Enti del terzo settore: quali sono e cosa fanno? La definizione si riferisce ai soggetti attivi nell’ambito del no profit. Una panoramica su come cambia la classificazione delle associazioni con la riforma del Terzo Settore, sui tempi di applicazione delle novità introdotte e su come funziona il RUNTS.
Recentemente la Riforma ETS, introdotta con il decreto legislativo numero 117 del 2017, ha determinato un codice per le 300 mila associazioni che ne fanno parte e ha anche fornito chiarimenti sia sull’ambito in cui operano che sugli elementi caratterizzanti.
Il settore sta vivendo un lungo periodo di transizione a causa della riforma che non ha ancora concluso il suo percorso di applicazione.
Con le novità introdotte dal Decreto Legislativo numero 117 del 2017 si prova a mettere ordine in un panorama vastissimo e diversificato: cambiano le tipologie di associazioni e si introduce il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, queste le due grandi novità.
Ma esaminiamo più da vicino cos’è il terzo settore e quali sono le novità che stanno prendendo forma in questi anni.
Cos’è il terzo settore? Definizione e significato
Il terzo settore viene a costituire un altro ordine o classe rispetto alla sfera dello Stato e della pubblica amministrazione (primo settore) e a quella del mercato e delle imprese (secondo settore). Ecco che il significato del terzo settore, lo stesso di ciò che viene definito come no profit.
Quali sono e cosa fanno gli enti del terzo settore? Non perseguono scopo di lucro, al contrario delle imprese tradizionali operanti nel mercato. Il fine ricercato è costituito dall’esercizio di attività con finalità civiche o utilità sociale.
La definizione di terzo settore può essere rintracciata nella legge delega 106/2016 (articolo 1, comma 1):
“Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi.”
Significato e definizione di terzo settore sono da rintracciare nei principi sanciti dalla Costituzione. Il mondo no profit descritto dalla recente riforma viene così a riconnettersi con il principio di sussidiarietà (art. 118 Costituzione, c. 4), secondo il quale:
“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale.”
Riforma del Terzo settore, i tempi di applicazione
Il Decreto Legislativo 117/2017 ha disciplinato in maniera dettagliata il mondo del terzo settore, delineando nuovo scenario organizzativo, gestionale, normativo e fiscale che farà da cornice agli enti del terzo settore dopo l’entrata in vigore completa della riforma.
Molte novità diventeranno operative solo dopo la formazione concreta del RUNTS, mentre altre sono entrate in vigore a partire dal 1° gennaio 2018.
La tabella di marcia per l’attuazione della riforma segue tre diverse velocità:
- le disposizioni contenute negli articoli riepilogati nell’articolo 104, comma 1 del d.lgs 117/2017 si applicano a partire dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2017;
- le disposizioni fiscali contenute nel titolo X del codice si applicheranno dopo l’avvenuta ricezione dell’autorizzazione da parte della Commissione europea;
- le altre disposizioni trovano applicazione solo successivamente all’operatività del Registro Unico Nazionale, che sta lentamente prendendo forma.
Alcune norme di carattere sostanziale, dunque, sono già in vigore da più di due anni, altre invece stentano a passare dalla teoria alla pratica.
Un ulteriore rallentamento è stato determinato dall’emergenza coronavirus che ha allungato i tempi anche sul fronte del Terzo Settore: una delle ultime proroghe disposte fissa al 31 marzo 2021 la scadenza per l’adeguamento degli statuti alle novità della riforma.
Enti del terzo settore: quali sono?
Possono essere considerati enti del terzo settore, secondo quanto stabilito dall’articolo 4 del Decreto legislativo numero 177/2017, le seguenti realtà no profit:
- organizzazioni di volontariato;
- associazioni di promozione sociale;
- enti filantropici;
- imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Il testo della riforma del terzo settore indica anche quali soggetti sono esclusi dalla definizione. In particolare, viene fatta menzione dei seguenti casi di esclusione:
- le amministrazioni pubbliche ex art. 1, c. 2, D.Lgs. 165/2001;
- le formazioni e le associazioni politiche;
- i sindacati;
- le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche;
- le associazioni di datori di lavoro.
Gli enti religiosi civilmente riconosciuti sono ammessi unicamente se perseguono gli interessi generali, previa adozione di un regolamento coerente con la legislazione su cos’è il terzo settore.
Con la riforma del Terzo settore, dunque, la qualifica di ONLUS, abbreviazione di Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale, scompare.
Introdotta dal Decreto legislativo numero 460/1997 che, negli anni, ha garantito agli enti che l’hanno ottenuta una serie di agevolazioni fiscali.
Con la Riforma ETS, la denominazione di ONLUS viene eliminata e le organizzazioni sono chiamate ad adeguare i loro statuti assumendo una nuova forma in linea con le novità introdotte.
Le organizzazioni che compaiono nell’Anagrafe delle ONLUS, infatti, sono chiamate a entrare a far parte del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, dopo aver adeguato lo statuto alle novità scegliendo una delle tre opzioni possibili:
- ODV, organizzazione di volontariato;
- APS, associazione di promozione sociale;
- altro ente tra quelli previsti dall’articolo 4 del dlgs 117/2017.
Gli enti del Terzo Settore già esistenti, dunque, in questo periodo transitorio si trovano difronte a un bivio:
- passare al Terzo Settore, adeguando lo statuto e scegliendo una delle forme previste dalla riforma;
- restare un semplice ente non commerciale, rinunciando ai benefici fiscali per coloro che fanno parte del RUNTS.
Alla luce di quanto previsto dal decreto legge 125/2020, le associazioni avranno tempo fino al 31 marzo 2021 per adeguare i propri statuti alle novità della riforma, usufruendo della modalità semplificata.
In ogni caso sarà possibile, come previsto anche per le precedenti scadenze, adeguare lo statuto anche dopo la scadenza del 31 marzo 2021, avvalendosi però non più della modalità semplificata, ma utilizzando quella tradizionalmente prevista per adeguamenti statutari, fino a quando la riforma non entrerà effettivamente e completamente in vigore e sarà operativo il RUNTS.