“Oltre l’82% delle denunce di contagio da parte dei sanitari, che è il 38,7% del totale prevenuto all’Inail, vengono dagli infermieri: la categoria più colpita dagli infortuni sul lavoro nel trimestre ottobre-dicembre 2020. La sanità nel suo complesso, con il tragico 10% dei casi mortali codificati, è il settore messo in ginocchio dalla seconda ondata pandemica e registra un incremento del fenomeno anche superiore a quello della prima, con il 68,8% delle denunce e un quarto dei decessi codificati.
Un fatto gravissimo che evidenzia l’impreparazione di ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili. Strutture che avrebbero dovuto essere stati messi in sicurezza”. Così Giuseppe Carbone, segretario generale nazionale della Fials, commenta il 12esimo report nazionale Inail sui contagi sul lavoro da Covid-19.
Dai dati pubblicati oggi ed elaborati dalla Consulenza statistico attuariale dell’istituto, emerge un incremento di 26.762 casi rispetto al monitoraggio del 30 novembre, di cui 16.991 riferiti a dicembre, 7.901 a novembre e 1.599 a ottobre. I casi fatali al 31 dicembre sono 423,57, un terzo dei decessi complessivi del 2020. Con il 68,8% delle denunce e un quarto dei decessi, il settore della sanità e assistenza sociale precede la pubblica amministrazione, e ne esce a pezzi.
“Si evidenzia una situazione allarmante – attacca Carbone – a conferma della gestione fallimentare dell’emergenza sanitaria. Malagestione che ha ampiamente sottovalutato le misure che si dovevano approntare nei mesi estivi e che non sono decollate nemmeno in autunno, quando, stando alla rilevazione attuale, già si riscontrava l’aumento delle denunce di contagio. Noi della Fials abbiamo lanciato l’allarme, ma siamo rimasti inascoltati”.
Nell’analisi Inail divisa per professioni salta all’occhio la categoria più coinvolta che è quella dei ‘tecnici della salute’ con il 38,7% delle denunce (tre su quattro sono donne). Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,2% delle denunce (80,9% donne), i medici con il 9,2% (48% donne), gli operatori socio-assistenziali con il 7,4% (85,1% donne) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,7%, e pure qui tre su quattro sono donne.
“Chi si è speso di più, si è esposto di più. E chi si è esposto di più – spiega il segretario generale nazionale Fials – è chi si è contagiato di più. E sono le nostre infermiere, le nostre professioniste e le operatrici sanitarie. In altri termini chi ha pagato di più sono le donne. Chiediamo maggiori approfondimenti a tutela delle lavoratrici, che nel caso della categoria infermieristica coprono circa il 70% della forza lavoro”.
Il boom di contagi grida vendetta e non possiamo fare a meno di chiedere alle istituzioni che vengano presi immediati provvedimenti per proteggere i professionisti in prima linea, soprattutto ora che siamo in piena terza ondata. Se il Piano Pandemico Nazionale, la cui ultima versione risaliva com’è noto al 2006, è stato rinnovato, ne chiediamo l’immediata esecuzione. Fials chiede che gli ospedali, impreparati dal punto di vista strutturale sia alla prima che alla seconda ondata, vengano dotati di percorsi pulito/sporco, zone filtro e sistemi di ventilazione a pressione negativa.
“E si calcoli altresì l’adeguato fabbisogno di personale, vista la persistente scarsità delle risorse umane, su cui è fondamentale implementare il monitoraggio continuo con l’effettuazione del test di screening. Il nostro esercito è stato decimato – conclude Carbone – e noi lo abbiamo ricompensato con indennità irrisorie, se non con indecenti contratti precari. Cioè nulla o quasi per valorizzare il lavoro dei professionisti che stanno pagando il prezzo più alto”.