’ perfettamente mimetizzato tra i folti boschi di Quisisana, tanto da poter essere considerata una grandiosa opera di ingegneria naturalistica. Non presenta alcuna analogia con l’antico acquedotto romano del Serino.
Per cui possiamo al momento solo ipotizzare, laddove ulteriori studi dovessero confermare l’origine romana dell’acquedotto, che esso alimentava le ville romane situate nella zona collinare tra Quisisana e Pozzano.
Così come alimentava, in epoca borbonica, le tante ville costruite dai nobili che frequentavano la corte dei Borbone.
Nell’incisione di Giovan Battista Pacichelli pubblicata nel 1703, quindi prima del 1735, data dell’avvento dei Borbone nel Regno di Napoli, si evince come lungo la collina da Quisisana a Pozzano fosse già sviluppato l’abitato.
Infatti, il nucleo originario della città di Castellammare di Stabia è sorto proprio sulla collina in epoca Angioina, ne sono testimonianza il Castello e le dimore di Quisisana. Poi si sono avvicendati gli aragonesi e i Borbone.
Per cui è lecito ipotizzare che l’abitato della zona collinare venisse rifornito di acqua in modo costante, cosa che non poteva garantire l’uso delle cisterne.
La città si è successivamente sviluppata lungo la costa a partire dal XV secolo, quando venne realizzata la cinta muraria, e lungo la costa il problema idrico non esisteva, vi erano abbondanti sorgenti d’acqua conosciute già in epoca romana.
Insomma, sono al momento solo delle ipotesi ma potrebbero cominciare a delineare un collegamento tra le varie scoperte, un puzzle che si completa di volta in volta”.